"Buona vita!"

Vai alla homepage di Ciò che è vivo - culture tour

2 di 7

Indice :

1 Ciò che è vivo - culture tour

2 "Buona vita!"

3 Ciò che è vivo - culture tour | Fondazione Baruchello

4 Ciò che è vivo - culture tour | Connessioni ambientali

5 Ciò che è vivo - culture tour | Nei luoghi dell'arte

6 Ciò che è vivo - project | Open studio e mostra al MACRO

7 In viaggio tra natura e cultura




La Luna nell'Orto, Barchi (PU)



La Luna nell'Orto, Barchi (PU)



La Luna nell'Orto, Barchi (PU) - (Courtesy Regione Lombardia)



Orto Biologico di Remo Angelini, Bucchianico (CH)



Deraeocoris ruber. Orto e fotografia di Remo Angelini



Orto Biologico di Remo Angelini, Bucchianico (CH)



Al di là del Fiume, Marzabotto (BO)



BioFattoria Licineto, Celenza sul Trigno (CH)



Ulivi colpiti da Xylella, Oria (BR)



Az. Ag. Domenico Simmarano, Montescaglioso (MT)



Domenico Simmarano, Montescaglioso (MT)



Asparagi di scarto, Az. Ag. Domenico Simmarano, Montescaglioso (MT)



Il Querceto, Marsicovetere (PZ)



Az. Ag. Acquasanta, Moiano, Città della Pieve (PG)



Az. Ag. Le Macchie, Castellina Marittima (PI)



Az. Ag. Le Macchie, Castellina Marittima (PI)



I Mandorli, Belvedere, Suvereto (LI)



Spargimento del cornoletame, I Mandorli, Belvedere, Suvereto (LI)



I Mandorli, Belvedere, Suvereto (LI) - (Courtesy Regione Lombardia)



Alpe di Puntato, Stazzema (LU)



Rayan, Alpe di Puntato, Stazzema (LU)



Adelfia (BA)



Esplorazione delle lame, Adelfia (BA)



Adelfia (BA) - (Courtesy Regione Lombardia)



Villaggio Ecologico di Granara (PR)

La zolla

“Sbucano radicine da tutte le parti. Sono le radici piccole le radici importanti, quelle attraverso cui la pianta si nutre, ci sono molti spazi, interstizi, non è tutto compatto. Vediamo materiale vegetale vecchio che si è interrato, e se lo rompiamo, si rompe secondo le sue linee, le sue cavità. Ha una granulometria diversificata, infatti si vedono pezzettini più grossi e più piccoli, poca sabbia, si vedono gallerie di alcuni insettini, e c'è una ramificazione delle radici molto diffusa.
È un terreno dove non ho fatto grossi interventi in questi anni di lavorazioni, quindi in realtà gli ho dato poco fastidio, e si vede che ho dato poco fastidio. (…) Questa carciofaia incolta è come fosse un prato, un reticolo di radici che copre quasi tutto il terreno, sia in superficie che in profondità.” (Prova della vanga, Renzo Tronchin, La Luna nell'Orto, Barchi, PU)

La cosa più importante di un suolo è l'aria, la porosità della terra. Lo spazio che si crea tra i granelli, dove fluisce l'acqua, dove si infiltrano le radici aprendo tunnel che si incrociano con quelli dei lombrichi e di molti altri esseri. La terra deve respirare, e lasciare spazio alla vita dentro di sé. “Se c'è l'aria nel suolo in automatico vengono tutte le altre cose, la porosità, la capacità di assorbire l'acqua, e di immagazzinarla e cederla quando occorre, lo sviluppo degli organismi che vivono nella terra. Se c'è aria vuol dire che la pianta può esplorare con le proprie radici in tutte le direzioni.” (Domenico Simmarano, Montescaglioso, MT)

“Lì sotto c'è tutta un'altra comunità, lì ci stanno mangiatori di detriti organici, mangiatori di radici, mangiatori di altri animali, predatori di tutte le dimensioni e forme, parassiti, ci sono funghi carnivori, ci sono funghi che fanno i lacci, che catturano i vermetti con delle cellule messe a laccio che stringono il verme e poi il fungo penetra il verme e se lo mangia.” (Remo Angelini)

I funghi, inoltre, assieme ad altri milioni di microrganismi, hanno un ruolo fondamentale quali netturbini del terreno, rivitalizzano gli elementi morti, rimettendo in circolo gli elementi nutritivi.

