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Juliet Anno 20 Numero 106 febbraio 2002



Centro e periferia

Valerio Deho'



Art magazine
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Kunsthalle di Krems

foto di Martin Geier

Castello di Rivoli

La diffusione della cultura contemporanea passa anche attraverso la sua distribuzione sul territorio. Non solo le grandi città diventano centri di interesse internazionale e forse non è un caso che Rivoli e Prato siano le due principali esperienze di arte contemporanea in Italia, certamente vicine ai grandi centri, ma con una loro piena autonomia. Ad esempio, quello che sta accadendo nella provincia di Bolzano, è una situazione che può portare a sviluppi importanti, anche in relazione a quello che accadrà a Rovereto con la prossima apertura del MART. Si ha l'impressione che una via storica di collegamento tra il centro e il sud dell'Europa, il Brennero, allarghi la sua influenza dal campo economico a quello culturale. Allora un nuovo spazio per l'arte e la cultura contemporanea come il nuovo e molto bello Kunsthaus Merano Arte, diventa l'occasione per una verifica di quanto sta accadendo e per qualche proiezione su quello che ancora potrà accadere.
La mostra con cui si è inaugurato la nuova galleria nel centro di Merano è estremamente significativa delle proposizioni che vogliono essere affermate della nuova istituzione museale italiana: sviluppare la ricerca di relazioni trasversali nelle arti figurative, proporre artisti contemporanei magari più conosciuti in area tedesca, scambiare esperienze europee. Merano in tutto questo ha una vocazione storica e non a caso la mostra "Arte e benessere" (Kunst und Kur) ha voluto riallacciarsi alla caratteristica locale dedita alla soggiorno termale, al turismo, alla cura del corpo (e di conseguenza della mente). Andrea Domesle ha sviluppato un'idea di Carl Aigner, direttore della Kunsthalle di Krems in Austria, e ha raccolto un centinaio di opere dall'impressionismo fino ai giorni nostri. In un certo senso l'en plain air favorisce le scene di riposo, di diletto. Il lavoro appartiene, tranne che nelle civiltà contadine, agli spazi chiusi. Ma forse vi è anche un aspetto provocatorio in tutto questo, basti pensare a Courbet che con Le bagnanti suscita un vespaio di polemiche per i nudi e per il relativo turbamento morale.
L'esposizione, distribuita sui quattro piani del Kunsthaus (diretto da Herta Torggler) sintetizza un clima di fiducia nel progresso, nel concetto di un benessere che si diffonde fino a diventare una sorta di schiavitù collettiva. Certamente dagli idilli impressionistici di un Renoir alla massificazione dei vacanzieri ben rappresentata da Massimo Vitali il passo è enorme. Ma d'altra parte trascorre più di un secolo tra le due opere d'arte. E la mostra offre motivi di interesse anche stridenti perché proporre Mel Ramos accanto a Picasso o Max Beckmann accanto a Helmut Newton può anche sorprendere, ma è anche questa la storia dell'arte. Una performance di Matthias Schönweger ha anche ironizzato sul ruolo dell'artista e sul rapporto con la modella invertendo i ruoli con tanto di vasca, acqua calda, spugne kitsch e bellezza (molto apprezzata) al bagno.
L'attività del Kunsthaus, gestito dall'associazione artFORUM, è stata possibile per il grande impegno dell'associazione e grazie al sostegno Sparkasse che ha offerto anche l'edificio. I locali sono stati ristrutturati dagli architetti Klotzner e prevede nel 2002 un'esposizione europea con cadenza biennale dal titolo Eurovision, che sarà dedicata al tema della genetica e delle manipolazioni del DNA in questa prima edizione. La biennale vuole documentare l'arte postmediale, l'arte che discende dai modelli percettivi generati dai nuovi media, indipendentemente dalle tecniche che poi gli artisti effettivamente adoperano per realizzare le opere. E anche questa manifestazione si inserisce in un'ottica di relazione per porre la galleria meranese all'interno di una rete di relazioni internazionali. La filosofia di questo nuovo e affascinante spazio è questa in chiara sintonia con la vocazione della città e di quanto avviene nell'arte internazionale. D'altra parte Merano si inserisce in un contesto regionale di grande vivacità e interesse. La Galleria Civica di Bolzano, "Museion", con un giovane ma esperto direttore come Andreas Hapkemayer, si appresta tra qualche anno a inaugurare una sede appositamente realizzata dopo un concorso internazionale. La sua attività finora l'ha caratterizzata anche per delle proposte giovani e di qualità massimamente sviluppate