Arianna Sartori Arte and Object Design
Mantova
via Ippolito Nievo, 10
0376 324260 FAX

Gianni Pascoli
dal 29/8/2014 al 10/9/2014
lun-sab 10-12.30 e 16-19.30

Segnalato da

Arianna Sartori



approfondimenti

Gianni Pascoli



 
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29/8/2014

Gianni Pascoli

Arianna Sartori Arte and Object Design, Mantova

Una vita d'artista. Immagini, libri, sogni per un mondo migliore. Il paesaggio, tema principale nell'opera dell'artista, mostra e svela i suoi intimi stati d'animo.


comunicato stampa

Giovanni Pascoli è un artista che ha elaborato il proprio linguaggio in solitaria meditazione, appartato nel suo atelier di San Giuseppe di Cairo, da dove di tanto in tanto è sortito per ordinare alcune mostre personali a Milano e in Piemonte al fine di dialogare col pubblico colto, di misurarne le reazioni e coglière motivati giudizi. Un artista, dunque, del tutto estraneo ai clamori pubblicitari e alle lusinghe mondane e, per contro, sempre rivolto a cercare nella propria interiorità le ragioni del suo operare: il che, a ben badare, costituisce un esempio di dirittura morale.

E subito si dovrà notare che, ad uno sguardo retrospettivo, quelle mostre rappresentano le tappe fondamentali della sua ricerca, indicando come, in gradualità di transiti, da una immagine iniziale in cui la connotazione del reale ancor si proponeva in incombente fisicità egli sia pervenuto ad una trasfigurazione poetica delle forme in grado di ridurre quello stesso reale a esclusivo pretesto, a stimolo costante dell’immaginazione creativa. Si tratta di una conquista decisiva nel contesto della sua vicenda in quanto dischiude sull’avvenire una prospettiva fondata su convinzioni maturate a livello di coscienza.

Ditale conquista giusto quest’ultima personale rende piena testimonianza.
Il paesaggio — ch’è poi il tema dominante l’opera di Pascoli — ormai risulta per intero sottratto alle apparenze sensibili e ricondotto nei termini di una esperienza interiore. Di volta in volta, infatti, il dipinto conchiude una emozione o uno stato d ‘animo, si esalta nell’aspirazione a un panico abbraccio o rabbrividisce per la malinconia di un ricordo, per il fuggevole riaffiorare di una antica memoria. E’ lo specchio, cioè, del rapporto, sempre mutevole, che l’artista imposta con la sua terra, albergo di una civiltà contadina che par nutrirsi, ad un tempo, della dura sostanza della pietra e delle stemperate luminescenze del prossimo mare.
Questa terra, per Pascoli, è un minuscolo Eden, il centro della sua Rosa dei Venti, tanto che, l’una all’altra accostate, le immagini compongono il diario di una trepida riscoperta effettuata attraverso le geografie del cuore.

Di qui la loro intima verità, sia che lascino intravedere un casolare che s’accampa fra cortine di alberi lussureggianti oppure un ponte sospeso sopra un ruscello al di là di una cascata di fogliame, sia che col gano scorci di una campagna gloriosa nel meriggio o gli anfratti di un bosco invasi dalle ombre del crepuscolo, sia che evidenzino i rami fronzuti della matura estate oppure adombrino le rovine tremanti del tardo autunno. E di qui, anche, la loro facoltà di introdurre l’osservatore, con immediatezza, nel volgere di un evento di lirica pregnanza.
Questi esiti, Pascoli li ha ottenuti sul filo di un’applicazione assidua: in ascolto di sé, delle sue risonanze interiori. Ha eliminato la rigidità del taglio tridimensionale in favore di uno spazio fluido nel quale le forme si inscrivono con la diversa carica di energia ch’egli ritiene di dotarle a seconda del sentimento che l’opera governa; ed ha eliminato, nella gamma cromatica, quei riferimenti naturalistici che avrebbero inchiodato l’immagine all’hic et nunc, adottando i colori in chiave psicologica onde puntualizzare ogni interna vibrazione. In altre parole, Pascoli ha adeguato all’assunto ogni mezzo espressivo.
Perciò si parlava poc’anzi di una prospettiva lanciata verso il futuro: essa affonda le proprie radici nella piattaforma di un linguaggio dai contorni ormai nitidi. D’ora in avanti, mediante siffatto linguaggio, Giovanni Pascoli continuerà a porsi quale obiettivo la cattura del sostrato poetico di un momento di realtà. E’ un impegno garantito dalla sua divisa morale.
Carlo Munari

Gianni Pascoli, nato a Savona ma in una famiglia di origini friulane, ha iniziato dall’infanzia ad appassionarsi all’arte sotto la guida del pittore Domenico Bortoluzzi (friulano anche lui).
Ha coltivato fin da ragazzo la passione per la pittura. Ha frequentato inseguito l’istituto d’Arte di Acqui Terme, e perfezionato la sua preparazione artistica trasferendosi all’Accademia di Firenze, sotto la guida di Primo Conti, e passando successivamente in quella di Brera, dove ha compiuto gli studi laureandosi nel 1974; in questa sede ha avuto come maestri Ilario Rossi e Pompeo Borra. Da allora si è dedicato completamente alla pittura; ha esplorato tutte le tecniche con particolare predilezione per olio, acquarello e ceramica, ha esposto i suoi lavori in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.

