|
|
|
|
Il lavoro esposto in questa mostra è concepito come site-specific. Che rapporto esiste tra l'opera e lo spazio che l'accoglie? Il progetto Welcome è stato pensato nel 2002, in contemporanea con la prima fase di costruzione del muro in Palestina, ma per motivi economici e di spazio non era ancora stato realizzato. Quando abbiamo visto questo spazio e siamo venute a conoscenza della prevalenza di immigrati nel quartiere abbiamo deciso che era il posto adatto per realizzarlo. Mi sembra che spesso le vostre opere, complice il titolo, giochino con le parole: doppisensi, contrasti... L'ambiguità e l'ironia sono elementi che ricorrono nel lavoro. Ci sembra più interessante mischiare elementi, significati, simboli in contrasto tra loro e che si negano a vicenda, piuttosto che affermare una verità unica o riprodurre un'armonia estetica. Lavorando sulla rappresentazione cerchiamo di mettere in luce gli aspetti illusionistici, parziali e sporchi della questione. Utilizzando le parole della cyberfemminista Donna Haraway: "La visione è sempre questione del potere di vedere e forse della violenza implicita nelle nostre pratiche di visualizzazione". Intervista raccolta da Francesco Pavesi |
|||