FRUIT SOUP - Il Metropolitan

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Indice :

1 FRUIT SOUP - una rubrica newyorkese

2 FRUIT SOUP - Residency Events

3 FRUIT SOUP - Il Metropolitan

4 FRUIT SOUP - Dia Foundation

5 FRUIT SOUP - Art Basel Miami

6 FRUIT SOUP - American Culture




rotolo calligrafico cinese



antico dipinto coreano - The Mountain God



The Metropolitan Museum - Central Park

Qualche giorno di pausa.

Il Thanksgiving Day ha imposto un lungo ponte che ha ammutolito le inaugurazioni.
Probabilmente molti erano nel New Jersey dalle madri o in Pennsylvania dalle zie a mangiare il tacchino alle prugne.
Ovviamente in città si respira una bella atmosfera: parate e manifestazioni, saldi nei negozi e addobbi luminosi anticipano il Natale che si fa largo nelle strade partendo dal lontano Canada che come ogni anno rifornisce i newyorkesi di vere cime di pino.

Racconteremo dunque dei musei.

Il Metropolitan.

Almeno una volta alla settimana facciamo un salto in questo enorme museo dove si possono ammirare i frutti delle tradizioni, della storia e delle culture di tutto il mondo. Date le sue mastodontiche dimensioni è impossibile visitarlo in una sola volta; l’ideale sarebbe poterlo vedere in giorni diversi, dedicando il giusto tempo ad ogni sezione. Così come in altri luoghi della cultura, non esiste un ticket prefissato, bensì è possibile fare un’offerta libera.
L’altro giorno ci siamo addentrati nel silenzio dell’arte orientale, cominciando da quella giapponese, che con le sue pitture zen ha catturato la nostra sensibilità, per proseguire verso l’ala cinese dove il nostro sguardo si è avvitato fra i lunghissimi e minuziosi rotoli calligrafici.
La nobiltà e la determinazione del gesto pittorico è comparabile alla fermezza di quello compiuto con la katana per mano del samurai.
La sintesi, l’attenzione, la puntualità sono le caratteristiche racchiuse in questi veri e propri eventi congelati dall’inchiostro.
Si può rimanere a bocca aperta nel notare, ad esempio, come l’assenza di segno definisca magicamente il punto luce di un acino d’uva; come una foglia occupi lo spazio nel suo apparire distrattamente accartocciata all’ombra di una zucca; o come si rendano mimetiche le ali di un insetto accovacciato sul tralcio di vite. . Insomma, una straordinaria lezione di rappresentazione.

Ad un tratto, mentre ammiriamo il dio della montagna in una stupenda pergamena coreana, mi sento chiamare.
Un volto luminosissimo, dolce e paffuto. Lei mi chiede se può cantare una canzone per me.
Senza esitare, anche se colto di sorpresa, immediatamente dico:“ yes! Please!”, non sapendo di cosa si trattasse.
Seguendola mi trovo in una grande sala con un enorme affresco del Buddha incorniciato dadue grandi statue in pietra e al centro una sedia.
La gente adesa alle pareti aspetta incuriosita.
Invitato a sedermi, obbedisco col sorriso fino alle orecchie.
Il silenzio. E la voce incomincia, soave e lirica intona una melodia.
Ascolto immobile fissandola dritta negli occhi per tutta la durata dell’aria.

Al concludersi del canto, commosso, mi alzo, ringrazio tre volte baciandole la mano e riempito di gioia riprendo la mia strada verso la statuaria induista.











FRUIT SOUP - una rubrica newyorkese a cura di Monica Mazzone e Mattia Barbieri