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Biografie


Roma '60

Gianfranco Baruchello
(Livorno, 1924)
Artista visivo attivo con più media comincia dal 1961 a comporre gli oggetti di un suo museo personale di opere e progetti che gli consentiranno di segnalarsi come uno dei più eclettici e inclassificabili artisti dalle neoavanguardie. Unico e riconosciuto erede di Duchamp, amato da Lyotard come sincero esponente della creazione postmoderna, Baruchello espone dal 1963 nei principali musei e gallerie a livello internazionale dando vita a creazioni fra pittura, azione, cinema, scrittura poetica e film sperimentando incessantemente inediti incroci di media (ineguagliabile la sua serie di Teatri Pacco, scatole/opere inviate a domicilio dei richiedenti). Dalla fine degli anni Sessanta realizza film entrando a far parte della Cooperativa del Cinema Indipendente. Noto soprattutto come pittore dall'universo calligrafico e simbolico assolutamente originale, Baruchello non abbandona l'immagine in movimento passando da una prolifica produzione in pellicola al video negli anni Ottanta sino al digitale in tempi più recenti (è del 1996 la pubblicazione Sette video del 1996 presso Masnata a Genova).

Paolo Brunatto
(Parigi, 1935)
Architetto di formazione Paolo Brunatto lega il suo nome a un'incessante mobilità a livello internazionale e a una produzione per la televisione, in veste soprattutto di originale documentarista e reporter di alta qualità parallela a opere decisamente più sperimentali. Comincia a collaborare con la RAI a metà anni Sessanta avvicinandosi al contempo al cinema underground (fra '67 e '70 gira Un'ora prima di Amleto + Pinocchio, Bis, Vieni, dolce morte, Tak!, Oserà turbare l'universo?) e alternando di fatto momenti di sperimentazione a collaborazioni con la televisione di stato come documentarista o autore (una serie di documentari su Zanzotto, Pasolini, Mondadori, Neri Pozza, Muti). Dopo aver collaborato come autore per Mixer nei primi anni Ottanta gira un'impressionante serie di materiali televisivi, fra viaggi in Estremo Oriente e ritratti di personaggi più o meno noti (una serie sui protagonisti dello sport mondiale). In tempi più recenti, con opere singolari fra sperimentazione e backstage ha seguito la realizzazione de L'ultimo imperatore e Piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci, continuando, lungo il percorso della ricerca, la sua già corposa videofilmografia.

Mario Masini
(Savona, 1939)
Diplomatosi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Masini comincia un'attività di operatore che lo porta a lavorare per il cinema e la televisione dedicandosi in minima parte a una produzione di ricerca. Dopo Insomma, realizzato con Brunatto, gira nel 1967 il mediometraggio X chiama Y. Da allora ha lavorato fino alla fine degli anni Settanta come operatore o fotografo per cinema e TV; in particolare è stato direttore della fotografia per film dei Taviani, di Carmelo Bene (Nostra signora dei Turchi, Don Giovanni e Salomè), Ferrara e Di Sisti. Abbandonata dagli anni Ottanta l'immagine in movimento, solo in tempi più recenti Masini si à riavvicinato al cinema.

Luca Maria Patella
(Roma, 1934)
Artista multimedia dalla formazione eclettica fra ambiti espressivi e ricerca scientifica Luca Maria Patella è attivo dal 1964 come cineasta sperimentale passando dagli anni Sessanta alla ricerca sul medium video. Nel 1967 aderisce alla Cooperativa Cinema Indipendente realizzando di seguito corti e mediometraggi dalla performatività all'animazione. Riconosciuto a livello internazionale (ha tenuto mostre in musei e gallerie di tutto il mondo) Patella ha attraversato la storia della sperimentazione multimedia in Italia nelle sue principali tappe espositive e centri di produzione/diffusione dagli anni Sessanta sino alla fine degli anni Ottanta. Ha inoltre concepito installazioni video complesse e rielaborato dispositivi di visione di immagini in movimento giungendo a brevettare sistemi di dissolvenza per proiezioni diapo.

Alfredo Leonardi
(Voghera, 1938)
Dopo una laurea in lettere Leonardi si avvicina al cinema collaborando con Gregoretti (assistente per il suo episodio in Rogopag). Fra musica di ricerca, teatro, arti visive sullo sfondo di una netta presa di posizione controculturale Leonardi attraversa la storia della sperimentazione in Italia realizzando una serie di corti e mediometraggi; del 1966 è il lungo Amore, amore. Dal 1967 aderisce al CCI dedicandosi successivamente alla controinformazione con il "videotape" nell'esperienza Videobase di Lombardi e Lajolo; fra 1969 e 1970 soggiorna, grazie a una borsa della Fondazione Agnelli, a New York dove entra in contatto con il New American Cinema e Jonas Mekas in particolare. Č da questa esperienza che nasce quel cruciale incunabolo dello sperimentalismo italiano che è Occhio, mio dio (Feltrinelli, 1971). L'attività di ricerca di Leonardi si arresta al 1971. Da allora, alternando servizi per la televisione alla realizzazione di documentari per aziende passa all'insegnamento che abbandona solo nel 1994.

