Creative Commons? Ma quando mai. Il «caso» Milano e le scelte di Stefano Boeri

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Collective Actions, The Third Variant, Moscow region, Savyolovskaya railway line, near village Kyevy Gorky. May 28, 1978, Photo documentation, Courtesy author and Stella Art Foundation, Moscow

28/11/2011

Dimissionario da questa mattina, Stefano Boeri lascia in eredità alla giunta Pisapia le candidature almeno di due consulenti artistici che non potrebbero essere più diversi tra di loro. Non è chiaro se i contratti valgano a prescindere (dalle dimissioni dell’architetto ormai ex-assessore alla cultura); o se le dimissioni vanificheranno l’annunciato rapporto di collaborazione. La sola intenzione di conferire i due contratti a persone portatrici di mondi così vistosamente in conflitto pone tuttavia quesiti su arte, cultura, diritti cittadinanza.

Normalista, allievo di Paola Barocchi e Salvatore Settis, studioso del Quattro e Cinquecento, Giovanni Agosti proviene dal mondo universitario e interpreta istanze di eccellenza accademica: aggiornamento, autonomia, intransigenza, radicamento in una tradizione italiana di studi storico-artistici e di scrittura critica. E’ ordinario di Storia dell’arte moderna all’università statale di Milano e collaboratore del Manifesto.

Ex pittore, a lungo responsabile della redazione newyorkese di Flash art, curatore della Biennale veneziana del 2003 (La dittatura dello spettatore) e Senior curator del Museum of Contemporary Art di Chicago, tra i promotori di ItaliaFutura, Francesco Bonami, chiamato da Boeri alla “direzione artistica del contemporaneo”, ha invece costruito la propria carriera in acre polemica con gli atteggiamenti insideristici [?] e il mondo dell’”alta cultura” [sic]. Direttore artistico della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, della Fondazione Pitti Immagine Discovery di Firenze, di Enel Contemporanea oltreché curatore della Biennale 2010 del Whitney Museum of American Art, Bonami ha in portafoglio una rete di connessioni con artisti, gallerie, collezionisti e istituzioni che ne fa uno spin doctor tra i più influenti a livello internazionale. Naturalizzato americano, è stakeholder principe dell’impresa partecipata che oggi risponde al nome di “Maurizio Cattelan”.

Non entriamo nel merito delle due scelte, che hanno, ognuna nella sua parte, ragioni e plausibilità diverse. Osserviamo piuttosto l’incongruità dei criteri. Il conferimento dell’incarico a Bonami smentisce i propositi politico-culturali implicati dalla scelta di Agosti. E viceversa. Che cosa possiamo stabilire? E’ evidente che in Italia persino una giunta qualificata fa difficoltà a riconoscere l’opportunità, nel contemporaneo, di desistere dalla programmazione degli “Eventi Spettacolari”, dal culto (dal business) della “Grande Mostra”. E che permane grande confusione, a sinistra, quando si giunge alle politiche culturali: viene meno la capacità di riflettere politicamente, e con competenze professionali, sulle pratiche, i curricula, i profili autoriali.

La nomina di Bonami è per più versi un gesto dimissionario, da parte dell’istituzione pubblica: equivale ad ammettere che non esistono risorse né monetarie nè culturali da investire in arte contemporanea, e dunque, a differenza di quanto accade per l’arte antica, si richiedono profili professionali organici al mercato, egemonici se mai ce ne sono, per ottenere concessioni di opere e partecipazioni finanziarie alla produzione di mostre. O che l’attuale dibattito globale sulla crisi della democrazia, destato dal collasso finanziario e dalla sperequazione crescente che ne discende, non ha alcuna incidenza sul contemporaneo: “recession proof”, quest’ultimo, al pari di altri commodities esclusive. Creative Commons? Ma quando mai.

Siamo certi che Bonami non porterà a Milano la sua compagnia di giro, celebrativa delle leggi del più forte, del conformismo corporate, dell’euforia antisociale: forse persino lui comprende che Koons può oggi risultare merce avariata, se non per gli oligarchi. Sorprende tuttavia che proprio Boeri sembri non avere derivato alcuna innovativa progettualità di medio e lungo termine dalla sua stessa esperienza in Multiplicity o dalla frequentazione dei tanti laboratori artistico-curatoriali e politico-culturali che esistono nella città e che, forse con eccessivo candore, avevano individuato in lui un possibile riferimento “progressista”, alternativo al glam. Bonami sta alle professionalità attualmente esistenti sul territorio milanese o alle esigenze di accudimento della sfera pubblica, pure fatte proprie dalla giunta Pisapia, come lo squalo tra i pescetti multicolori che erborizzano tra i coralli. Una differenza di attitudini politiche e culturali: non di semplice scala.

Questo articolo è stato pubblicato nello stesso giorno nel blog micheledantini.wordpress.com e su UnDo.Net

Cfr. anche, dello stesso autore, "Politica, cultura, media. In margine alle dimissioni (rientrate) di Stefano Boeri" @ http://www.undo.net/it/my/micheledantini/102/205