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Di solito le vostre installazioni occupano lo spazio espositivo e con questo interagiscono, modificandone la percezione: succede così anche per il lavoro esposto qui? Il lavoro che porteremo ha bisogno di una piccola stanza. A parte questa piccola condizione il lavoro potrebbe essere collocato idealmente ovunque. In alcuni casi lo spazio suggerisce delle strategie per valorizzare il lavoro, ma non sempre questo si verifica . Presumo che lavorare in coppia voglia dire incontrarsi in un confronto tra posizioni diverse. Quanto l'opera è ancora testimone di questo dialogo? L'opera appare sempre come un risultato unitario e come punto di incontro definitivo, non possono essere visibili i confronti che avvengono nella fase progettuale e nella realizzazione. Come intendete la presenza dello spettatore che si accosta al vostro lavoro? Quando pensiamo a un'opera calcoliamo sempre la posizione fisica di uno spettatore ideale, stabiliamo quasi dei percorsi obbligatori a seconda di come collochiamo il lavoro nello spazio; questo tipo di analisi ci permette di far convergere l'attenzione dello spettatore nei punti che ci interessano. Intervista raccolta da Francesco Pavesi |
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