Romano Scavolini
(Fiume, 1940)
Autore prolifico, Romano Scavolini ha svolto le più disparate attività: scaricatore di porto in Germania, regista, fotografo di guerra in Vietnam, giornalista, sceneggiatore e produttore fra Centro e Sud America nei primi anni Settanta, professore universitario nella seconda metà degli anni Settanta (alla New York University of Visual Arts e alla Columbia) poi ancora regista dai primi anni Ottanta. È autore di una cinematografia effettivamente sperimentale (ricerca su materiale-pellicola, pista sonora con uso di musica concreta, strutture narrative del film attraverso uso aconvenzionale di macchina da presa e libertà in sede di montaggio) e le sue opere hanno avuto, oltre che problemi di censura (La quieta febbre, 1965, A mosca cieca, 1967 - singolare progetto low budget di sei ore fra matrice beckettiana e istanze pre-sovversive - e La prova generale, 1968), una certa considerazione soprattutto fuori dall'Italia nel circuito festivaliero. Nel 1981, dopo una pausa di sette anni, gira Nightmare film horror di culto che avvierà la nota serie di Wes Craven. Nel 1990 Scavolini, prima di tornare definitivamente in Italia realizza Dogtags, lungometraggio ispirato all'esperienza in Vietnam.

Alberto Grifi
(Roma, 1938)
Ha fatto "oltre a due anni di galera, tutti i mestieri che in genere fanno gli schiavi dell'industria dello spettacolo"; fotografo, regista e operatore Grifi è inoltre inventore e costruttore di dispositivi ad hoc tra cui il celebre vidigrafo (da magnetico a pellicola, utilizzato per Anna: quasi quattro ore di video in collaborazione con Sarchielli) e, recentemente, un sistema di rigenerazione dei nastri video. Dopo un periodo dedicato allo sperimentalismo cinematografico (a cui appartiene La verifica incerta realizzata insieme all'amico Baruchello) esplora, fra i primi, le risorse del video, utilizzandolo soprattutto in funzione antagonista (il "videoteppismo" fra '76 e '78 sulla stagione della lotta giovanile in Italia). In seguito realizza documentari industriali in tutto il mondo e sperimenta anche la radio (attraverso la forma del radiodramma in particolare) portando incessantemente la sua voce critica in giro per l'Italia sino ai tempi più recenti fra università, centri di formazione e soprattutto centri sociali.


POPabstrakt

Walther Ruttmann
(Francoforte, 1887 - Berlino, 1941)
Già nel 1909 Ruttmann, ventiduenne, scopre il film come arte. Presto, inventando dispositivi tecnici e dedicandosi al lavoro teorico, produce il primo film, in assoluto, della storia del cinema, il ben noto Opus 1 del 1919. Continuando a sperimentare e a teorizzare "la pittura più il tempo come la giusta via di mezzo fra pittura e musica", arriva, all'alba del cinema sonoro, a utilizzare il suono non in funzione narrativa, come vettore di senso, bensì come materiale naturalistico. Berlin. Die Simphonie der Grosstadt (1927) è il suo film più noto, considerato ora documentario, ora opera "futurista", ora perfetto esempio dell'immaginario colto tedesco nella lettura del "secolo breve", ora modello per il cinema russo d'avanguardia. Ritenuto il padre del cinema d'avanguardia, autore criticato di pubblicità e perfettamente in sintonia con lo spirito della Nuova Oggettività, Ruttmann non disdegnerò di prestare il fianco al nazionalsocialismo tedesco.

Stan Brakhage
(Kansas City, 1933)
Come teorico e come autore Brakhage è senz'altro la figura più importante del cinema sperimentale e d'avanguardia nordamericano degli ultimi quarant'anni. La sua ricerca, eredità di Maya Deren, concentrata su una critica dei formati, degli standard, dei generi, delle durate, di ogni forma di normativizzazione, attinge alla propria individualità, alla poesia americana, alla pittura espressionista (metrica, ritmica, retorica e gestualità), ricombinando tali suggestioni in un universo sempre teso alla sovversione delle convenzioni narrative, dei codici di rappresentazione tradizionale nell'orizzonte della ridefinizione della spazio-temporalità cinematografica. Il suo procedere si incardina su due opere chiave: il film Dog Star Man (1961) e l'estetica elaborata nei testi teorici del cult book Metafore della visione (1962). L'enorme gamma delle pratiche di Brakhage, le implicazioni teoriche, fungeranno da modello a tutti gli autori della generazione successiva, da Sharits a Gehr, a Hollis Frampton, divenendo imprescindibili per chi è impegnato nella problematica e nella lettura dell'immagine-tempo.

