Sinfolus. Tre sono gli elementi costitutivi presenti nelle tele dell'artista: colore, musica e luce, che egli fonde nelle sue opere in distribuzione equanime. La musica, che diviene parte integrante nell'opera, puo' anche esserne parte determinante. A cura di Giuseppe Bilotta.
E’ uno stato di grazia, di sincera commozione, di particolare ebbrezza (dionisiaca)
in cui si trova Calibé, quando intuisce una forma nuova di bellezza nella sua pittura?
E’ esattamente così. Anche questa volta è riuscito a crearla e a rappresentarla
nelle sue tele. Partito da un presupposto importante che consiste nel chiarire
l’equivoco tra bello e piacevole, fa rilevare che il piacere stanca, la bellezza mai.
Chiarificazione determinante che tende,con uno spirito di natura superiore, a
limitare (se non negare) il valore di una fredda costruzione cerebralistica e formale.
Tale superiorità, che sostanzia e informa l’arte di Calibé, le conferisce una speciale
vibrazione commossa e intensa che non viene mai meno e puntualmente sorprende
per l’alta cifra di spiritualità e modernità che la caratterizza. L’inedito ciclo di opere
in mostra negli accoglienti locali del MA di Ilia Tufano lo conferma. Per far capire
l’importanza di quanto affermiamo, in fatto di innovatività estetica, esaminiamo
il metodo compositivo (ammirevole) adottato da Calibé. Tre sono gli elementi
costitutivi presenti nelle sue tele: colore, musica e luce. Partendo dalla musica egli
ne sfata il ruolo di essere con la poesia e la danza, arte di movimento, in
contrapposizione alle arti statiche (pittura, scultura, architettura). In tali arti,
quando è presente, non è vero che può rendere solo un accenno di dinamismo e
di scarsa partecipazione. Calibé dimostra il contrario: fonde, mirabilmente, in
distribuzione equanime, i tre elementi accennati. La musica diviene parte integrante
nell’opera, ma può anche essere, a tutti gli effetti, determinante, tenendo conto
che essa è l’arte ideale per eccellenza.
Più in generale, l’arte è la fusione dell’idea con la forma; anzi, nell’espressione
artistica, l’idea e la forma si identificano: proprio come avviene per l’idea di bellezza
e di musica che scaturiscono dalla luce, che “l‘uomo accende a se stesso nella
notte” secondo Eraclito, dalla lux di cui parlano Lucrezio e Parmenide nei loro poemi
e dalla perdita della “luce superiore” annunciata da Hans Sedlmayr, nel suo libro,
La morte della luce, Rusconi, Milano, 1970.
Nelle due opere - acrilici - di formato più grande (cm 160x160) rispetto alle altre
(cm 80x100), Lus e Sinfolus, in nome della bellezza, si contendono il primato.
Sinfolus è la tela che presenta una coppia che vive in simbiosi: palpitante musicalità
e solare luminosità. La loro coesistenza è così visibilmente armoniosa ed emozionante
che non esce più dagli occhi del ricordo del fruitore.
Lo stesso dicasi per Lus che rappresenta l’incarnazione della bellezza vagheggiata.
Il suo volto, splendidamente effigiato, ad occhi chiusi, è profondamente assorto
nell’ascolto di intimi suoni. Tale espressione accresce il suo fascino e la sua
misteriosità, capaci di imporsi nell’universo di tutte le culture del mondo. Che,
forse, è già indicato in Cosmolus, serie di tre oli che per composizione e splendore
di toni- da pietre azzurre e blu, rosa e rosse, bianche e translucide d’aspetto
lattiginoso- seducono come mappe stagionali e stelle più luminose sia del cielo
australe, sia del cielo boreale.
Se così, il genio di Calibé, sub specie lucis, appartiene, forse, più per elezione che
per tradizione, alla cosmogonia della luce che assegna al disegno divino
l’origine di un corpo superiore di bellezza rispetto ad un corpo inferiore di una
bellezza più complessa e materiale, ma entrambi originati dalla luce pura: species
et perfectio corporum omnium est lux. Tali idee, nel XIII secolo, si ritrovano nella
Perspectiva di Witelo, che afferma: “ L’azione divina si esplica nel mondo per il
tramite della luce. Le sostanze inferiori ricevono da quelle superiori la luce derivata
dalla fonte della divina bontà”. Sulla luce molto si è scritto e si continua a scrivere.
La sua fenomenologia attrae e affascina architetti, filosofi, poeti, pittori e anche
il nostro amico che con la creazione di queste opere- che colpiscono per la loro
finezza nei colori e nei ritmi- compie un ulteriore passo avanti, come Klee, verso
il centro della perfezione. - Giuseppe Bilotta
Hanno scritto
A. Barucco, E. Battarra, G. Bilotta, V. Corbi, A. Fraia, G. Gargiulo, G. Grassi, A. Izzo, M. Izzolino,
R. Pinto, U. Piscopo, C. Pollio Oliviero, Grazia A. Tadolini, M. L. Trevisan.
Mostre personali
1987-Galleria L’Ariete, Napoli. 1991-Contemporanea Galleria Montepulciano (SI). 1984-Centro
Culturale Collectif 125, Parigi. 1995-Multimediale MAAT Studio, Montepulciano (SI). 1996-Galleria
La Fayette, San Giorgio a Cremano (NA). 1998-Foyer Teatro Bellini, Napoli. 1998-Sala Conferenze
dei Padri Domenicani di San Pietro Martire-Napoli. 2000 Villa Campolieto, Ercolano (NA). 2001-
Villa Bruno, San Giorgio a Cremano (NA). 2002-Istituto Francese “Grenoble”, Napoli. 2003-Mulino
Pacifico, Benevento. 2005-Sala Accoglienza, Palazzo Reale, Napoli. 2005-Castel dell’Ovo, Napoli.
2007-Villa Vannucchi, San Giorgio a Cremano (NA). 2009-Sabina Albano, Napoli. 2010-Movimento
Aperto, Napoli.
Giustino Calibè è nato a Napoli (2 - 5 - 1950) risiede in San Giorgio a Cremano, Via Antonio Gramsci,
38 - Tel. 081 487287. Lo studio è in Via Pessina, 18 - Villa Leone.
Immagine: Senza titolo, acrilico su tela, 160x160, 2009
Inaugurazione venerdì 12 Novembre ore 18:00
Movimento Aperto
via Duomo 290, Napoli
Orari: lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 17,00 alle ore 19,00, giovedì ore 10,30 - 12,30 e su appuntamento.
Ingresso libero