Juliet Anno Numero 86 feb-mar 98
La curiosità innata nella coscienza umana (curiosità di apprendere, di conoscere, di ispezionare, di imitare), spinta al parossisismo dalla volontà di potenza ("conoscere è potere", disse qualcuno, secoli orsono; oggi diremmo: chi può ci fa conoscere, ci impone il suo prodotto e chi non può si arrangi!) ci permette anche di distrarci nelle raccolte futili (tappi, francobolli, bottigliette, ecc.), nelle manie più risibili (mettere i fazzoletti tutti in riga, fare la punta alle matite con il taglierino, conservare tutti gli scontrini fiscali della spesa al supermercato, ecc.), nelle ossessioni meno nevrotiche (ascoltare se il frigorifero è in funzione, controllare se la luce è accesa o spenta, verificare se i pantaloni dei puzzoni hanno la piega in ordine o fuori posto, ecc.).
Anche se a prima vista non sembrerà così, è senz'altro questo il recinto nel quale inquadrare il lavoro di F. and W., strana coppia di artisti svizzeri che riempiono il mondo di immagini impeccabili e non peccaminose.
Se un tempo queste avevano il dono dell'ironia, ora hanno il garbo della quotidianità: hanno spinto via l'esemplarità per soffermarsi sul principio di ricettività, dato che ogni immagine ordinaria -se privata del suo disturbo di fondo- diviene fuori norma, eccezionale, interessante. E togliere questo disturbo dalla frequenza d'onda del ricettore è il compito che si sono assunti questi due autori.
Così, secondo un fin troppo facile sillogismo (ma la colpa è di Aristotele, non mia), queste immagini prive di disturbi, sono fuori norma, eccezionali, interessanti. Qui non c'è più astrazione, non c'è più sintesi, non c'è più storia, ma solo pensiero immediato, rappresentazione luminosa, commozione perfettamente leggibile; il tutto con immagini ben sature e convincenti. E non saremo certo noi a pretendere di più da questo mondo moderno e globale.