Len Lye
(Cristchurch, 1901 - Warwick, 1980)
Il movimento e il suo statuto è il cardine di tutta la ricerca di Len Lye. Realizzò fra l'altro, sculture cinetiche, poesie, rayogrammi, film diretti. Utilizzando sempre musica popolare nei suoi film, a rafforzare l'aspetto coreografico, Lye mescola e sperimenta tecniche ancora poco esplorate, dall'intervento sulle stampanti ottiche alla colorazione manuale, sempre lavorando in economia di mezzi e con grande creatività. Il suo approccio non analitico (e in questo si distanzia dal cinema minimal-strutturale degli anni Settanta) nella costante affermazione del movimento come energia, attinge a un lirismo e a una sensibilità individuali che costituiscono un cammino espressivo unico.

Jim Davis
(Clackburg, 1901 - Philadelphia, 1974)
Pittore astrattista di formazione, legato a Frank Lloyd Wright, Davis abbandona la pittura nel 1940 per dedicarsi alla realizzazione di sculture mobili in plastica. Da allora si interessa sempre più ai motivi luminosi che le sculture riflettono sui muri: il suo cinema consiste soprattutto nella registrazione di questi effetti, concentrandosi successivamente sul dinamismo delle luci in movimento, specie nel fecondo periodo fra 1948 e 1957 quando gira una decina di film.

Jorgen Reble
(Dusseldorf, 1956)
Dissoltasi l'esperienza di Schmelzdahin - collettivo tedesco (Jorgen Reble, cineasta e artista, Jochen Lempert, fotografo e Jochen Muller, chimico) attivo fra 1978 e 1989 con una quarantina di film e performance e concentrato prevalentemente sulle alterazioni della materia-cinema - Reble intraprende un percorso individuale più vicino a un cinema in prima persona, autobiografico. Autore inoltre di performance e installazioni (talvolta in collaborazione con il musicista Thomas Koener), sotto il segno della dissoluzione della materia cinema in un'esperienza parossistica di scomposizione e decomposizione in tempo reale che ricorre al found footage e all'intervento di agenti chimici sul supporto, Reble contribuisce alla determinazione di un'immagine in perenne mutazione. Un'immagine instabile e precaria, vicina più a processi mentali di dimensione magico-onirica che alla stabilità presunta del medium cinema tradizionalmente inteso.

Jost Rekveld
Giovane autore olandese, Jost Rekveld concepisce il cinema come un dispositivo che compone, come caratteristica principale, la luce nel tempo. La musica seriale e la sua applicazione nel campo cinematografico gli hanno permesso di strutturare il movimento di forme e colori. Il percorso di Rekveld, che solitamente collabora con musicisti, si sintonizza idealmente con quella parte di avanguardia che interpretava il cinema come arte spirituale.

Found footage

Joseph Cornell
(Nyack, 1903 - New York, 1972)
Artista di area tardo surrealista e successivamente legato al movimento Fluxus, Cornell prima che cineasta è stato collezionista di film: film di viaggio, documentari e vari che mostrava regolarmente nel milieu surrealista newyorkese. In questo contesto, rimettendo mano a suoi materiali, nella più classica tradizione del found footage, Cornell rimonta il 16mm East of Borneo reintitolandolo Rose Hobart, rimodificato in seguito attraverso la ripresa di una proiezione attraverso un vetro blu, al rallenti e senza audio. Non lontano dalla sua produzione plastica, le note "scatole" e i collage, il suo cinema ha in effetti influenzato tutta una generazione di autori delle neoavanguardie che si sono trovati spesso a lavorare per lui, autori come Burckhardt, Brakhage (suoi cameraman negli anni Cinquanta), Ken Jacobs e Jack Smith.

Ken Jacobs
(New York, 1933)
Considerato uno dei cecchini dell'underground newyorkese, Jacobs comincia a fare cinema lavorando sulle performance di Jack Smith, con il quale rompe ogni rapporto ai primi bagliori di notorietà. Fa parte dei cineasti del cosiddetto baudelairian cinema (espressione impiegata da Jonas Mekas nel maggio 1963 in un articolo del "Village Voice" per designare i film di quattro cineasti: Ron Rice, Ken Jacobs, Bob Fischinger e Jack Smith; cfr. Movie Journal The Rise of a New American Cinema 1959-1971, Collier Books, New York 1972): in effetti Jakobs si può considerare un poeta flaneur attratto dal grottesco e dalla bellezza demoniaca della grande città. È stato una sorta di messia della cinematografia amatoriale, sporca, di nicchia, naif. Alla fine degli anni Sessanta scopre nella didattica un'ulteriore passione, arrivando a formare una schiera nutrita di critici, cineasti e programmatori ma non rinunciando a un cinema intenso e singolare fondato sul gusto del bricolage e l'afflato didattico.

