Museo di arte moderna e contemporanea - MART
Rovereto (TN)
corso Bettini, 43
0464 438887 FAX 0464 430827
WEB
Il Laboratorio delle Idee
dal 29/4/2004 al 20/11/2004
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Segnalato da

Luca Melchionna




 
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29/4/2004

Il Laboratorio delle Idee

Museo di arte moderna e contemporanea - MART, Rovereto (TN)

Figure e immagini del '900. Nuovo allestimento della collezione permanente


comunicato stampa

Il nuovo allestimento della collezione permanente del Mart

A cura di: Gabriella Belli
Coordinamento: Nicoletta Boschiero

Dal 30 aprile, il Mart propone un nuovo percorso tra le opere scelte della sua collezione permanente e alcuni documenti chiave dei suoi archivi. Dopo Le stanze dell'Arte, in cui i principali capolavori del Mart intrecciavano un dialogo serrato con opere prestate dai massimi musei internazionali; dopo In viaggio con le Muse, che ha offerto una rilettura affascinante, attraverso il Novecento, di alcune opere cruciali della collezione; dopo la recente esposizione di 70 opere selezionatissime, tra le oltre 9000 del patrimonio del Mart, centrate sul ristretto periodo che va dal prefuturismo ai primi anni '30, ora, attraverso oltre 240 opere selezionate da Gabriella Belli - con il coordinamento di Nicoletta Boschiero - si suggeriscono spunti di riflessione e una nuova chiave di lettura della collezione permanente, offrendo nello stesso tempo al pubblico l'occasione di ammirare lavori fino ad ora mai esposti.
Il nuovo percorso - che condurrà il visitatore fino all'Arte Povera degli anni '60 e '70 e che dell'importante collezione Panza offrirà, questa volta, una lettura ''al femminile'', proponendo opere per la maggior parte di artiste donne - muove dal Futurismo e da quel genio poetico di acuta intelligenza che fu Tommaso Marinetti: sperimentatore ante litteram dei più ricercati metodi della comunicazione di massa, raffinato persuasore delle menti più vivaci che il nuovo secolo stava forgiando nel campo dell'arte.
I pittori futuristi della prima ora, quelli che si unirono attorno a Marinetti, già dal 1910, firmatari del Manifesto del 1910 e del successivo Manifesto Tecnico, furono Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, Balla. Mentre Romolo Romani e Aroldo Bonzagni dopo una prima adesione si ritirarono.
In quest'ambito, l'attenzione del Mart s'incentra soprattutto sul Manifesto della Ricostruzione Futurista dell'Universo, redatto da Balla e Depero nel 1915, sotto la supervisione di Marinetti, nel quale i due artisti dichiarano l'obiettivo di realizzare una ''fusione totale per ricostruire l'Universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente...'' e teorizzano, dunque, l'allargamento dell'estetica futurista dall'arte alla vita.
In particolare, l'esposizione intende commentare da vicino la rivoluzione tipografica di questi anni, poiché il futurismo interviene drasticamente sulla concezione linguistica e tipografica della scrittura.
Se già infatti i cubisti Picasso e Braque, nel 1912, sperimentano con i papier collé l'inserimento sulla tela di oggetti di varia natura, soprattutto fogli di giornale o lettere, più radicale è il contributo dei futuristi, che muove dal concetto della visione simultanea di Boccioni. S'inseriscono nella composizione parole o giochi di lettering, che portano ad una concentrazione simultanea all'interno del quadro di visioni multiple del paesaggio urbano in movimento, ma anche ad una percezione sinestetica di suoni, rumori e odori, del tutto assente nella sperimentazione cubista.
Quindi, le ricerche nell'ambito teatrale. Gli anni compresi tra il 1916 e il 1918 sono anni importanti per gli artisti futuristi che vivono a Roma: Balla, Prampolini e Depero, protagonisti del movimento dopo la morte tragica di Boccioni (1916), proprio a Roma trovano nuovi ambiti di sperimentazione delle teorie della Ricostruzione futurista dell'Universo.
Importantissima è l'amicizia con Sergeij Diaghilev, l'impresario dei Balletti Russi, che, in quel torno di tempo, si era stabilito nella capitale romana con il suo entourage di artisti, da Larionov alla Goncharova, da Bakst a Benois, alla Exter, al già famoso Picasso, che nel 1917 raggiunge a Roma Diaghilev per concertare il programma di Parade, il balletto per il quale Depero cucirà i costumi dei Managers.
Il teatro diventa il palcoscenico ideale per le nuove ricerche.