In superficie invece vivono i difensori dell'orto. Coccinelle e miridi che si nutrono di afidi, sirfidi che fanno le uova vicino ai pidocchi di cui si nutrono poi le larve, ragni, e mantidi che catturano tutto quello che si muove. Il tachinide invece depone le sue uova direttamente sulle cimici e le larve che ne nascono poi le uccidono.

Quale sarebbe un predatore della Xylella?

“Non della Xylella, ma dell'insetto che ne è il vettore, ce ne sono tantissimi.
Gli insetti che ne sono vettori sono delle cicaline, delle famiglie Cicadellidae o Aphrophoridae e hanno tanti di predatori. Se c'è una rete alimentare complessa non diventano mai preoccupanti, sono insettini piccolissimi, quando volano sembrano delle farfalline chiare. (…) ma se lasci solo gli olivi e tutto il resto è terra bruciata, quello che si nutre degli olivi sopravvive. Però il predatore ha bisogno per vivere di una certa densità di popolazione, di tanti insetti.
Per esempio il ragno che si nutre di insetti non può vivere solo con quella cicalina che va sull'olivo, ha bisogno di altre cento, mille specie di insetti, che non vanno sugli olivi, e che a causa della pulizia che fanno negli oliveti non ci sono.

(…) può darsi che c'entri anche la Xylella ma io penso più a un fungo, più a altre cose, comunque penso che sia dovuto al fatto che lì hanno sempre fresato le terre, tutto, puliscono tutto. Se tu vai in Salento c'è tutta 'sta terra rossa, perché stanno sempre a fresare tutto. E se non fresano usano diserbanti che sono anche peggio. Se poi gli nascono degli squilibri, io sinceramente non mi stupisco.” (Remo Angelini)

Coltivare, fare un orto, crea uno squilibrio. Il terreno, e l'ambiente, poi cerca di ricreare il suo equilibrio, se lo lasciamo in condizione di poterlo fare, o possiamo agire per aiutarlo a ripristinarlo.

"Gli animali, ad esempio, fanno territorio, e gli altri animali riconoscono che un territorio appartiene ad altri, e lo rispettano. Ci sono delle dinamiche che non sono così spiegabili. Se manca la presenza dell'animale, di un gruppo animale, all'interno di un territorio, si crea un vuoto, e il vuoto la natura lo riempie, lo riempie con i suoi mezzi che sono altri animali, compensando un vuoto." (Saverio Petrilli)

Compito dell'uomo è quello di accudire la terra, di esserne custode, per le generazioni future. La terra è presa in prestito dai nostri figli. Abbiamo la responsabilità di essere un tramite tra passato e futuro, e custodire quello che ci è stato dato per ritrasmetterlo. In antitesi con il concetto di possesso. Non si possiede la terra, siamo noi che apparteniamo alla terra.



8 aprile – 3 maggio

Lasciata l'Emilia Romagna chilometri di ulivi mi hanno accompagnato per gran parte del viaggio, inframmezzati da altre coltivazioni e campi di pannelli solari. Petra e Renzo mi accolgono nell'entroterra marchigiano, tra le campagne di Barchi, dove vivono producendo olio, aceto, vino e ortaggi per i propri ospiti. La terra è argillosa e in discesa, con esplosioni di cavoli in fiore.

