Attraversare le contingenze allargando le prospettive

06/12/2013
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Voglia di '68 ?

Una riflessione a più voci intorno alla necessità diffusa, in particolare tra le generazioni più giovani, di riaffermare una centralità dell'impegno e della valenza politica del lavoro artistico. Avviato e curato da Ermanno Cristini, il dibattito procede con Chiara Pergola, artista che ha iniziato il proprio percorso manipolando libri filosofici e politici dei propri genitori che furono tra i fondatori di Potere Operaio. Qui ci parla di "esprit d'escalier" ma anche di Azione e reazione...



Split screen: chief executive / Richard Artschwager




Thomas Demand, Rolltreppe/ Escalator, 2000. 35mm film, colour, Dolby SR sound, 2 min © Thomas Demand/Bild-Kunst, Bonn. Licensed by Viscopy, Sydney




Thomas Demand, Treppenhaus / Staircase, 1995, C-Print / Diasec, 150 x 118 cm © Thomas Demand, VG Bild-Kunst, Bonn 2009




Thomas Demand, Landing, 2006. Chromogenic colour print on paper with Diasec, ed. 1/6 | Purchased 2008 © Thomas Demand 2006/VG Bild-Kunst. Licensed by Viscopy, Sydney, 2010




AZIONE E REAZIONE

Quando sono andata a vedere la ricostruzione della mostra When Attitudes Become Form (alla Fondazione Prada di Venezia), mi sono fermata per tre volte davanti al documentario dell’epoca con le interviste agli artisti presenti in mostra.
La ragione della mia insistenza era che volevo assolutamente riuscire a fermare in uno scatto fotografico il frame del video in cui Richard Artschwager pronuncia le seguenti parole “...to enter in the competition”.
L’atteggiamento composto e la sua gestualità mi ricordavano infatti moltissimo quella del Chief Executive Officer di una multinazionale per cui ho lavorato diversi anni, a cui ho sentito pronunciare le stesse parole un considerevole numero di volte.

Coincidenze? Certo, ma non a caso. Non deve sfuggire e non sfuggiva nemmeno allora, che lo sponsor era proprio una multinazionale del tabacco, la Philip Morris, che inaugurava così una pratica di finanziamento che ci è familiare.

Mi sono domandata quali attitudini siano oggi divenute quale forma.
Per rispondere trovo utile immaginare la prosecuzione del filmato come in uno split-screen, alla ricerca del punto di contatto tra i due personaggi: l’artista di allora e il manager di oggi.
Da un lato dello schermo c’è l’energia propulsiva sprigionata dalla rottura dei confini, che si è manifestata nelle pratiche artistiche processuali, nell'happening, nell’inclusione di porzioni sempre più ampie di realtà, nel rapporto – per dirlo ormai con uno slogan – tra arte e vita. Un tale processo, una volta intrapreso, dovrebbe condurre alla fatidica “fine dell’arte”, ma sicuramente non vediamo finire gli artisti, che anzi sono in numero crescente.

Comincia però a manifestarsi un nuovo canone, che risulta ora dominante: il professionismo, cioè l’attitudine progettuale finalizzata al conseguimento di obiettivi. E infatti sul mercato ci sono artisti “emerging”, “mid career” o “established”, proprio come si dice di un’impresa.
L’arte, si direbbe dunque, non è scomparsa, è una libera professione. Ma cosa è una “libera professione”?

Guardo l’altro lato dello schermo: il cambiamento avvenuto all'interno dell’arte ha avuto un contrappunto nel mondo del lavoro. L’analogia tra le pratiche artistiche e la ricerca industriale evocata dal presidente della Philip Morris nel ’69 non è una cosa astratta ( 1 ). Cade progressivamente l’idea di tempo libero separato dal tempo di lavoro; l’organizzazione per processi, la messa in produzione della creatività e dei sentimenti, fino alla caduta del confine tra pubblico e privato, sono tratti caratteristici dell’epoca post-industriale ( 2 ).