sul rapporto con un gallerista come Massimo De Carlo, ma anche sulla proposizione di artisti già storicizzati. È chiaro che qualsiasi istituzione di questo tipo debba avere un occhio di riguardo per gli artisti locali. L'importante è non fare del localismo o dell'assistenzialismo che all'arte fa sempre male. Inoltre a pochi chilometri da Bolzano e da Merano si sta per inaugurare il MART da cui si attendono meraviglie date le premesse. È già interessante che sia stato arruolato un critico di spessore come Giorgio Verzotti ben rodato dall'esperienza a Rivoli. E in questo quadro positivo s'inserisce anche la nomina a direttore della Civica di Trento di Fabio Cavallucci, che ha esperienza di lavori analitici e proficui su con realtà territoriali complesse e idee chiare di programmazione.
Per questo c'è da aspettarsi che il Brennero porterà aria di novità nell'asfittico sistema artistico italiano, anche se per i curatori e direttori non sarà facile tenere a bada i soliti appetiti e le solite invidie. Le premesse ci sono e sarebbe salutare perché non si muovono grandi cose in giro ed è sempre vero che l'asse Trentino-Alto Adige Germania può condurre a innesti importanti e a relazioni decisive. A fronte di una situazione economica invidiabile, c'è da dire che la mentalità della provincia è sempre stata orientata sul protezionismo locale. La stessa politica di acquisizioni, privilegiando gli artisti della zona, ha negli anni generato un mercato locale completamente avulso da qualsiasi contesto italiano e internazionale. Questo fattore ha drogato la domanda e l'offerta, impedendo poi di fatto agli artisti di uscire dalle loro rispettive oasi. L'aiuto si è rivelato quindi un boomerang e un fattore di ulteriore isolamento. Non a caso l'elenco di artisti che si sono spostati dal luogo di origine trovando fortuna all'estero, dal Gilbert della celebre coppia inglese fino a Rudolf Stingel che ormai vive a New York, conferma la necessità del confronto. Molti artisti si spostano magari in un raggio minore, ma comunque importante, basti pensare a Monaco di Baviera in cui artisti come Jakob De Chirico operano ormai da anni. Perché certamente è un dato di fatto che la provincia di Bolzano continua a produrre artisti importanti che spesso si affermano a livello internazionale (basta citare Walter Niedermayer che è certamente uno dei fotografi più conosciuti in questo momento, oppure Elisabeth Holzl, Arnold Dall'O, Marcello Jori). Del resto il rapporto di certi luoghi con l'elemento naturale spesso viene sottolineato non soltanto dagli stessi artisti con i loro lavori, ma anche da iniziative estremamente coraggiose, e voglio segnalarne una particolarmente interessante avviata da un giovane architetto oltre che assessore Martin Dreier nel paese di Lagundo, nei pressi di Merano, che consiste in un work in progress in cui agli artisti contemporanei invitati viene fatto realizzare un sasso da una pietra pregiata della zona. Il risultato che sta venendo fuori è quella di un gigantesco "allineamento" in mezzo alle alpi. Qualcosa di simile alle lunghe file di menhir bretoni di Carnach, per esempio. Steinzeit, iniziativa a cui collabora anche l'artista Jakob De Chirico, è il segnale che la presenza dell'arte contemporanea comincia ad affermarsi anche nei centri minori e con iniziative che nascono dall'iniziativa di singoli.
La tendenza barometrica volge quindi al bello, e il lavoro non manca. Inoltre, l'arte contemporanea può servire a far superare i problemi (sempre più storici) di bilinguismo e di doppia cultura italiana e tedesca su cui è articolata la politica nella provincia bolzanina. Il Kunsthaus è una struttura mista che parla una lingua internazionale e vuole essere un segnale anche di mediazioni con le realtà produttive ed economiche locali. Oltre la Spakasse/Cassa di Risparmio che sostiene in larga parte l'attività, l'Alto Adige ha risorse economiche imponenti che si stanno timidamente avvicinando alla cultura contemporanea. Ma l'attenzione sta salendo anche grazie a giovani amministratori portatori di idee innovative e di prospettive di sviluppo e non di mantenimento come Antonio Lampis, capo ripartizione della cultura italiana a Bolzano. Il sistema dell'arte si sta consolidando e la parola d'ordine è collaborazione. Non ci sono alternative, se non si vuole che la responsabilità delle nuove proposte ricada per intero sulle spalle delle gallerie private, come per molti hanno ci ha insegnato l'attività espositiva dello Studio Raffaelli di Trento. L'impressione è che di tutto questo se ne dovrà riparlare.
Valerio Deho'