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Uomini a cena, elegantemente vestiti, seduti ad un tavolo luminoso.
I commensali si imboccano reciprocamente con lunghissimi cucchiai
trasparenti. Parlano lingue diverse e sembrano interessati alla
conversazione, nella quale intrecciano frasi ed argomenti a noi
incomprensibili.
Un lavoro surreale ed ironico dietro quale affiorano le problematiche
umane e relazionali che interessano da tempo Alessandra Cassinelli che
ha lavorato a lungo in centri di recupero nell'ambito del disagio e
della malattia mentale e ha utilizzato l'arte terapia nel suo rapporto
con i malati.
I lunghi cucchiai utilizzati servono forse per mantenere una distanza
nei rapporti interpersonali, o forse a superare le distanze, ad
avvicinare. L'utilizzo di lingue diverse, di argomenti diversi, dice
del bisogno di comunicare e della difficoltà dell’ascoltare.
Questi gesti, questi atteggiamenti fanno pensare anche alla logica
insita nello spirito di dono che costituisce il “fenomeno sociale
totale” per eccellenza.
Dare, ricevere, ricambiare sono anche le parole che spiegano lo spirito
di dono, teorizzato per la prima volta negli anni 50 da Marcel Mauss
nel suo Essai sur le don attraverso la descrizione della pratica del
potlàc, studiato da Franz Boas presso gli indiani del Nordovest
americano, e l’analogo kula, descritto da Bronislaw Malinowski in
Argonauts of the Western Pacific.
Nel nutrire e nell’essere nutriti il legame può essere più importante
del cibo, e in modo più ampio: l’essenza del dono non è l’oggetto
regalato ma il legame che esso stabilisce.
Katia Anguelova |