Si potrebbe dire in un certo senso che è stata la performatività a caratterizzare il passaggio dagli anni ‘70 ad oggi – un termine che può essere impiegato in diversi ambiti, ma che in definitiva rimanda all’insieme dei processi e delle attività che portano alla realizzazione di una forma. Per-formance, quindi, in senso eminentemente pro-duttivo.

Non riesco a farmi troppe illusioni su questo: gli artisti, con le loro differenti attitudini, hanno certamente perseguito in tutti i tempi, rispetto ad una forma risultante, una fuga o la legittimazione a fare altro. Ma sul fatto che l’arte, cioè la forma in quanto tale, sia mai uscita da un “sistema” ho forti dubbi. La coscienza stessa della reiterazione di questo processo, genera oggi un disincanto che rischia di essere paralizzante.
Disincanto ben condensato nella frase “esprit d’escalier”, la sensazione di avere il futuro alle spalle, che dà anche il titolo ad una nota opera di Thomas Demand ( 3 ).

In questo gioco di azione e reazione, non è possibile dire una volta per tutte quali attitudini siano conservatrici e quali rivoluzionarie, e nemmeno se augurarsi le une o le altre. Guardando alla cosa “in generale” non è possibile pensare ad un’azione sensata. Qualunque cosa possiamo fare, la Storia ci dice che verrà riassorbita. Ma non possiamo neanche fermarci, e restiamo presi in una specie di gorgo.
Si sa che da un vortice si può uscire solo abbandonandosi in qualche modo alla corrente, assecondandone il momento, finché, con un lievissimo slittamento di lato, non si riesce ad imboccare una direzione tangenziale: l’istante che precede il cambiamento coincide con una sorta di raccoglimento.
Rientrare in sé stessi: detto questo il discorso può proseguire solo in prima persona e non ho alcuna pretesa che possa essere valido anche per altri.

Può darsi, faccio questa ipotesi, che resista dietro al “professionismo” – sia fuori o dentro l’arte – l’aspirazione ad un mestiere non alienato e non alienante rispetto al proprio desiderio; ma è importante non alienarlo, appunto. L’alienazione del manager è nel distacco dalle cose. Allora, partendo da me e senza nulla togliere al desiderio altrui, se dovessi ora indicare quale urgenza avverto, ecco, è questa: vorrei poter pensare, fermarmi sulle cose, esplorarle visivamente e dare tempo alla ricerca senza essere tagliata fuori dal gioco sociale.

Socializzare è importante, certo, e può essere anche piacevole, ma l’ascolto è qualcosa che si impara; forse alcuni di noi hanno imparato a sentire anche la musicalità di una conversazione fra amici. Ma per percepire una conversazione come musica non basta conversare, bisogna anche conoscere e fare altre cose e bisogna che prima di tutto queste cose ci siano e trovino spazio.
Questo è senza dubbio più semplice per chi si trova a disposizione mezzi economici e platee. Ma dobbiamo domandarci anche quali sono le condizioni materiali in cui si produce l’arte per la maggior parte degli attori coinvolti; non sempre è data la disponibilità di mezzi per accedere ad un livello di formalizzazione platealmente riconoscibile, cioè di evidente valore economico; questo tipo di visibilità si produce all’interno di contesti che non sono certamente alla portata di tutti.
Si può accedere attraverso un percorso “professionale”, appunto, ma a parte l’opacità delle declinazioni con cui si è importato nell’arte questo modello ideato in altri settori, vi è contemplata la possibilità di un rapporto “libero”?

Il mio sospetto è che l’illibertà del fare contemporaneo passi al di là delle intenzioni (o delle vendite) e che allontani un numero crescente di persone, non solo dall’arte, ma dal desiderio di pensare.

