Villa Manzoni
Lecco
via Don Guanella, 1
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WEB
Trento Longaretti
dal 17/12/2005 al 4/3/2006
da martedi' a domenica dalle 9,30 alle 17,30. Tutti i lunedi', 25, 26 dicembre e 1 gennaio chiusura

Segnalato da

Dino Spreafico



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Trento Longaretti



 
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17/12/2005

Trento Longaretti

Villa Manzoni, Lecco

Dipinti 1928-2005. La rassegna offre un’antologica completa attraverso quaranta dipinti del maestro di Treviglio. La sua pittura si caratterizza per essere una sofferta e meditata variazione su un unico argomento: l’uomo e il suo destino, l’accettazione paziente di una sorte perennemente avversa. Con colori incantati, poesia e liberta' quasi onirica, l’artista racconta il dramma dei poveri, degli emarginati e dei senza patria.


comunicato stampa

Dipinti 1928-2005

A cura di Anna Caterina Bellati

L'omaggio di Lecco a Trento Longaretti
L’Antologica dedicata all’artista bergamasco durera' sino al 5 marzo 2006. In quaranta dipinti la lunga storia pittorica di un maestro cresciuto a Brera

Si chiama Trento Longaretti Dipinti 1928-2005 l’importante Antologica che il Comune di Lecco dedica al maestro di Treviglio. Cresciuto nell’alveo dell’Accademia di Brera durante gli anni Trenta sotto la guida di Achille Funi e Aldo Carpi, Longaretti e' uno dei piu' insigni rappresentanti della corrente figurativa ispirata ai motivi di Chagall.

Quest’evento chiude la trilogia ospitata nelle ex scuderie di Villa Manzoni. Tre mostre per tre amici che insieme hanno delineato una parte della storia artistica nazionale e non solo, aderendo in principio alla nuova formulazione dello spazio pittorico scoperta da Picasso e quindi scegliendo strade piu' autonome. Ennio Morlotti (la sua mostra si e' inaugurata nel dicembre 2002) ha idealmente aperto questo breve ciclo intanto perche' lecchese e poi per aver incarnato una sorta di continuum tra la pittura lombarda ottocentesca, risalente al romanticismo e passata in Brianza attraverso il lavoro di Emilio Gola, e quella impressionista iniziata con Manet e giunta sino a Ce'zanne. Di seguito nel dicembre 2004 e' stata allestita la mostra di Cassinari, piacentino trasferitosi a Missaglia dopo aver sposato Enrica che nella cittadina brianzola aveva i natali. Forse il piu' internazionale dei tre, almeno nelle frequentazioni colte, lo stesso Picasso, Matisse e molti artisti che bazzicavano Antibes e in generale la Costa Azzurra dagli anni Quaranta in poi. Un pittore al quale si deve la coniugazione del cubismo in special modo di Braque con i colori forti e pieni della natura mediterranea. E ora Longaretti, ancora a dicembre, il piu' lirico del gruppo, appassionato e attento alla figura umana nei suoi aspetti piu' intimi.
Se a Morlotti si deve la nascita dell’informale e una lettura attenta della natura come forza inconsumabile in continuo fermento, Cassinari e' stato piu' attratto dall’idea che le forme si collocano in uno spazio occupandolo e il loro “stare" in un luogo non va inteso come semplice essere, ma attiene l’eterno movimento di tutto cio' che si definisce esistente.

Longaretti ha invece scelto la via degli esseri umani. E la sua pittura li accompagna in ogni fase della loro crescita, dalla nascita alla vecchiaia, attraverso tutte le eta' della vita. I quaranta dipinti oggi in mostra a Lecco raccontano un percorso pittorico iniziato quand’era quattordicenne: dai primi paesaggi e ritratti alle Madri cui e' affidato non solo il compito di continuare la razza umana, ma quello di difenderla da se stessa; fino alle nature morte delicate e quasi religiose. Longaretti compira' il prossimo settembre novant’anni e l’antologica lecchese e' la prima iniziativa a celebrare un artista che ha attraversato quasi un secolo della storia nazionale, testimoniando con il proprio lavoro alcune fasi importanti della nostra cultura artistica. A cominciare da quegli anni Trenta in cui un gruppo di giovani artisti, del quale facevano parte i nostri tre pittori, si rivolto' contro il Novecentismo e l’arte accademica. Poco tempo prima di morire Morlotti, stanco per una malattia che lo sfibrava da molto, nel ricordare quegli anni mi confido' che gli restavano ormai solo due amici, uno di loro era Trento Longaretti.

Anna Caterina Bellati

L’uomo e il suo destino

Piedi scalzi, abiti cenciosi, un uomo e una donna trascinano rassegnati un carretto con le loro povere cose attraverso una campagna desolata, sotto un cielo incendiato dai dardi di un sole morente. Un vecchio musicante dalla barba lunga e triste avanza lento, sorretto da un bambino. Due madri dal volto emaciato, sfigurato dalla paura stringono a se' l’innocenza dei loro piccoli.

La pittura di Trento Longaretti si caratterizza per essere una sofferta e meditata variazione su un unico argomento: l’uomo e il suo destino, l’accettazione paziente di una sorte perennemente avversa. Con colori incantati, poesia struggente e liberta' quasi onirica, l’artista racconta il dramma dei poveri, degli emarginati, dei senza patria. Esseri sofferenti, tesi in un estremo, disperato sforzo di sopravvivenza. Personaggi tormentati dall’aspirazione, tutta umana, alla conoscenza, all’amore, alla gioia.

