Politica, cultura, media. Sulle dimissioni (rientrate) di Stefano Boeri

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Dunque è ufficiale. Stefano Boeri rientra in giunta, ma con specifiche restrizioni e come sotto sorveglianza.
All’assessore prodigo, adesso riaccolto, spettano le deleghe a Cultura (irrilevante, ci pare di capire, nel giudizio di chi lo accoglie), Moda e Design. Perde invece la delega all'Expo.
La cosa che più colpisce, nella discussione giornalistica destata dalle dimissioni dell’architetto, è la secondarietà del tema specifico. L’articolo di Concita De Gregorio su Repubblica di ieri, spiacevolmente a tesi, indica la via. Deplorazioni e lamenti per quella che si teme sia la fine della “primavera arancione”. Il punto di vista scelto, per quanto ufficiale, è prepolitico (“che delusione lo scontro tra Boeri e Pisapia”). La narrazione compiacente e subalterna. “Un grande avvocato e un grande architetto, buone famiglie, buona borghesia, buoni studi, buone frequentazioni, buon cursus honorum”. Manca una riflessione critica sulle scelte culturali: criteri, politiche, modelli.
Un’intera città in lacrime si stringe attorno ai “due campioni della sinistra milanese”: questa la Milano di cui scrive De Gregorio. “Sgomenti a migliaia i militanti, catene di appelli sul web, artisti mobilitati, Celentano che interviene, raccolte di firme e tam tam sulla rete”.
Michele Serra, sul web, aggiunge cordoglio al cordoglio: “come è possibile che lo spirito dei giorni [che hanno preceduto le elezioni amministrative di maggio], faccia già parte del passato?”
Ci chiediamo: questa Milano accorata e unanime esiste davvero? Verifichiamo nel modo più informale. Stralci di corrispondenza odierni scelti con criteri di rappresentanza di cerchie e contesti sociali attivi in ambiti artistici e culturali milanesi. “Ho letto con piacere”, scrive un amico designer, da qualche tempo residente a Berlino, “la riflessione sulla situazione culturale della città... Per 10 anni ho vissuto a Milano e partecipato alla vita di Isola Art Center... Ho trovato nelle tue parole esattamente il sentimento che noi operatori culturali abbiamo nutrito in questi anni... speravamo [che la città] si risollevasse con la giunta Pisapia... abbiamo visto infrangersi [questa speranza] con la figura di Boeri”. Un’amica critica e curatrice, alla notizia delle dimissioni: “sono felice che [Boeri] se ne sia andato... Ore dopo [le dimissioni] ho ricevuto questa mail [di galleristi, artistici etc. che chiedono pacificazione]: dimostra (ancora una volta) la quantità di paraculi in giro per le nostre città”. Un amico artista, impegnato nel sociale e da anni attivo nel contesto di Isola Art Center: “credo che da Pisapia e dalla sua giunta dobbiamo aspettarci qualcosa di più che la spettacolarizzazione della cultura. Altrimenti potevamo risparmiarci tanto impegno per cambiare questa città”. Sembrava lecito attendersi da una persona competente e qualificata come Boeri maggiore attenzione a politiche culturali partecipate: ma talune sue scelte disattendono, nel modo e nel merito, esigenze di confronto e condivisione. “La battaglia è diversa non capisci?”, obietta una nota gallerista milanese in un’allarmata replica al mio primo intervento, inviatami su Facebook. Non sono certo che esista qualcosa come una “battaglia”; o che il registro epico si addica alla sfera pubblica italiana. Mi pare tuttavia indiscutibile che l’eccessiva politicizzazione (in senso deteriore) di ogni ambito discorsivo impedisce ai più, in Italia, di condurre tecnicamente la riflessione e premiare la dimensione specifica (politica al suo modo autonomo) degli argomenti di volta in volta in agenda.



28-11-2011:
Creative Commons? Ma quando mai. Il «caso» Milano e le scelte di Stefano Boeri
http://www.undo.net/it/my/f73e103de1a66582ebde529ebeeee73e/96/198


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