Maurice Lemaitre
(Parigi, 1926)
Fra i maggiori protagonisti del Lettrismo (movimento internazionale a dominanza francese erede di Dada, fondato sulla volontā di distruggere le parole a favore delle lettere, sovvertendo le strutture fonetiche, sintattiche e semantiche della lingua), Lemaitre ne à senz'altro l'autore più prolifico e il teorico maggiormente autorevole dal 1951. Il cinema lettrista si basa sullo scorporamento e il conseguente spiazzamento di tutti gli elementi topici del linguaggio cinema, distruggendone ogni ipotesi narrativa tradizionale e l'effetto-realtà. Lemaitre chiama in causa direttamente il materiale, in funzione di uno straniamento dello spettatore. Originale provocatore pseudosituazionista, animatore di riviste e fanzine, artista, musicista, pedagogo sovversivo, volto costantemente alla spinta "rivoluzionaria" nella sua produzione come nella vita, Lemaitre à un autore di cinema che ha molto a che fare con la comunicazione e le sue strutture: tuttora la programmazione di Le film est deje commence? à, soprattutto a Parigi, un evento performativo collettivo improbabile e imperdibile che non potrebbe però sussistere senza la partecipazione dello spettatore provocato sino all'eccesso dall'artista e dalla sua combriccola a reagire divenendo parte fondante di un singolare show-creazione live.

Panorama

Rose Lowder
(Miraflores, 1941)
Cineasta a tutto campo Rose Lowder si trova spesso a far parte di programmazioni che riguardano il paesaggio e la sua rappresentazione visiva. L'attenzione al dettaglio, ai particolari visivi normalmente rimossi dalla percezione individuale, ricombinata con una tecnica che fa grande affidamento sulla ripresa immagine per immagine, costituiscono le cifre del suo cinema, un cinema poco classificabile, vicino al cinema strutturale e astratto. Utilizzando la macchina da presa quasi come uno scienziato utilizzerebbe un telescopio arriva a creare dei film "documento" come se fossero frutto di una scoperta di volta in volta differente; nel percorso di Rose Lowder elementi naturali (spesso tipici del paesaggio provenzale ripreso con affinità evidenti con lo sguardo vangoghiano), dialogano con il dispositivo meccanico di ripresa, costruendo una dialettica fra creazione, ricezione e reazione percettiva di grande armonia e composizione.

Miles McKane
(Marton, 1957)
Il cambiamento, la trasformazione, l'alterazione, il passaggio di stato, il trasporto, la transizione, riferiti soprattutto a soggetti provenienti dall'universo della natura sono il focus della ricerca di Miles McKane, cineasta specialmente impegnato nella realizzazione di installazioni-cinema in situ. Formatosi nel campo delle arti visive McKane solo apparentemente è riconducibile alle tensioni di movimenti avanguardistici come la Earth o la Land Art o il Poverismo; il suo sguardo sulla natura non è mai freddo, tassonomico o riproduttivo quanto piuttosto ogni volta stupito, inedito, parziale, sostanzialmente interrogativo, immerso in un orizzonte quasi animista. Miles McKane è co-fondatore di Light Cone.

Richard Serra
(San Francisco, 1939)
Richard Serra è artista imprescindibile delle neoavanguardie statunitensi, accostato ora al Minimalismo ora all'Arte Povera; la sua pratica di cineasta (estesa dopo gli anni Sessanta anche al video) è, soprattutto agli esordi, strettamente connessa alla propria produzione plastica, come testimoniano i noti film Hand Catching Lead e Hands Scraping (presentati insieme a due sculture alla mostra Anti-Illusion: Procedures/Materials nel 1968 al Whitney Museum). In realtà la conoscenza e la pratica filmica in Serra non sono figlie di un momento particolarmente aperto alle contaminazioni intermediali, ma piuttosto il frutto di una frequentazione assidua dell'underground cinematografico. Presente spesso all'Anthology Film Archive dove apprezza soprattutto Conner, Rice, Smith, Warhol e Yvonne Rainer, Serra condivide con Michael Snow, a cui si sente particolarmente vicino, e con Gehr, Sharits e Frampton una linea espressiva attenta al processo, alla realtà del materiale, alla riflessività, ragionando su di un sistema fondato sulla serialità e la ripetizione, caratteristiche tipiche della produzione musicale e performativa nella seconda metà degli anni Sessanta.