Nella sua lunga carriera ha esposto in Italia (Savona, Genova, Bologna, Milano Venezia, Padova, Bari, Alba e, naturalmente, in molte località della valle Bormida) e all’estero (Parigi, Vienna, Istanbul, Efeso, Bruxelles, Sidney, Salvador de Bahia). Dicevo in apertura che da subito la sua pittura mi colpì sotto due punti di vista: la semplicità della pittura, per un verso, ed un richiamo ad una grande esperienza di un artista suo conterraneo, per altro verso. A mio sommesso parere, poesia e pittura si fondono in Gianni Pascoli che ama dipingere la vita semplice dei campi, le giornate agresti, il profumo della vita.
“Dipingo prevalentemente dal vero - ha precisato in passato il pittore in una sua intervista - in primavera amo cercare punti e soggetti del reale da ritrarre, specialmente i fiori con i loro colori e toni delicati (rose, bouganville, glicini), il mare, e, tutto ciò che mi suscita un’emozione particolare io fisso sulla tela. All’aria aperta trovo le condizioni adatte per dipingere e spesso le cose più belle nascono da pennellate istintive”.

I temi più cari a Gianni Pascoli, in particolare quelli sviluppati in questi ultimi anni, sono gli strumenti musicali, le auto d’epoca, le moto, e poi le figure femminili, il tutto ripreso di tempo in tempo in altrettanti cicli tematici che sembrano caratterizzare le sue stagioni, sempre inseriti in atmosfere un poco sognate ed un poco rivissute come in un ricordo, secondo un suo “modus operandi” che risponde la logica del mercato, ma le sue passioni.
Ciò che mi piace nelle sue opere, assieme alla poesia dei temi sviluppati, è il segno grafico, la pennellata vibrante: i suoi dipinti, - realizzati con la tecnica ad olio soprattutto ma anche all’acquarello - nascono dall’emozione e con gestualità immediata; con un uso sapiente e delicato del colore, mai aggressivo ma vivo e pieno di luce. Proprio queste caratteristiche, per il secondo aspetto, me lo accostano ad una certa stagione di un suo grande conterraneo qual è stato Luigi Spazzapan da cui non è certo suggestionato ma dal quale ha imparato le delicatezze cromatiche e tonali e la nervosità del gesto pittorico.

In Friuli Pascoli si reca spesso alla ricerca di soggetti ed ispirazione.
Personaggio schivo, vive la pittura come parte di sé ed in ciò si rispecchia la sua scelta di “essere” pittore senza la distrazione di altre professioni. Alla pittura, ed in anni recenti anche al restauro ed al recupero di testimonianze del passato, dedica tutto il suo impegno ma in tempi recenti ha preso parte a molte iniziative collettive tra cui la prestigiosa manifestazione nazionale “La Modella per l’arte”, in cui è stato l’unico pittore ligure presente tra i venti artisti selezionati in tutta Italia (nel 2012) e poi, poche settimane fa alla manifestazione “Passio et Ressurrectio” svoltasi ad Alba dal 14 marzo all’aprile scorsi. Nel 1999 è stato il “pittore del palio” ad Alba e nel contempo tenne una importantissima personale.

I quadri esposti sono rappresentativi dei molteplici soggetti su cui l’attenzione dì Pascoli sì sofferma a seconda dello stato d’animo: momenti del giorno che scorrono sul paesaggio, strumenti musicali che diventano simboli in composizioni metafisiche, figure femminili, scorci di mare, angoli di città, fiori e anche oggetti di uso comune, e al tempo stesso nobili, come i vecchi libri e le sedie abbandonate. Il tutto filtrato dalla sua sensibilità, tesa a scoprire e restituire una bellezza che non è mai di superficie ma ricorda l’incanto delle cose più vere e profonde, quasi un augurio di serenità.”è stato ancora scritto per lui ed è per questo che giudico questa rassegna di estremo interesse.
Carlo Morra

Inaugurazione 30 agosto alle 18

Galleria "Arianna Sartori",
via ippolito Nievo 10, Mantova.
Orario: dal lunedì al sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30.
Domenica 7 settembre 15.30-19.00. Chiuso festivi.
Ingresso libero.

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