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Juliet Anno 27 Numero 135 dicembre 2007-gennaio 2008



Biennale di Praga 3

Boris Brollo

Intervista a Giancarlo Politi



Art magazine


Sommario
Dicembre 2007-Gennaio 2008, n. 135


* Copertina di Jan Knap

* Intervista a Jannis Kounellis di Luciano Marucci

* REPORTAGE da Lubiana, di Francesca Tavarado

* Intervista a Giancarlo Politi di Boris Brollo

* reportage da New York, a cura di Rosanna Boraso

* VENEZIA contemporanea, 3° puntata, di Francesca Agostinelli

* Giovanni Pulze, di Francesca Agostinelli

* Intervista sul cibo a Diego Pregarz, di R.Vidali

* Rubrica di Vegetali Ignoti

* Rubrica di Angelo Bianco
ecc., ecc.



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A Giancarlo Politi direttore della Biennale di Praga 3, offriamo l’occasione di spiegare il perché di una Biennale a Praga, nel cuore dell’Europa dei 21.

Una Biennale di questo tipo era davvero necessaria o si è trattato di uno sfizio personale? Che cosa la differenzia dalla Biennale di Atene o di Istanbul o di Venezia? È una ribalta utile? E se sì per quali investitori? È la solita Biennale a cui si va all’inaugurazione e poi resta materia morta per tre mesi, oppure c’è una presenza continua di pubblico? Vi sono presenze occidentali o il pubblico che vi gravita è soprattutto del versante balcanico?

In quanto alla necessità, parlando di arte, nulla è necessario, ma si sa che oggi viviamo solo per il superfluo. Soprattutto pensando a Venezia che ti impone fatiche massacranti per mostrarti il nulla facendoti credere che scopri tesori. Il “concepimento” della Biennale di Atene è avvenuto proprio a Praga due anni fa, quando il nostro amico Dakis Joannou, grande collezionista e mecenate (la sua Deste Foundation in Europa è seconda forse solo alla Fondazione Pinault) visitò Prague Biennale 2, restando affascinato da una grande rassegna low cost assolutamente nuova e da un allestimento minimale e razionale che rispettava al massimo tutte le opere presentate, a differenza di ciò che accade nelle tante biennali nel mondo. Quell’allestimento che tu consideri poco creativo, solo perché è fortemente razionale ed economico al massimo (grazie Getulio Alviani), peraltro è stato riconosciuto da tutti di grande efficacia nonché opera d’arte esso stesso. La differenza con Istanbul e Venezia la lascio all’osservatore attento, non vacanziero e con una reale cultura dell’arte contemporanea. In quanto al pubblico (dalle 300 alle 500 persone al giorno: un totale di circa 40mila visitatori, mai tanti in una rassegna contemporanea nella Repubblica Ceca) è in prevalenza dell’Europa Centrale (scusa, ma i Balcani sono altrove: Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Macedonia, Serbia e Montenegro, Kosovo: comunque ti assicuro che abbiamo avuto numerosi visitatori anche da questi paesi, al punto che ci hanno chiesto di riprendere la Biennale di Tirana, per focalizzarla appunto sui Balcani) e questo non è poco. Ma vi è una forte presenza di appassionati e professionisti dell’arte di tutta Europa e di altrove (circa il 35%). La nostra rassegna stampa è a disposizione di tutti, con ampi articoli anche sui quotidiani inglesi, tedeschi. La Biennale di Praga presenta 250 artisti che tra poco vedrai in giro per il mondo, come è successo con le precedenti edizioni e soprattutto con la Biennale di Tirana nel 2001, madre di tutte le giovani Biennali di oggi (che indicò per la primissima volta Wilhelm Sasnal, Tino Segal, Adrian Paci, Anri Sala, Gregor Schneider, Monika Sosnowska, ecc.: e scusa se è poco). Dunque non “materia morta per tre mesi” ma vivissima per quattro e anche tutto l’anno: con i numerosi input alla città e al paese, dibattiti, convegni, discussioni anche serrate, nonché le clonazioni che sta originando. Bisognerebbe vivere la città tutto l’anno per avvertire questi fermenti e questa spinta. Non ultima una sorta di Festival dell’arte che curiosamente ci scimmiotta con una sezione video affidata a una galleria di Catania con artisti locali. Altro che Vanessa Beecroft, Shirin Neshat e Marina Abramovic. E numerosi artisti della Repubblica Ceca e Slovacca, grazie alla nostra Biennale, hanno incrociato collezionisti occidentali e soprattutto musei e gallerie di forte rilevanza. Non è questo un risultato da inorgoglire? Oggi partecipare alla Biennale di Praga è diventato per ogni artista Ceco e Slovacco la maggiore aspettativa e il maggior motivo di orgoglio della sua carriera. Come per un artista italiano partecipare alla Biennale di Venezia o per un tedesco a Documenta.