Paul Strand
(New York 1890 - Francia 1976)
Entrato in contatto con Stieglitz giovanissimo, Strand comincia a frequentare le gallerie 291 e a pubblicare su "Camera Work", transitando di fatto nell'epicentro del modernismo delle arti visive. Nel primo dopoguerra comincia a fotografare paesaggi e forme della natura, dedicandosi solo successivamente alla cinematografia, ambito in cui lavora come cameraman alla realizzazione di documentari didattici. Viaggiando in Messico e URSS conosce Eisenstein e Rodcenko; diventa presidente della Frontier Film, la più importante delle case di produzione indipendenti hollywoodiane. Nel 1952 realizza il libro fotografico Un Paese con Cesare Zavattini, dedicato a Luzzara, paese natale di Zavattini stesso. Dal 1960 si trasferisce definitivamente in Europa dove segue e cura proprie personali.

Marie Menken
(New York, 1910 - 1971)
Marie Menken, pittrice di formazione, entra in contatto negli anni Quaranta con la prima generazione di cineasti sperimentali USA. Nel 1945 filmando sculture di Noguchi nel suo atelier per dare vita alla scenografia di un balletto di Cage e Cunningham, realizza il suo primo film. Dal 1957 si consacra interamente al cinema, realizzando fino alla morte diciassette film che costituiscono uno dei nuclei di ricerca più compatti, singolari e influenti, di tutto il cinema d'avanguardia nordamericano. Marie Menken, facendo regolarmente "sentire" la sua presenza nei film attraverso movimenti di camera a mano o artifici di altra natura, ha saputo creare uno stile unico, modalità attentamente ripresa solo da Stan Brakhage. Il percorso della Menken è una sorta di monumento all'indipendenza, sempre affrancata dalle mode o dai movimenti di tendenza, pur di fatto vivendoli; ha lavorato fianco a fianco con Kenneth Anger, Andy Warhol (per cui è stata interprete in The Chelsea Girls e The Life of Juanita Castro), realizzando film ora in sfida, ora in omaggio ora di critica (come nel caso dell'Andy Warhol accelerato e reso automa secondo i più cinici e commerciali desideri del papa del Pop) ma non rinunciando a uno sguardo libero e inedito.

Chris Welsby
(Exeter, 1948)
Artista e cineasta nella tradizione della scuola cinematografica sperimentale di matrice strutturale inglese (Malcolm LeGrice, Peter Gidal), da cui riprende una predilezione per i sistemi e il pensiero strutturato, fa uso di dispositivi assai sofisticati secondo modalità quasi scientifiche. I suoi film sono spesso concepiti per essere proiettati su più schermi. L'amore e l'ossessione per il paesaggio britannico in tutte le sue forme può in un certo senso situare la ricerca di Welsby nel solco della pittura inglese di paesaggio (un riferimento può essere John Constable), fondata su attitudine scientifica verso le scienze della natura e pittura (qui "ripresa") en plein air.

Stan Vanderbeeck
(New York, 1927 - 1984)
I primi corti di Vanderbeeck, formatosi al Black Mountain College(tra i suoi insegnanti: Joseph Albers, Aldous Huxley, Bob Rauschenberg, John Cage), ricordano un certo clima dada-surrealista come lo spirito informale e selvaggiamente espressivo della Beat. Collage, film dipinti a mano agli esordi, per poi passare negli anni Sessanta alla registrazione di happening fra cui progetti di Allan Kaprow e Claes Oldenburg. Collabora in seguito con Merce Cunningham e Yvonne Rainer (realizza interessanti scenografie di immagini e curiosi microschermi portabili dai danzatori), creando spettacoli per proiettori multipli. Il suo percorso si sposta nel 1966 verso tecnologie sofisticate (presso i Bell Laboratories): computer, ologrammi, lavorando con tensioni utopiche alla ricerca della comunicazione totale (sognata, fin dai precedenti progetti intermediali e multiproiezione, come realizzabile dalle trasmissioni satellitari). La sua ricerca, sotto l'egida del collage polisemico, trova motivo di grande attenzione soprattutto nell'esuberante montaggio.


Pornorama

Takashi Ito
(Fukuoka, 1956)
Fra i più importanti realizzatori d'avanguardia in Giappone, Ito comincia la sua attività negli anni Ottanta. Allievo di Toshio Matsumoto (di cui riprende le istanze e la ricerca), il sofisticato Ito vede nella riflessività del proprio lavoro una costante ineliminabile. L'analitica attenzione alla materia cinematografica raggiunge risultati formali qualitativamente altissimi, obbedendo, specie nei lavori più recenti, a una logica che ha senz'altro a che vedere con una sottile fascinazione per le macchine e la macchinalità, fonti di estasi e dispositivi funzionanti al di lì delle sensazioni umane. Spacy (1981) è un ottimo esempio della sua ricerca: settecento immagini fotografiche rifotografate, immagine per immagine, secondo una regola che impone movimenti rettilinei, circolari, parabolici, dall'orizzontale al verticale.