In Abruzzo ho visitato quattro realtà molto diverse l'una dall'altra. 300 ettari di ulivi, boschi, vigne, alberi da frutto e arte a Pollinaria, una realtà che ha aperto l'azienda agricola per sostenere la produzione di arte; un tratto di Costa dei Trabocchi, a Bagni Vittoria; il Licineto, una antica area ad uso agricolo lungo il Trigno ricoltivata dalla famiglia della BioFattoria Licineto a Celenza sul Trigno; e l'orto laboratorio di Remo Angelini, dove studia le forme del vivente e le loro connessioni.

Alla prima azienda dove sono andata ho portato una marmellata di prugne biologiche fatta l'anno scorso con la frutta di una delle aziende partecipanti a questo progetto, che ho scambiato con un prodotto di loro produzione che ho portato alla seconda azienda, scambiandolo con un ulteriore prodotto che ho portato alla terza, e così via. Questo dono nasce dall'esigenza di non presentarmi a mani vuote dai miei ospiti, e diventa l'innesco di più relazioni attraverso il mio viaggiare. Per ora ho scambiato una marmellata con vino, vino con vino, vino con pane e uova, pane e uova con un cavolo, che ho scambiato con del miele, e poi taralli, asparagi, fagioli, olio, piantine (quercia, bardana, 2 mandorli, monarda), e di nuovo miele, vino.. Mi muovo tra l'uno e l'altro instaurando legami e scambiando cose e conoscenze, ascoltando storie di terre e di persone.

È il periodo delle orchidee che nascono in mezzo ai boschi, sui margini delle strade, è il periodo degli asparagi selvatici alle basi degli alberi, che si infilano fra i tronchi degli ulivi e spuntano alti, è il periodo della cicoria selvatica e dei fiori, tanti fiori, di qualunque tipo.

In questo viaggio ho incontrato chi ha deciso di vivere in un bosco, la signora “buona vita!”, a tre chilometri di strada bianca, in mezzo al nulla, anzi, in mezzo al tutto. (Agricola Acquasanta)
Chi ha deciso di mettere in atto un progetto politico esplicito per tentare un altro modello di socialità, libertario, e scoprire che funziona. E che lì un ventina di persone vivono di agricoltura, di ulivi centenari, di vigneti, e di prodotti da forno, oltre ad avere un orto per l'autosostentamento, alla comune di Urupia.
Chi invece porta avanti una tradizione, un'azienda di famiglia e che ha deciso di convertire al biologico, alla salute, all'amore per la terra, crescendo i propri finocchi in mezzo a campi che sono un'apoteosi di primavera e che mai si direbbe che siano terreni coltivati. Pura poesia. (Domenico Simmarano)
E chi per raggiungerlo devi lasciare la macchina e incamminarti a piedi, come per andare a Le Macchie e all'Alpe di Puntato.

C'è dove ci si perde per arrivare, angoli di Italia selvatica che resistono all'urbanizzazione e alla coltivazione selvaggia, e c'è il profumo delle ginestre, il fiore del lampascione, mangiato in Puglia e visto in Umbria e in Toscana, c'è l'aria buona, e la mia rinite è quasi scomparsa, alleviata.

C'è stata anche qualche tappa inaspettata come ad Oria, in Puglia, dove avevano tagliato i primi ulivi per contrastare il problema della Xylella e dove vi era un presidio stabile a manifestare il dissenso verso quella decisione. Essendo a pochi chilometri di distanza sono passata per includere simbolicamente anche questa realtà nel mio percorso.

Una tappa importante è stata quella alla Fondazione Baruchello, principale sostenitore di questo mio progetto, dove ho dialogato con Gianfranco Baruchello, e Carla Subrizi, sui terreni di quella che è stata l'Agricola Cornelia, opera del 1973 divenuta in seguito Fondazione, interrogandoci sulle motivazioni politiche dell'attenzione dell'arte nei confronti dell'agricoltura, allora ed oggi. (Di questo pubblicherò una prossima notizia dedicata)

Continuo il mio viaggio per guardare all'agricoltura cercando forme di equilibrio tra l'uomo e la terra.