Nel 1917 Depero progetta, grazie al prezioso aiuto dell'amico Gilbert Clavel, vicino all'entourage di Diaghilev e Cocteau, il ''teatro plastico'', in linea con i principi della teatralità globale futurista. Lo spettacolo I Balli plastici di Depero, è una favola meccanica interpretata da marionette mosse da fili, che si svolge in cinque azioni mimico-musicali. La scenografia e le fantastiche marionette di legno, che sostituiscono nella nuova concezione sceno-plastica l'attore tradizionale, sono realizzate da Depero e animate dalla compagnia marionettistica Gorni dell'Acqua, diretta dal celebre Podrecca.
A questo punto l'esposizione mette a confronto le ''analogie plastiche'', nate dal lavoro di Balla sulla scia della Ricostruzione dell'Universo futurista, e il ''sintetismo cubo–futurista'' cui giunge Roberto Iras Baldessari, influenzato soprattutto dalla vicinanza di Ardengo Soffici: la sua pittura è un interessante esempio di quella preziosa fronda del futurismo, che si confronta a Firenze, proprio grazie ai contatti internazionali di Soffici, direttamente con il cubismo e l'orfismo francese, ma anche con la migliore ricerca dei cubo-futuristi russi, di Alexandra Exter in particolare. In opere come Primavera (1917), La femme nue (1918) il linguaggio di Baldessari si colloca in una posizione intermedia tra l'applicazione dei principi boccioniani e una ricerca più vicina al cubismo sintetico picassiano. Linee-forza, simultaneità della visione, dinamismo plastico appaiono nelle sue opere sotto il costante controllo di una prioritaria necessità di costruzione formale, che al suo attivo ha non solo l'esperienza francese ma anche la memoria della grande lezione cézanniana.
Gli anni Venti segnano il passaggio dal futurismo al Novecento con l'affermazione della poetica meccanicistica
Depero, Prampolini, Diulgeroff sono tra i fautori del nuovo corso dell'estetica futurista, che in quegli anni si confronta con ricerche analoghe dell'avanguardia internazionale, da quelle dei puristi Jeannaret e Ozenfant, a quelle di Léger e Gleizes, a quelle, infine dei suprematisti russi.
In linea con queste teorie, ma più radicale nella messa a fuoco di una nuova simbologia cosmica, la ricerca di Enrico Prampolini, che dipinge ''quadri aerei, staccandosi da ogni nostalgia terrestre per raggiungere universi fino ad allora sconosciuti, in pieno dramma cosmico''.
Eccoci quindi al gruppo ''Novecento'' che, costituitosi nel 1922 a Milano sotto l'egida della critica d'arte Margherita Sarfatti, riuniva pittori provenienti da movimenti artistici diversi che esposero insieme per la prima volta alla galleria Pesaro di Milano. Denominati in seguito i Sette Pittori del Novecento, essi erano i futuristi Sironi, Dudreville, Funi e i secessionisti ed espressionisti Bucci, Oppi, Marussig e Malerba. A questo nucleo iniziale si unirono in seguito - alla Biennale di Venezia del 1924, dove il gruppo era stato ufficialmente riconosciuto come ''Novecento Italiano'' - Casorati, e Tozzi, più vicini alle esperienze del Realismo Magico.
Il percorso tra le opere della collezione permanente concentra quindi l'attenzione su tre straordinari artisti, di cui il Mart vanta autentici capolavori, e a ciascuno di essi è dedicata una sala: dai paesaggi urbani di Sironi al colloquio metafisico di Melotti, alle nature morte di Morandi.
Giungiamo quindi agli anni Trenta, quando a Milano Peppino Ghiringhelli accoglie nella Galleria del Milione opere di Klee, Kandinsky, Gris, Arp, artisti astratti che si pongono come meta un nuovo linguaggio artistico universale. A quegli artisti si aggiunge l'esile, ma agguerrita compagine degli astrattisti italiani: Osvaldo Licini, Alberto Magnelli, Fausto Melotti, Bruno Munari e Lucio Fontana. Sono anni di grande creatività.
La geometria e la matematica vengono celebrate contro ogni forma di espressività soggettiva. Nel 1935 Carlo Belli attraverso il libro Kn (''l'hevangile de l'art dit abstrait'', come ebbe a definirlo Kandinsky) propone una nuova estetica: ''K'' indica gli intrecci della forma con il colore e ''n'' il numero indeterminato delle loro infinite combinazioni. Il dono della misura, il saper valutare le cose con distacco e imperturbabile serenità, lontano da ogni monopolio culturale favorirà, secondo la teoria di Belli, il cambiamento della cultura italiana, facendo dell'Italia un paese davvero europeo.