Ron Rice
(New York 1935 - Acapulco, 1964)
Ron Rice, amico di Jack Smith e Ken Jacobs (Chumlum fu girato sul "set" di Normal Love di Smith), avrebbe potuto essere uno degli artisti o cineasti maggiori delle neoavanguardie se non fosse morto neppure trentenne. Affascinato come successivamente Warhol dalla potenzialità esuberante degli attori non professionisti, Ron Rice ha costruito una filmografia di sole quattro opere, di cui una incompiuta, tutte ugualmente riconducibili all'universo della finzione. Una fiction particolare, concentrata attorno a due polarità, l'american landscape tipo e topologizzato dai beatniks (l'estetica della strada e degli americans di Robert Frank) e l'attenzione alla performance improvvisata come sistema di resa di un personaggio.

Paul Sharits
(Denver, 1934 - Buffalo, 1993)
Paul Sharits è stato coinvolto nell'esperienza Fluxus, da cui ha raccolto la tendenza a sottolineare gli aspetti materiali e fenomenologici del medium, in una prospettiva che tende a rendere l'esperienza del film vicina alla contemplazione di un dipinto o di una scultura. Da un altro lato, apparentemente in conflitto con la tendenza appena accennata, Sharits ha lavorato con la volontà di evidenziare la differenza tra ciascun fotogramma del film, con l'obiettivo di accentuare, durante la proiezione, la sua portata sulla retina. In questo senso ha seguito le tracce di Peter Kubelka, o di Robert Breer. Operare sul colore puro lo ha portato comunque in un ambito esclusivamente suo a metà strada fra l'esperienza musicale-colorata di Thomas Wilfred e l'ossessione dei materialisti-strutturali inglesi per la pellicola filmica. Paul Sharits è stato fra i primi a contemplare l'ipotesi di avere a che fare anche economicamente con il sistema dell'arte: reificare i film (esemplare la serie di opere realizzate con tratti di pellicola fra placche di plexiglas, i frozen frames) è stata una delle pratiche delle installazioni-film da lui seguite che lo hanno portato a confrontarsi con la vendita dei suoi film sul mercato delle gallerie.


Jack Smith
(Columbus, 1932 - New York, 1989)
Fra i maggiori artisti underground americani dagli anni Cinquanta, Jack Smith è stato performer, fotografo radicale e cineasta d'avanguardia. In modo personale e innovatore ha dato luogo a un'estetica solo apparentemente frivola, segnata da studi di danza moderna, dal cinema hollywoodiano esotico degli anni Cinquanta, dai B-movies, dalle arti visive e dalla critica sociale e politica. Nei sixties a New York è stato uno dei protagonisti incondizionati della scena underground. Flaming Creatures (costato peraltro l'arresto a Jonas Mekas e al suo proiezionista per diffusione di film porno) è un film seminale che influenzerà un'intera generazione di autori e artisti, contribuendo in modo determinante alla formazione di un immaginario glamour parodistico e farsesco ormai immortale. Il suo percorso conosce fin dagli esordi motivi quali libertā sessuale, amore gay, travestitismo, universo kitsch e camp e scelte linguistiche (principalmente assenza di plot) che contraddistinguono una ricerca assolutamente unica per intensità e potenza visiva.


Docufiction

Yann Beauvais
(Parigi, 1953)
Giā curatore della sezione multimedia presso l'American Center di Parigi, programmatore, critico, curatore e cineasta, Yann Beauvais è uno dei protagonisti della scena europea degli ultimi anni del cinema sperimentale. Insieme a Miles McKane č co-fondatore di Light Cone, struttura distributiva di riferimento in Europa per il cinema sperimentale e d'artista che proprio nel 1999 ha festeggiato il quindicinale con la pubblicazione dell'esaustivo e antologico Scratch Book. Beauvais organizza dal 1983 proiezioni regolari di film (Scratch Projection) e cura retrospettive e sezioni di mostre (Gregory J. Markopoulos, Found Footage, Le Je film). Ha fondato la rivista Scratch. Nel 1998 è uscito in Francia Poussiore d'image (edizioni Paris Experimentale), un volume che raccoglie una selezione di suoi scritti recenti e passati. Come cineasta la sua attività, specchio di una personalità colta e vicina al cinema, alla musica e soprattutto alle arti visive, è riconducibile di volta in volta a una sorta di strutturalismo minimale, al lirismo evocativo, al film-diario, al found footage, risolvendosi di fatto in un eclettismo imprevedibile di qualitè, in cui trovano ampio spazio performance e installazioni.

