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Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 17 Numero 183 novembre 2002



La biblioteca di Alessandria d'Egitto

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Veduta aerea della biblioteca d'Alessandria

Veduta del rivestimento in granito dell'edificio principale della biblioteca d'Alessandria

Veduta dell'esterno dell'edificio principale della biblioteca d'Alessandria

Punto di riferimento del sapere di tutto il mondo ellenistico, la biblioteca d'Alessandria scomparve in un incendio. Grazie anche all'Unesco, l'edificio rinasce oggi come un gioiello architettonico custode di milioni di libri, testimone della volontà del mondo arabo di rinnovare una tradizione culturale millenaria.

La mitica biblioteca di Alessandria risorge, dopo 1660 anni, con una nuova e straordinaria architettura. L'evento, che intende sottolineare la tradizione culturale del mondo arabo e la sua volontà di confronto pacifico con l'Occidente, si deve alla lungimiranza dei vertici politici egiziani. Ma forse tutto è nato da quella clamorosa gaffe fatta, nel lontano 1974, da uno dei meno amati fra i presidenti americani, Richard Nixon, che dopo aver firmato gli accordi da Camp David chiese di poter vedere la Bibliotheca Alexandrina!
A parte gli aneddoti, la storia con cui oggi deve confrontarsi la nuova biblioteca, dopo un lungo e non facile iter per la sua realizzazione, non è una storia qualunque.
Alessandria, splendido gioiello adagiato su quel "mare dai flutti infiniti" già cantato nell'Odissea, era il cuore del mondo ellenistico, uno dei centri più ricchi e fiorenti nel campo dell'attività artistica e scientifica.
La città voluta da Alessandro il Grande nasceva nel 332 a. C. su una stretta lingua di terra compresa tra il mar Mediterraneo e la palude Mareotide. L'impianto urbano impostato su un disegno ortogonale dall'architetto Dinocrate di Rodi lasciava emergere alcune architetture di rilievo. Il faro, una delle "sette meraviglie del mondo", era il punto di riferimento per i navigatori.
La città custodiva all'epoca dei Tolomei (Tolomeo I era l'erede di Alessandro) uno dei più antichi tesori del sapere umano.
La biblioteca, come spiega bene Luciano Canfora nel volume La biblioteca scomparsa (Palermo 1986), era il fulcro centrale del museo, il luogo degli studiosi consacrati alle Muse, che raccoglieva intorno a sé illustri scienziati e ricercatori provenienti da tutto il mondo.
La storia della sua scomparsa è rimasta velata dal mistero dei suoi incendi e trasmessa a noi attraverso fonti più o meno attendibili, in un'atmosfera quasi leggendaria.
Oggi, dalle ceneri di questa antica tradizione, vuole rinascere il mito della cultura che si apre alla conoscenza.
L'idea di costituire una nuova istituzione, memore del museo tolemaico, prende avvio da alcuni studiosi dell'Università di Alessandria. Il risultato si deve all'impegno finanziario del governo egiziano con il sostegno di numerosi paesi (Italia compresa) e con la partecipazione dell'Unesco. Un progetto non certo facile, per la vastità dell'operazione economica e del programma culturale, il cui obiettivo consiste nell'acquisizione di quattro milioni di libri (la "portata" della biblioteca con alcune modifiche può essere addirittura raddoppiata) e nella raccolta dei preziosi manoscritti e documenti facenti parte delle antiche collezioni egiziane.
Per incarnare pienamente lo spirito del suo glorioso passato e, nello stesso tempo, cogliere la sfida della modernità, la nuova biblioteca si propone come un centro per la diffusione della cultura su scala mondiale, attraverso lo scambio con altre realtà e la creazione di un catalogo virtuale interamente consultabile in rete. La gestione di questo immenso patrimonio e il lavoro di digitalizzazione dei pregiati materiali costituirà una fase molto delicata e impegnativa(*).

