INTERVISTA AD ANTONIO LAMPIS
Di Annalisa Cattani
1) Cosa pensa dell'arte pubblica?
Il recente fiorire di progetti di arte pubblica nasce dalla doverosa constatazione che ormai da alcuni secoli la produzione artistica é troppo spesso lontana da ampie fasce di popolazione.
I progetti di arte pubblica non debbono esser visti come soluzioni definitive, tuttavia, insieme alle iniziative di formazione del pubblico sono molto importanti, anche per richiamare l'attenzione sui percorsi necessari per avvicinare nuovi pubblici all'arte contemporanea e divenire uno strumento di stimolo per i cittadini coinvolti e per un possibile futuro impegno sistematico.
Alcuni artisti sono talmente sensibili a tali esigenze che concepiscono il loro ruolo in gran parte rivolto ad esse e si esprimono prevalentemente con progetti di arte pubblica. Come in tutti i settori esiste buona e cattiva arte pubblica, Francesco Bonami, nei suoi scritti, ci ha fornito divertenti e utili esempi per orientarsi.
La provincia autonoma di Bolzano ha promosso lo sviluppo di alcuni progetti di arte pubblica già dall'anno 2000.
2) Come vede la nuova declinazione di questa modalità espressiva definita social turn o partecipativa?
La trovo pressoche necessaria, impossibile tornare alla collocazione di opere o al triste concetto di "abbellimento" artistico.
Tra i progetti che ho citato sopra ha avuto particolare notorietà quello per l'area di edilizia popolare di Via Sassari, nel quartiere Don Bosco con l’intervento di Alberto Garutti, che si è impegnò per molti mesi a stabilire un dialogo con il quartiere.
Una parte importante dell'opera é quindi invisibile, sta proprio nel lungo lavoro preparatorio condotto dall'artista, che ha contattato moltissime persone del quartiere e ha passato molto tempo con loro e nella piazza prescelta.
Tale lavoro è testimoniato dal video di Paolo Quartana. Garutti dialogò con il pubblico ed ha arricchito la zona con un’installazione che permette di essere vista ed apprezzata nella sua semplicità ed integrazione nell’ambiente. Egli ha concepito una sorta di scatola delle meraviglie, un’edicola, un luogo nuovo che ha presentato a rotazione opere dalla collezione del Museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano, ha voluto aprire una finestra sul Museo apposta per il quartiere Don Bosco.
Successivamente la popolazione stessa è stata coinvolta per riempire di contenuti quello che tutti ora chiamano il piccolo museo Garutti.
Come un gioco da scoprire e da provare ad ogni età, l’opera si presenta alla curiosità quotidiana del passante, senza limiti di godimento, senza il timore e l’impegno di passare alla biglietteria di un museo per varcare una soglia sconosciuta, ma con la semplicità di vedere, rivedere, anche durante una breve sosta o andando a scuola o al lavoro, scoprendo di volta in volta nuove opere, che modificano nel tempo il concetto stesso dello spazio vissuto nel quartiere dove s'inseriscono.
3) La critica inglese Claire Bishop è piuttosto critica nei confronti di alcuni progetti in questo senso, pur avendo sostenuto questo sviluppo dell'arte pubblica, perchè pensa che a volte gli artisti o comunque il team di progetto non abbia sufficientemente preservato la funzione artistica rispetto a quella sociale. Cosa ne pensa?
Quasi tutta la grande arte ha avuto una forte missione sociale. Capisco bene cosa vuol dire Bishop, ma non condivido i suoi timori. Gli artisti sono quasi sempre in grado di bilanciare il loro mix funzionale e se in alcuni casi si può riscontrare della piaggeria verso gli scopi della committenza, pazienza.
Senza rischi non si crea nulla, specie in campo artistico rischiare ed accettare l'errore è fondamentale.
4) Quanto pensa possa pesare nella riuscita di un progetto accompagnarlo prima, durante e dopo la realizzazione?
Moltissimo, soprattutto è importante il dopo, non finire mai di seguire il progetto.
5) Crede che la relazione possa costituire un valore sociale e anche un valore estetico?
Ormai è indubbio che esista un'estetica della relazione. Esistono opere d'arte importantissime che "fotografano" o riprendono a video le relazioni che l'artista stesso provoca o favorisce.
6) Come si può mantenere questo effetto relazionale nel tempo nel caso di un site specific permanente?
Con il coinvolgimento di chi letteralmente vive ed opera in prossimità del lavoro artistico site specific.
Antonio Lampis è Dirigente della Provincia autonoma di Bolzano, Direttore della Ripartizione denominata di cultura italiana. Professore a contratto nella libera Università di Bolzano, Facoltà di Scienze della Formazione, cattedra di Marketing ed Event Management. Visiting Professor in diverse università e master. Nel 2008 é stato Membro del board del comitato organizzatore della biennale MANIFESTA 7 (The European Biennial of Contemporary Art - Trentino - Alto Adige).