Vivian Ostrovsky
(New York)
Dopo studi a Rio e a Parigi Vivian Ostrovski si ingaggia nel movimento femminista, iniziando a coniugare cinema al femminile. La sua ricerca è segnata dall'erranza e dal transito incessante fra i luoghi, istanze che si ripercuotono inevitabilmente nel suo cinema fatto di formati disparati, fonti lontane nel tempo ricondotte a unità in sede di montaggio. Yann Beauvais classifica la sua prolifica produzione filmica in film-diario e film-collage. La banda audio ha nel cinema della Ostrovski grande peso, con un gioco di fondo sulle dissonanze armoniche, sulle rotture di tono e registro con fonti musicali disparate fra loro accostate.


Gordon Matta-Clark
(New York, 1943 - 1978)
Matta-Clark è stato uno degli artisti più importanti e influenti della generazione immediatamente successiva a quella delle neoavanguardie. All'inizio degli anni Settanta, ha giocato un ruolo cruciale a New York per il carattere altamente sperimentale di tutti i suoi progetti liberi in particolare da condizionamenti disciplinari. Lavorando prevalentemente sul contesto e sul processo e concentrandosi sulle strutture architettoniche e fisiche degli spazi non artistici, Matta-Clark ha impiegato sempre in affiancamento una telecamera o una macchina da presa; non indifferente è pertanto il valore del suo cinema: da film performance come Clockshower a documentazioni di interventi, la sua ricerca, parallela al lavoro plastico, si č incentrata sull'esplorazione di tradizionali antinomie come pubblico/privato, dentro/fuori, intimo/politico, lavorando in situ, a New York come a Parigi, a Milano come a Genova o ad Anversa. Una morte precoce ha interrotto una carriera artistica unica non solo per la grandiosità degli interventi (i tagli nelle case del XVII presso il Centre Pompidou in costruzione, un hangar nel porto di New York) ma anche per complessità e prolificitā.


Matthias Muller
(Bielefeld, 1961)
Protagonista della vivace stagione negli anni Ottanta del cinema sperimentale in Germania come autore e organizzatore, Matthias Muller lavora sull'immagine con l'obiettivo di dilatare i limiti del cinema. La sua ricerca coniuga il ricorso al found footage e l'attenzione al processo con il recupero di fonti dei generi cinematografici e il ricorso alla propria identità e storia, proponendo un'estetica complessa e poetica fra i campi dell'autobiografia, della politica e della semiologia

Laszlō Moholy-Nagy
(Bācsborsod, 1895 - Chicago, 1946)
Moholy-Nagy è uno dei maggiori sperimentatori e teorici delle avanguardie storiche. Indifferente ai supporti si è concentrato a varie riprese sullo studio della luce rapportato a materiali differenti e nuovi fra cui plastiche e pellicole. Fra i protagonisti del Bauhaus, Moholy-Nagy ha realizzato un cinema piuttosto distante dalle sue geometrizzanti realizzazioni pittoriche: un cinema che fa riferimento diretto alla città, alle sue attività, al suo immaginario, all'architettura con un'attitudine quasi documentaristica in funzione politico-sociale, con un'attenta regolamentazione dei ritmi determinata da un sapiente uso del montaggio. Moholy-Nagy è stato oltre che uno dei pionieri del cinema d'avanguardia, uno dei suoi più fervidi sostenitori, garantendo al cinema sperimentale o più in generale non commerciale, una possibilità di felice sopravvivenza ed espansione.

Hans Richter
(Berlino, 1888 - Locarno, 1976)
Come molti altri pionieri Richter proviene dalla pittura, influenzato dai maggiori movimenti in voga dagli anni Dieci; a Zurigo, entrato in contatto con Dada, costruisce un sodalizio creativo con un altro importante sperimentatore cinematografico, Viking Eggeling. Richter è fra gli inventori di un cinema "astratto" che anticipa una via minimalista e strutturale del cinema concentrata sul materiale, sul dispositivo e sulla resa antinarrativa delle immagini. Rhytmus 21 è uno dei film più noti di tutto il cinema d'avanguardia, solo il primo di un percorso di sperimentazione che si aprirà poco a poco a tutte le vie possibili della manipolazione dei materiali, in fase di ripresa, montaggio e proiezione (solo nel 1945 riesce a realizzare un vecchio progetto del 1925 con Luger, Dreams That Money Can Buy, forse il film più prossimo alla linea onirica del Surrealismo storico). Di tutti gli artisti delle avanguardie storiche aperti allo sperimentalismo cinematografico Richter è stato indubbiamente fra i maggiori sostenitori e diffusori, con attività che sono andate dalla direzione di riviste ("G") all'animazione di cineclub in Germania sino all'insegnamento presso il Film Institute al City College di New York.

