SMALL ZINE Anno 3 Numero 10 aprile-giugno 2014
Riccardo Bonfadini
Il lavoro di Riccardo Bonfadini è fatto di un continuo gioco di rimandi fra l’apparenza fisica delle cose e l’appellativo che egli assegna loro e che diviene, a tutti gli effetti, un “testo descrittivo”. È nel racconto infatti che si compie la fruizione, com’è nell’idea che nasce e si evolve l’opera.
Quasi una semplice operazione matematica dunque, se all’oggetto-immagine sommiamo una componente testuale otterremo di sicuro una singolare narrazione.
Tracciare una storia a sé, e in ognuna scoprire quasi un micro-mondo in cui riconoscere, con il sorriso, il nostro quotidiano.
Attraverso un gioco di parole l’opera d’arte prende forma, e l’azione si svolge, per così dire, a partire dal titolo, in cui tutto si dilata senza staticità alcuna.
Per meglio comprendere: se ad una siringa aggiungiamo un omino con le valige nasce Vacanze sull’Ago. Per cui dall’incontro di due elementi, ne nasce un terzo, nuovo, inaspettato. La parte testuale acquista un significato diverso quando la si pronuncia. Come dire, si legge in un modo e si pensa in un altro.
Un fare a tratti pop, a tratti concettuale è ciò che caratterizza un mondo fatto di oggetti che l’artista scopre nel suo girovagare laddove la sua curiosità lo conduce a recuperare quanto è appartenuto alle nostre abitudini quotidiane, per il semplice fatto di averlo utilizzato e metabolizzato. Ad esempio nei lavori che appartengono al ciclo Urban Fossil, in cui a banali sacchetti di plastica che giornalmente vengono usati e “digeriti” l’artista fornisce una seconda possibilità di esistenza, nobilitandoli ad opera d’arte.
Ecco, non occorre andare lontano per rintracciare l’essenza del lavoro di Riccardo Bonfadini; scovare l’oggetto, metterlo da parte per poi sviluppare su di esso, e a partire da esso, un’idea, un progetto. Le piccole comunità di uomini e donne che vivono nei suoi lavori fanno sì che tutto cambi, rinasca, che non finisca, che riprenda a percorrere un nuovo ciclo vitale, un rinnovato percorso in avanti.
È tutto molto semplice, minimale, l’artista non aggiunge se non il minimo essenziale affinché una nuova storia possa compiersi, raccontandosi, per narrare ogni volta un pezzo di storia collettiva, riportando lo spettatore a rimembrare, ad andare a ritroso verso ciò che abbiamo fatto, visto o consumato.