L’incontro con la vecchia guardia artistica, che per altro a Praga è parzialmente documentata anche nei Musei Statali, com’è stato vissuto dal pubblico delle giovani generazioni? Che senso aveva questo confronto? Che senso aveva mettere la Beecroft e l’Abramovic con un video e niente più? Ha senso un allestimento così poco creativo e forse più vicino a una fiera d’arte che a una vera mostra d’arte?

Mi puoi indicare in quale museo statale hai visto queste cose? Lo comunicherò subito agli artisti cechi che da tempo aspettano una tale istituzione. In questo edizione, anche per ragioni di attualità, abbiamo voluto mostrare il Minimalismo Ceco e Slovacco che riteniamo essere stato uno dei rari momenti di confronto internazionale durante la cortina di ferro. Le proiezioni video di Marina Abramovic, Vanessa Beecroft, Shirin Neshat hanno voluto rappresentare un omaggio, accolto peraltro con grandissimo favore dal pubblico locale e no, a tre grandi protagoniste “cult” del nostro tempo. Abbiamo chiesto alle tre “ladies dell’arte” di presentarsi a Praga con il loro video più significativo. E il risultato di questo confronto ravvicinato, è stato affascinante. Anche per il suo allestimento veramente minimale. Naturalmente per chi ha sensibilità e cultura adeguate per avvertirlo.

Ho visto delle sezioni interamente al Femminile “Glocal Girls” sulla giovane fotografia ceca e “Macho Painter” risposta al femminile sulla predominanza maschile nell’arte tedesca...

Non pensi che la presenza femminile, oggi, nell’arte, nelle diverse e talvolta contradditorie declinazioni, sia fondamentale? Ebbene, Prague Biennale 3 ha voluto testimoniare questa condizione e necessità, che quasi sempre, nei paesi ex comunisti è stata sottovalutata.

Ho visto della buona pittura in “Expanded Painting”, è stata una ricerca difficile o vi è ancora una buona scuola pittorica all’Est?

Expanded Painting è un momento di attenta perlustrazione critica sulla pittura di tutto il mondo. Nel 2003 proponemmo un ampio panorama della pittura cinese e americana, nel 2005 una grande sezione tedesca e quest’anno un panorama europeo. Ma credo che la necessità di esplorazione (non solo sulla Romania, indubbiamente dopo la Germania e l’Inghilterra il paese europeo più fertile di bravi pittori) non sia ancora esaurita. Per questo continueremo anche nella prossima edizione la nostra esplorazione sulla pittura (dove speriamo di poter proporre una grande mostra dell’India di oggi, l’altro gigante dell’arte emergente dopo la Cina).
Ormai la Biennale di Praga si è caratterizzata come la sola grande rassegna internazionale che non osteggia la pittura, anzi. Ed ha contribuito a immettere nel circuito internazionale artisti e pittori oggi diventati protagonisti (Andro Wekua,?Dana Schutz, Mathias Weischer, Tal Ar, Eberhard Havekost, Matthew Ronsse, Michael Bauer, Pablo Bronstein, Ulla von Brande-burg, Victor Man, Josh Smith, ecc. Anche per questo (rispondo in parte alla prima domanda)?la Biennale?di Praga è diventata un importante e atteso appuntamento internazionale per molti appassionati di pittura di tutto il mondo.?In quale? altra Biennale o grande rassegna internazionale trovi un panorama pittorico così vasto e articolato e un così alto numero di artisti diventati poi protagonisti?