Orientalities

Jun'ichi Okuyama
(Tokyo, 1947)
Okuyama inizia a lavorare fin dai primi anni Sessanta, concentrandosi in particolar modo sulla proiezione live. La sua ricerca si incardina sullo studio di tutti i possibili materiali-pellicola (carta, capelli, preservativi), della pellicola stessa in quanto materiale (solarizzazioni, sovrapposizioni di immagini), del dispositivo cinema nelle sue articolazioni di ripresa e proiezione (sfasamento verticale delle immagini, cambiamento di velocità). Okuyama è riconosciuto come uno dei maggiori cineasti sperimentali giapponesi viventi.

Takahiko Iimura
(Tokyo, 1937)
Artista video e cineasta in continua evoluzione linguistica, Iimura è segnato negli esordi dal Dada e dal Surrealismo. Introdotto nel New American Cinema, dagli anni Sessanta si avvicina al lavoro di Smith, Warhol, Mekas, Brakhage. Interessato più ai materiali e ai processi cinematografici, coniuga la propria sensibilità orientale a tale nuovo procedere. Negli anni Settanta comincia a lavorare sulla temporalitè percepita in sala, producendo film minimal-concettuali, ridotti a luce/buio, numeri/parole. Si sposta successivamente sempre più verso il video, ambito in cui lavora prevalentemente sulla destrutturazione/ricomposizione del dispositivo.

Yo Ota
(Tokyo, 1953)
Yo Ota si forma prima in Francia e poi in Germania con Peter Kubelka; attualmente insegna presso l'Università di Arte e Design di Tokyo impegnandosi nella diffusione del cinema sperimentale. Influenzato dal lavoro di Duchamp, Man Ray, Richter e Peter Kubelka, lavora sul film non narrativo, cercando di interrogare lo spazio-tempo, e, soprattutto manipolando immagini in movimento filmate in tempo reale, restituisce l'illusione di un tempo interno al film che rimette in causa a sua volta la trasmissione del tempo reale.

Cartoonia

Robert Breer
(Detroit, 1926)
Di formazione artistico-visiva, Robert Breer sviluppa un'opera legata all'astrazione geometrica. Dopo la sua permanenza decennale a Parigi conclusa nel 1959 si interessa al movimento, realizzando prima dei flip book e poi dei mutoscopi. L'opera di Breer, leggera, libera da significati nascosti o simbolismi, spesso autoironica e ricca di imprevisti spunti visivi è riassumibile nella tecnica dei disegni animati. Filmando immagine per immagine disegni di grande semplicità ed efficacia comunicativa e facendo riferimento al fotogramma e non all'inquadratura, Breer dimostra come il movimento nella sua ricerca nasca inevitabilmente dall'immobilità. Mescolando figure astratte a forme figurative, bianco e nero a colore, silenzio a suono, ritmo concitato a calma apparente, linee semplici a disegni più complessi e sorprendendo incessantemente, Robert Breer contribuisce a rendere fertile il percorso di quegli autori che, concentrati sul disegno animato come Emile Cohl, i Fleischer, Tex Avery, pur coperti dall'immaginario e dalla tecnica disneyana, agiscono in uno spazio visuale complesso e indubbiamente ascrivibile per qualità al registro delle arti visive.

Harry Smith
(Portland, 1923 - New York, 1991)
Sotto la spinta dei film di Oskar Fischinger e James Whitney, senza possedere alcuna tecnica nè materiali e "reinventando" pertanto la pittura diretta su pellicola, Harry Smith costruisce un universo animato e animista che lo eleverà a culto per un'intera generazione di cineasti. Tuttora omaggiato sotto varie forme - progetti musicali elettronici, spettacoli teatrali, film - negli ambienti underground newyorkesi come genio leonardesco, Smith ha in effetti rappresentato una svolta nella storia del cinema diretto (a lui peraltro inizialmente ignoto), sapendo incessantemente rinnovare e reinventare tematicamente e visivamente la propria ricerca. I suoi film sono raccoglibili in cicli ed episodi, fra cui risaltano Color Study, apogeo della ricerca "astratta", registrazione di una performance al Guggenheim con dodici proiettori e la ricreazione di un immaginario ambiente kandinskiano espanso. Un secondo ciclo, con figurine riprese da vecchie litografie e animazioni più complesse fa emergere l'apparato iconologico complesso sotteso al percorso di Smith, dottrine spirituali, religioni orientali, cabala, tarocchi, teosofia, alchimia e magia nera. Il film cult assoluto è però il lungometraggio b/n girato fra 1950 e 1961 Heaven and Earth Magic, il viaggio di un'eroina in paradiso e all'inferno, epopea e fantastico universo che fa riferimento ai più variegati simboli ermetici.