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Inside Art Anno 7 Numero 63 marzo 2010



Shirin Neshat, il colore dell'Iran

Annarita Guidi

Donne senza uomini, esordio alla regia di Shirin Neshat: «Amo i film in cui le storie personali sono intrecciate alla politica»



The Living Art Magazine


SOMMARIO INSIDEART #63 MARZO 2010

Notizie
“Female cut”, l’altra metà del cielo di Giorgia Bernoni

Visto da
Femmine d’avanguardia di Ornella Mazzola

In cartellone
Expo mondo di Silvia Bonaventura
Expo Italia di Camilla Mozzetti

Primo piano
Arte & scienza, una strana storia d’amore di Maria Luisa Prete
Un sodalizio veggente di Gianluca Marziani
Una coppia dalla curiosità intelligente di Cristiana Perrella

Copertina
Francesca Leone, nel segno del padre di Camilla Mozzetti

Eventi & mostre
Arrivi e partenze Europa, mappe del contemporaneo di Silvia Novelli
Miart, a Milano l’arte parla latino di Silvia Moretti

Musei & gallerie
Palazzo del Governatore, un forziere milionario di Giulia Cavallaro
“The apartment”, movida contemporanea di Fabrizia Palomba

Vernissage
Le inaugurazioni in Italia di Silvia Bonaventura

Indirizzi d’arte
Le esposizioni in Italia di Maria Luisa Prete

Foto & video
Gli scatti da non perdere di Zoe Bellini
Orvieto fotografia, il benessere made in Cina di Giorgia Bernoni
Ara Gallant, uno sfrenato divismo di Zoe Bellini
William Cobbing, l’entropia irreversibile di Claudia Quintieri

Talenti
Sten e Lex, la street art in galleria di Giorgia Bernoni

Controstoria dell’arte
Il Trecento: l’oro, tra cielo e terra di Pablo Echaurren

Argomenti
Alta Roma, addosso solo l’eccesso di Giorgia Calò
Nicoletta Fiorucci: arte e moda, mondi paralleli di Tiziana Boldrini

Mercato & mercanti
Aste, rincuoranti battute di Elida Sergi
Kunstart, polo d’arte di Elida Sergi
Unpòporno
Boris Hoppek, dai graffiti alla vagina di Serena Savelli

Mipiacenonmipiace
Nostalgici di oblìo di Aldo Runfola

Formazione & lavoro
Asolo, sequenze d’artista di Alessia Cervio
Accademia Mediterranea, capolavori di Trinacria di Mattia Marzo

Architettura
Modostudio, oltre i limiti della ricerca di Simone Cosimi
Cod 09, lavori di squadra di Lucia Bosso

Metropolis
Lobster pot, la cucina dell’artista di Sophie Cnapelynck

Design & designer
Mauro Grifoni, il Marco Polo delle passerelle di Giulio Spacca
Esercizi di stile di Chiara Perazzoli
Allacciate i pensieri di Raffaella Rossetti

Letture & fumetti
Davide Longo, oltre il desolato niente di Maurizio Zuccari
Karel Thole, opere di fantascienza di Stefano Cosenz

Musica & visioni
Virginiana Miller, piccoli vangeli quotidiani di Simone Cosimi
Shirin Neshat, il colore dell’Iran di Annarita Guidi
Glauco Mauri, gli inganni degli uomini di Elena Mandolini

L’opera benedetta
Emma & Patrizia: wow! di Benedetta Geronzi
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Quattro cavalieri in cerca d’autore
Maurizio Zuccari
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Lunga vita alle pin up
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n. 90 ottobre 2012

La modernità come distacco
Félix Duque
n. 89 settembre 2012

L'estate che verrà
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n. 88 luglio-agosto 2012

Cultura:un manifesto per ripartire
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n. 85 aprile 2012

Mastromatteo. Il paesaggio in superficie
Maria Luisa Prete
n. 83 febbraio 2012


Shirin Neshat
Without Men

Dopo il Leone d’argento come migliore regia all’ultimo festival di Venezia, Shirin Neshat arriva nelle sale il 12 marzo con il suo primo film, Donne senza uomini. Tratta dall’omonimo romanzo di Shahrnush Parsipur, la pellicola parte dal golpe che, con l’appoggio dei servizi segreti statunitensi e inglesi, abbatte nel 1953 il governo democraticamente eletto, a vantaggio dello Scià di Persia.

Perché hai deciso di fare un film? È stato un bisogno legato a un particolare momento della tua vita o del tuo percorso artistico?
«Le mie installazioni e i miei video somigliavano sempre più a storie brevi. Restavano visivi e concettuali, ma mi sono resa conto che rispetto a questi lavori stavano sviluppando uno stile sempre più narrativo. Ho sempre amato il cinema. Lo ritengo un’arte completa perché integra la struttura narrativa con la fotografia, il teatro, la musica, la coreografia. Soprattutto, sono innamorata del modo in cui il cinema cattura un pubblico vasto: con il potere insito nel raccontare una storia. Allora mi sono chiesta se avrei osato fare questo passo, sfidare me stessa realizzando un film che avrebbe potuto essere distribuito nelle sale. Credo di aver sperimentato una certa frustrazione legata ai limiti dell’arte visiva, al suo essere confinata a un pubblico ristretto, elitario, educato alla storia dell’arte. Ancora più importante è il fatto che un’installazione video ha seri limiti distributivi, mentre un film può essere acquistato per pochi soldi in dvd. Ecco la fascinazione che mi ha spinto verso il cinema e il mio primo film: da una parte il linguaggio, dall’altra la natura democratica di questo mezzo».

La cultura occidentale ha influenzato le tue scelte di regia?
«Sì, assolutamente. Classici come Andrei Tarkovsky, Ingmar Bergman, Krzysztof Kieslowski, Akira Kurosawa sono stati delle grandi fonti di ispirazione, e potrei dire lo stesso anche di registi più giovani come Wong Kar Wai, Elia Suleiman, Lars von Trier. Amo i registi visionari, poetici. Amo ancora di più i film in cui le storie personali sono intrecciate con la realtà politica».

Una volta hai detto che l’estetica dei colori può essere sovversiva. In Donne senza uomini la fotografia, l’uso dei colori raccontano lo stato psicologico e la situazione sociale e politica vissuta dalle tue protagoniste. È il punto di contatto tra videoarte e cinema?
«Ho sempre pensato che l’uso del colore sia molto problematico, nella misura in cui è meraviglioso e seduttivo. E ho sempre amato il bianco e nero, lo ritengo più adatto alla severità dei temi che affronto nelle mie opere. Ma per questo film sapevo fin dall’inizio che ci sarebbero stati dei colori: particolari però, in qualche modo drenati, asciugati. Il film è ambientato negli anni ’50 e volevo creare un’impressione di antico. Del resto ho sempre amato le foto di quel periodo, colorate a mano. Anche per questo volevo ricreare delle immagini capaci di riportarmi a quella nostalgia. Inoltre, nel giardino in cui si ritrovano le donne il colore aiuta a catturare il carattere selvaggio della natura, creando un’atmosfera interessante dal punto di vista psicologico».