Nel secondo dopoguerra il clima creativo, in Italia come in tutta Europa, esprime con la forza di un imperativo morale il trauma che il conflitto ha generato nella coscienza di tutti. La pittura che più profondamente vuole testimoniare questo sentimento rinuncia alla forma definita e si fa tramite immediato della gestualità dell'artista. Tra i protagonisti dell'arte italiana del secondo dopoguerra, Fontana e Burri indicano due diversi sviluppi della pittura nel senso del suo rinnovamento radicale. Da un lato la poetica dello spazio, dall'altro quella della materia.
I Concetti spaziali di Fontana chiamano in causa, ad un tempo lo spazio come dimensione reale, quella che intravediamo oltre i tagli e gli squarci inferti alla tela o ad altre materie, e lo spazio come dimensione cosmica, trascendente. Lo spazio allora diventa un altrove che assume connotazioni puramente concettuali, come i titoli delle opere avvertono.
Burri invece adotta le materie del mondo reale, dai sacchi di juta ai ferri, ai fogli di plastica, che esprimono nella messa in forma dell'opera tutta la loro autonoma forza espressiva. I ''cretti'' in particolare manifestano una loro morfologia nell'azione della materia che si fende essiccandosi, in un processo temporale che determina l'aspetto finale del quadro e che si compie indipendentemente dalla volontà dell'artista.
E giungiamo così agli anni Cinquanta e Sessanta: momento di grande vitalità sperimentale in ambito artistico che genera, negli Stati Uniti, movimenti come il New-dada. In seno a questa poetica, artisti come Rauschenberg, Jim Dine e Jasper Johns trasformano il quadro in un assemblaggio di elementi eterogenei: il piano pittorico si apre e si articola nello spazio, ad accogliere non solo immagini preesistenti ma anche oggetti reali, scelti fra i più comuni della vita quotidiana, dalle bottiglie di Coca-cola ai tubi delle stufe. Per colmo di ironia, Johns arriva a fondere in bronzo, nel 1960, due lattine di birra con l'etichetta debitamente dipinta.
Di lì a poco la Pop Art americana – il fenomeno più importante nell'arte figurativa degli anni '60 - adotta i mezzi espressivi della cultura di massa e ne interpreta i temi o i miti con atteggiamento disincantato, che a volte li ironizza e a volte ne amplifica gli innegabili effetti di suggestione. Gli artisti stessi provengono da professioni strettamente inerenti all'industria culturale: Warhol era stato un designer di scarpe, Rosenquist aveva esperienza di cartellonistica pubblicitaria, Lichtenstein era stato vetrinista, Oldenburg grafico, Wesselmann disegnatore di fumetti.
Siamo alle battute finali del ''viaggio'' proposto, con la cosiddetta Minimal Art e Antiform, presentata attraverso le opere di Robert Morris e Bruce Nauman, e con l'Arte Povera, termine creato dal critico Germano Celant per definire il lavoro di artisti italiani che, al pari dei loro colleghi internazionali, intendono rifondare i linguaggi dell'arte adottando materiali non appartenenti alla tradizione, siano essi naturali o di produzione industriale: i legni di recupero e il ferro di Kounellis, le fascine e il mastice di Merz, il granito di Anselmo, il cuoio di Zorio, il legno smaltato di Boetti, la luce al neon di Calzolari, ma anche i calchi spezzati di statue classiche di Paolini.
La sperimentazione proseguirà anche tra gli anni Sessanta e Settanta, rintracciabile nelle più diverse tendenze e con l'uso espressivo di materiali ''non artistici'', come nei lavori di Salvatore Scarpitta.
Si chiude l'excursus con la collezione Panza della quale vengono focalizzati i lavori di artisti come Roni Horn e Max Cole.

Mart
Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto
Corso Bettini, 43 38068 Rovereto (Tn)
call center 800 – 397760 (numero verde)

Orari
martedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica 10.00 – 18.00
venerdì 10.00 – 21
lunedì chiuso

Biglietti
Intero 8 euro Ridotto 5 euro

Luca Melchionna Mart – Ufficio stampa tel 0464 454127
Antonella Lacchin Villaggio Globale International tel 041 5904893

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