L'equilibrio è anche uno dei dodici sensi che secondo Rudolf Steiner permettono lo sviluppo armonico dell'uomo. È un senso della corporeità e della volontà, che permette la percezione della propria interiorità. È il senso che permette di mantenere il corpo nella giusta posizione nello spazio, che permette di sollevarsi da terra e assumere la posizione verticale. L'equilibrio è una ricerca nella propria vita. La “metamorfosi” del senso dell’equilibrio è la coscienza sociale.
Inoltre Steiner parla del senso dell'orientamento, legato all'equilibrio, come "un senso per percepire un rapporto fra il centro di gravità della terra ed il proprio corpo". Forse è questo che sto cercando, un senso di orientamento.

La collina pende a destra e a sinistra. Il bosco rigoglioso ricomincia a respirare e diverse tonalità di verde creano “macchie di crescita” (M. Meschiari) mentre un ripetitore spoglio e grigio mi permette di navigare.




Adelfia

Una tappa di carattere diverso è stata quella di Adelfia (BA), dove non sono stata ospite di un agricoltore, ma di alcune associazioni locali, Collettivo La zappa sui piedi e Associazione per la Promozione del Territorio Tipica Adelfia, attive per il ripensamento del territorio e dell'agricoltura in una zona di abbandono diffuso, le quali mi hanno sostenuto in questo progetto e hanno organizzato un incontro a più voci in occasione del mio passaggio per confrontarsi su un terreno comune.

“Una volta di più, abbiamo avuto modo di rivivere i fasti del passato agricolo (anche recente), di parlare di ciò che non va, di raccontarci storie incentrate sulla terra, intesa come fonte di reddito e come culla della nostra civiltà, come ambiente dalla straordinaria biodiversità e come agire politico collettivo. Insomma, come ricchezza del passato e sfida per il futuro.
(…) È andata che abbiamo fatto una attenta esplorazione del territorio adelfiese, facendoci trasportare dalle sue curve, dalla sua storia, dai suoi colori e dai suoi odori.
È andata che abbiamo capito tante cose. Da fare subito, prima che sia troppo tardi!
È andata che abbiamo capito che 33 bellissime lettere servono tantissimo, come fossero pietre miliari, a riprendere in mano il senso di appartenenza ad una Terra (e non, badate bene, a riprenderci la terra!).

Cos'è un territorio? Un insieme di storie, tradizioni, di paesaggi, le sue genti? Come si costruisce un equilibrio sostenibile tra territorio e comunità?
Abbiamo ospitato Emanuela convinti che certe forme, fisiche e dell'incontro, possano scatenare energie tra le persone, e tra quelle persone e il paesaggio che li circonda. Abbiamo passeggiato nei racconti stratificati nella terra, con la dolce inquietudine di quale luogo scegliere per posare più che una scultura una domanda ed un' auspicio; l'auspicio che l'abbandono agricolo, che avvolge il 70% del nostro paese nella provincia di Bari, possa sostituirsi solo con qualcosa che è molto più di produzione agricola forsennata e cieca, molto più di quella cultura contadina che pure ci ha plasmato, perché non si torna mai alla terra con forme già note, ma con i piedi puntati nella contemporaneità che devono guidare verso l'agricoltura che è cultura, proposta di vita e non solo prodotto. La terra va riconquistata, va ri-conosciuta e vissuta che sia un un pic nic o una pianta edule, è la dolce riconquista della nostra immateriale materialità.
La nostra terra stanca e impoverita non è morta, è viva, e ciò che è vivo ha bisogno di ciò che è vivo.” (Collettivo La zappa sui piedi e Associazione per la Promozione del Territorio Tipica Adelfia.)



Buona vita!