Sono i temi di una vita e di questa grande retrospettiva che la citta' di Lecco gli dedica in occasione dei suoi prossimi novant’anni. Se le mostre piu' recenti si sono concentrate solo su capitoli limitati della sua produzione, la rassegna lecchese vuole invece offrire un’antologica completa della sua arte. Il percorso espositivo ha uno sviluppo cronologico, che ha inizio con le primissime prove (il ritratto di Bambina in rosa, realizzato a tredici anni), nate nella casa di Treviglio, e documenta l’apprendistato a Brera, prima al liceo artistico, poi all’accademia, dove il giovane Longaretti e' allievo di Aldo Carpi e ha per compagni di corso Cassinari, Bergolli, Badodi, Morlotti, Dobrzansky, Kodra, Valente. Sono anni caratterizzati da una pittura gia' audace, che ama gli accostamenti incalzanti, contagiata dall’energia del Picasso precubista, dalla favola di Chagall, dalle suggestioni di Ce'zanne, Soutine, Modigliani. Le effervescenti novita' della bohe'me milanese e la frequentazione del gruppo di Corrente, e in particolare di Guttuso, Morlotti, Birolli, Sassu e Vedova, lo affascinano, ma non lo influenzano. Longaretti si integra solo fino a un certo punto con la realta' metropolitana: non potendo permettersi di trasferirsi, e' costretto a fare per anni il pendolare tra Treviglio e Milano.

Rimane un ragazzo di provincia, e forse anche questo fatto lo porta a elaborare una pittura originale, personalissima, non riconducibile a nessuna corrente. E' proprio durante i lunghi viaggi in treno che nascono i bozzetti per ritratti di operai, contadini, braccianti, cosi' diversi da quelli delle modelle d’accademia e cosi' legati all’educazione cattolica e ai ricordi dell’infanzia nella Bassa bergamasca. Saranno questi disegni a colpire Aldo Carpi e a gettare le basi per quella ricerca sugli umili che da' l’impronta a tutta la sua opera successiva. All’inizio ritrae le figure dal vero, poi le crea con la fantasia, immedesimandosi per condividerne la dolorosa sorte.

Un sentimento di pietas che matura soprattutto negli anni della guerra, quando, terminati gli studi, con la divisa di sottufficiale, viene mandato in Slovenia, poi in Sicilia, in Albania e nel Kosovo. Anche in guerra, Longaretti non smette di dipingere, anzi trova nella pittura l’antidoto al dramma che lo circonda. Non ritrae mai i momenti cruenti della battaglia, ma le sue conseguenze: profughi che hanno lasciato dietro di se' solo macerie fumanti, costretti a un peregrinare che sembra non avere mai fine. Altre volte protagonista e' il paesaggio, con una natura lontana dall’umana follia, ma attraversata sempre da una tensione emotiva altissima: scenari di colline bruciate sotto un cielo in cui il sole e' in eclissi perenne e la luna e' frammentata in piu' spicchi. Di ritorno dal fronte, nel 1943, Longaretti continua a sviluppare il suo tema attraverso una galleria di personaggi cosi' assimilabili nella loro diversita' da sembrare gli attori dello stesso dramma, quello dell’uomo che lotta contro la guerra, la paura, l’angoscia esistenziale. Ecco l’Ebreo errante con la sua sagoma scura, sottile e severa, leggermente ricurva, proiezione della figura del maestro Carpi e simbolo della diaspora millenaria di tutto un popolo.

Ecco l’Arlecchino per il quale la maschera e' un espediente quotidiano che permette di preservare i propri sentimenti dal contatto con un mondo ostile. Ecco il venditore di violini, viole e contrabbassi, incongrui simboli di spensieratezza e svago, ma forse anche reminiscenze delle Vanitas secentesche, moniti al carattere transitorio della felicita' umana. E, ancora, il musicante, il cieco, lo zingaro, o semplicemente l’uomo solo con la sua angoscia. Infine le figure femminili: donne che subiscono le conseguenze della guerra degli uomini, madri-Madonne il cui corpo sembra fondersi nell’abbraccio con quello del bambino, metafora di una speranza mai estinta con la sua veste azzurra o rosa e il viso sereno, paffuto, ingenuo perche' ancora non ha fatto esperienza del male del mondo. Longaretti descrive le figure con pennellate corpose, rapide e brevi (talvolta, il segno risente della pressione emotiva e si arrovella al punto da perdere la sua qualita' figurativa per diventare astratto). Ne accenna i volti con sprazzi di luce e ombre profonde. Le staglia contro fondi grigi, viola e rosso magenta, o gialli e brillanti come l’oro.

Con il successo, coronato dalla partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1942, nel 1948, nel 1950 e nel 1956, e dalla nomina a direttore dell’Accademia Carrara di Bergamo, dove insegna con passione per venticinque anni, la sua pittura non muta. Drammatica nelle inquadrature, negli accostamenti, nei contrasti cromatici, nei tagli di luce. Drammatica per quel senso di desolato abbandono, per quel senso di solitudine e malinconia senza scampo, la pittura di Trento Longaretti continua a dare fremiti di vita vera a ritratti e paesaggi. Anche oggi il suo “mondo umano, molto umano, dove domina il sentimento, e non il sentimentale", la sua folla di umili, emarginati, vittime di guerre e violenze torna a essere di sorprendente attualita'.

Licia Spagnesi
Varese, novembre 2005

Villa Manzoni - Ex Scuderie
Via Don Guanella, 1 - Lecco

Orari: da martedi' a domenica dalle 9,30 alle 17,30. Tutti i lunedi', 25, 26 dicembre e 1 gennaio chiusura

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