Mi è pure piaciuta la sezione “Refusing Exclusion” con quel loro bricolage artistico tipico degli anni Sessanta presente sia nella Celia Baker, ultraottantenne, sia neigiovanissimi Le Bas. Uno di loro era già stato nella tua Biennale sempre di Praga del 2005. Ce ne puoi parlare?

Da tempo mi occupo idealmente di artisti che impropriamente definisco “outsider”, e che un grande pittore, a cui sono stato molto vicino a lungo, Jean Dubuffet definì Art Brut. Sto anche cercando (invano sino ad ora) un eccellente conoscitore che ne scriva per Flash Art. Ritengo possa rappresentare una interessante alternativa alla pittura di superficie o petrarchesca tanto in voga in Italia. Questa sezione, sempre curata da James Colman, un appassionato inglese, era già presente nella scorsa edizione, destando curiosità e discussioni spesso molto accese.

Alcuni di costoro assieme ad altri artisti partecipanti alla tua Biennale erano presenti a quella di Venezia. Vi siete passati la palla con Storr, oppure è stata una coincidenza dovuta alla bravura degli artisti?

Gli stessi artisti e i galleristi che li rappresentano ci hanno confermato che alcuni di loro sono stati invitati a Venezia grazie alla loro presenza a Praga.

Tu hai avuto due anni per preparare la tua Biennale di Praga Storr ne ha avuti tre, chi ha fatto il lavoro migliore?

Ovviamente noi, non si discute. Anche perché noi disponevamo di un budget di 150 mila euro (di cui più di 100 mila impiegati nella realizzazione della struttura minimalista che l’ha caratterizzata e che a te è apparsa semplicista). Facile, anzi risibile, sarebbe per me organizzare una grande mostra con dieci o più milioni di euro. Più facile ma certamente meno intrigante e divertente. Oggi di Biennali che dispongono di un budget da cinque a cinquanta milioni di euro è pieno il mondo. Con i risultati che tutti conosciamo.

Non credi che a causa dei finanziamenti ridotti e della location decentrata della tua Biennale, la mostra “Hrubý Domácí Produkt”, alla City Gallery di Praga, con tutta una infilata di giovani autori di quel paese, con opere di grandi dimensioni ed esposte in maniera impeccabile, rischi di essere più utile e interessante della tua manifestazione?

Tu sei il solo osservatore che ha trovato questa mostra estiva, affrettata, senza catalogo e senza intenzione di lasciare traccia alcuna, esemplare. Inoltre: quante buone o discrete mostre di giovani artisti italiani abbiamo visto in Italia e magari anche nel tuo Triveneto? Ma una sezione autorevole alla Biennale di Venezia, sarebbe ben altra cosa. Lo stesso accade a Praga. E poi non dimentichiamo che tutte queste rassegne dedicate all’arte ceca, giovane e no, che oggi si possono vedere a Praga, sono nate dall’effetto Biennale, un vero “tsunami dell’arte” nella Repubblica Ceca e Slovacca. E come hai notato hanno anche scelto il nostro stesso periodo. Prima che nascesse la Biennale queste cose non succedevano. Tu mi sapresti dire cosa resterà di questa mostra, che tu trovi impeccabile, senza alcuna testimonianza cartacea, tra un mese o due? Il catalogo di Prague Biennale, assieme a quello di Tirana del 2001, fanno mostra nelle principali biblioteche d’arte e gallerie di tutto il mondo.?