IL CONCORSO E IL PROGETTO

Il concorso per la Bibliotheca Alexandrina viene bandito nel 1989. Vi partecipano oltre cinquecento gruppi di progettazione, con una giuria composta da grandi nomi dell'architettura internazionale come quelli del giapponese Fumihiko Maki e dell'indiano Charles Correa.
A vincere il concorso è il gruppo Snøhetta, uno studio di giovane formazione costituito da architetti norvegesi, americani e australiani, che si distingue con un progetto molto ambizioso e dalla forte carica simbolica.
La raccolta dei fondi necessari per la costruzione si rivela molto onerosa e difficile. Il cantiere apre infatti soltanto nel 1995 e la biblioteca viene terminata nel 2002.
L'edificio è un enorme corpo cilindrico sezionato, inclinato di sedici gradi verso il mare, la cui forma, omaggio al dio Ra, sembra la metafora di un sole nascente sul mare della cultura.
La biblioteca si staglia al termine della lunga Corniche che disegna il lungomare e si presenta con la sua imponenza quale nuovo porto - culturale - del Mediterraneo.
Il corpo monolitico dell'edificio principale, che nel punto più alto raggiunge i trentadue metri, è rivestito in granito grezzo e su di esso sono incisi ideogrammi tratti dagli alfabeti antichi e moderni di tutte le lingue del mondo. Frutto della collaborazione con l'artista egiziano Jorun Sanne, questo grande muro tatuato lungo cinquecento metri, che si inclina fino ad arenarsi nel suolo, è un raffinato esempio di quella ricerca architettonica contemporanea tutta orientata verso lo studio dei materiali di rivestimento e della facciata come filtro di comunicazione. I pannelli sono realizzati con l'utilizzo di una pietra locale, il granito grigio di Assuan, tagliato in sottili lastre di un metro per due.
La struttura in acciaio che organizza l'intero diametro della copertura è composta da una fitta trama di schermi in alluminio realizzati con dei tagli diagonali per accogliere al proprio interno uno speciale doppio vetro antiriflesso, in grado di proteggere dalle radiazioni solari e controllare la luce all'interno.
Questo disco riflettente che, come racconta Craig Dikers (uno dei fondatori di Snøhetta), ha l'aspetto di un microchip portato a scala gigante, si contrappone per il carattere altamente tecnologico alla parte invece fortemente tettonica in cemento armato e pietra.
Negli 85.000 metri quadrati del complesso trovano spazio, oltre ai servizi necessari per il funzionamento della biblioteca, un istituto per la conservazione e il restauro dei libri, una biblioteca per l'infanzia, un museo della scienza e una scuola d'informatica.
La sala di lettura è un unico ampio ambiente, articolato in sette livelli terrazzati, per una capienza complessiva di duemila posti.
La percezione dei volumi interni è generata dagli effetti che la luce naturale, filtrata dall'alto anche attraverso vetri colorati (blu e verdi), crea sulle superfici lignee e in bronzo acidato delle pareti.
Sostenuta dagli alti fusti cementizi delle colonne, culminanti con capitelli stilizzati, questo "deposito" della cultura è un ambiente particolarmente suggestivo che raggiunge l'intimità e il raccoglimento consoni a un luogo di studio. Le grandi scaffalature aperte che scandiscono lo spazio e l'arredo appositamente disegnato contribuiscono a creare il calore dell'interno.
Infine, in questo progetto, firmato da Snøhetta con la collaborazione dell'architetto e ingegnere egiziano Mamdouh Hamza, ha una notevole importanza il disegno degli spazi pubblici aperti.
Uno specchio d'acqua con piante di papiro circonda l'edificio e una grande piazza lo lega alle altre strutture: un centro conferenze per 1600 persone (struttura preesistente) e un planetario a sfera che di notte si illumina in modo spettacolare grazie a sottili lame di luce.
La biblioteca costituisce il limite costruito dell'ultimo lembo di terra che si consegna al mare e intrattiene con il contesto urbano della città di Alessandria un rapporto molto stretto. Una passerella aerea collega l'edificio della biblioteca direttamente con l'ingresso della sede dell'Università di Alessandria a significare una volontà di scambio culturale fra le due importanti istituzioni.
Siamo ai margini dell'area collinare di Chatby, caratterizzata fin dai primi anni del Novecento dall'insediamento delle scuole multietniche, fiore all'occhiello dell'Alessandria moderna, molte delle quali trasformate oggi in edifici del campus universitario. Tra queste opere emergono quelle realizzate dagli architetti italiani a testimonianza della forte presenza in questa città della comunità italiana fino alla vigilia della seconda guerra mondiale. Sul lungomare, poco distante dalla biblioteca, spicca il volume in mattoni dell'Ospizio marino "Alessandro Manzoni", costruito da Giacomo Alessandro Loira nel 1940 e oggi sede del rettorato dell'Università.
Quello della nuova Bibliotheca Alexandrina è dunque un progetto significativo e dalle forti implicazioni sociali, che nel suo essere insieme emblema della contemporaneità e rinascita di un archetipo millenario, assume la valenza di un ponte gettato tra passato e futuro.
Riuscirà la nuova biblioteca a misurarsi con il prestigio dell'antica "casa dei libri" di Alessandria?