Nella maggior parte delle opere Bianchi individua un nucleo centrale, una sorta di baricentro, segnalato da maggiore incisivita' del segno o intensita' del colore o addirittura da un elemento aggettante. Il problema centrale e' la luce, ma fondamentale diventa il procedimento di costruzione e la metodologia usata per produrre una distanza tra opera e autore.
Personale
Gli esordi di Domenico Bianchi si collocano alla fine degli anni Settanta (Ugo
Ferranti, Fine Arts Building, New York, maggio 1977). Il primo mezzo scelto
evidenzia quell’aspetto di leggerezza che percorre tutta l’opera: l’acquarello
permette di leggere in filigrana la struttura dell’opera. Bianchi mantiene questa
capacità di mettere in trasparenza la struttura formale del quadro anche attraverso
altri materiali e strumenti: la stratificazione delle cere, la sottrazione delle
xilografie. Il problema centrale è la luce, ma fondamentale diventa il procedimento
di costruzione e la metodologia usata per produrre una distanza tra l’opera e il suo
autore. Bianchi utilizza sempre nel lavoro una logica intrinseca rispetto a materia
e forma usate, come anche rispetto al procedimento e alla collocazione.
Le lastrine
formato standard di cera si fanno vere e proprie pietre da costruzione atte a
“murare” il quadro secondo la tecnica dell’intarsio che determina disciplin
a, rigore e lentezza di elaborazione. Deve quasi sembrare che l’opera si sia fatta
da sé, devono sparire le tracce dell’autore. “Sebbene i suoi quadri appaiano lenti
e attentamente studiati nell’impostazione, neppure minimamente impulsivi, sono
molto appassionati. La passione risiede nell’atteggiamento che l’artista assume
verso l’oggetto pittorico: è un oggetto estremamente prezioso, sacro quasi come una
Madonna, un oggetto che l’artista realizza con delicata perizia, lavorando
lentamente la superficie della cera o del legno con la pazienza di un orafo” scrive
Rudi Fuchs che prosegue “L’opera di Bianchi è perciò fortemente solenne.
La sua
qualità risiede nella sua misura, nel suo evitare l’irruenza”. Nella maggior parte
delle opere Bianchi individua un nucleo centrale, una sorta di baricentro,
segnalato da maggiore incisività del segno o intensità del colore o addirittura da
un elemento aggettante. In questo caso Bianchi ha lavorato appositamente per lo
spazio della G
alleria Cardi. La disposizione risponde a un preciso progetto. Sulla grande parete
entrando a sinistra una serie unica: sei grandi quadri a cera bianca e palladio;
un’opera che accosta cera bianca e cera grigia (come se i bagliori del palladio si
fossero attutiti verso un diverso stato del colore, quello dell’opacità); una cera
nera con l’interno bianco. Una “famiglia” di lavori realizzata con il materiale
più tipico dell’artista: la malleabile cera, ma attraverso declinazioni differenti.
La forma circolare che si accampa al centro si è complicata, fino a raggiungere
cinque sovrapposizioni. La parete destra è invece occupata da una composizione
organizzata secondo uno schema verticale: delle ventuno piccole opere circa la metà
sono legni incisi con la tecnica di una matrice da xilografia. L’artista aveva già
fatto xilografie in copia unica, in questo caso invece rimane solo la matrice. In
alcuni legni incisi come un colpo di luce si inserisce l’argento. Gli altri
piccoli
lavori sono in cera gialla o nera con l’interno giallo, nero o bianco.
Al piano di
sopra un clima più rarefatto riporta alla leggerezza dei primi lavori di Bianchi.
Come ali degli angeli di Piero della Francesca gli acquarelli si accostano per
scelte cromatiche. Ogni quadro è una struttura, un oggetto e ancor più
un’architettura, sia nel caso dei più “duri” di legno, che in quello dei più
pittorici a cera. Semplici elementi su cui la luce disegna.
opening 31 maggio h.19
Galleria Cardi & Co.
Corso di Porta Nuova, 38 - Milano
Orari: lu - sab 10:30 - 13:30 e 15:30 - 19:30
Ingresso libero