Per questo e per non tradire la vocazione trasformativa delle esperienze che oggi ritrovo “gettate a terra” come insignificanti reliquie, – ma forse proprio per questo ancora scandalose – sento l’urgenza di riappropriarmi del valore di ciò di cui dispongo direttamente.
Forse è ancora possibile, a partire da frammenti “poveri”, articolare altri termini di qualità e ricostruire una grammatica efficace per comunicare e ricordare anche semplicemente questo: che stabilire un rapporto significativo con le cose è difficile e richiede lavoro, ma questa possibilità, che ci rende contemporaneamente autori e spettatori, contiene piacere e deve restare aperta per tutti, in ogni situazione.

Chiara Pergola


Questo testo è parte del dibattito Voglia di '68? avviato da Ermanno Cristini sulle pagine di UnDo.Net a cui, nel corso di alcuni mesi, contribuiranno artisti e curatori.

La prima puntata con Ermanno Cristini

La terza puntata con Alessandro Castiglioni e Jacopo Rinaldi

La quarta puntata con Francesca Mangion

La quinta puntata con Lorenzo Baldi

La sesta puntata con Andrea Nacciarriti

Chiara Pergola, artista, ha iniziato il proprio percorso manipolando libri filosofici e politici della propria famiglia, attiva nelle lotte del'68 italiano. La riflessione sulle modalità di sommersione delle energie e del pensiero di quegli anni, forma il filo conduttore della sua pratica artistica, che scartando il piano tematico e manifesto, si pone come implicitamente politica. Espone inmusei, istituzioni, spazi di ricerca, tra cui Museo d'Arte Moderna di Bologna (Autoritratti, 2013; Musée de l'OHM, 2010), Museo di Arte Contemporanea Villa Croce (Cartabianca, 2012), Galleria Civica di Modena (Pagine da un bestiario fantastico, 2010; sCulture, 2008), Musei Civici di Imola (Area d'Azione, 2008), Centro Internazionale per l'Arte Contemporanea (Dissertare/Disertare, 2006). Ha fatto parte dal 2006 al 2009 della redazione allargata di Via Dogana, rivista di pratica politica della Libreria delle Donne di Milano, e partecipa sotto la sigla X/? a fiere ed eventi editoriali.

Note

1) "As businessmen in tune with our times, we at Philip Morris are committed to support the experimental - writes John A. Murphy, the company's European president, asserting that his company experimented with new methods and materials in a way fully comparable to the Conceptual artists in the exhibition”. Rif. in Birnbaum, Daniel. Artforum International, Vol. 43, No. 10.
2) Confini che si dissolvono nella forma della privatizzazione del pubblico nei processi politici e della pubblicazione del privato nei processi produttivi, mentre ciò che aveva caratterizzato la democrazia occidentale in epoca industriale è la politica come dimensione pubblica, ed il processo produttivo come impresa privata.
3) Thomas Demand è anche l’artista che ha progettato con Rem Koolhaas lo spazio espositivo per il re-enactment della mostra When Attitudes Become Form.

Riferimenti: questo articolo è anche una risposta indiretta a cose pubblicate di recente da Luca Bertolo, Anna Valeria Borsari, Massimo Marchetti, Francesca Pasini e che possono essere lette ai link sotto riportati. Poiché non ho molta fiducia nella costruzione di senso che può derivare dai commenti su blog, ma credo fermamente all’importanza di dare attenzione reciproca ai nostri discorsi, ho preferito citarli in questo modo.

Luca Bertolo. La stella-sole. Altre note sulla 55ma Biennale di Venezia
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=40700&IDCategoria=244

Anna Valeria Borsari. La trasgressione apparente
http://www.arteperchi.org/la-trasgressione-apparente/

Massimo Marchetti. Sedizioni allo Studio Cloud 4
http://atpdiary.com/sedizioni-studio-cloud-4/

Francesca Pasini. L'arte per ricchi, o per ricchi e poveri
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCategoria=244&IDNotizia=41120


Come per tutti gli artisti, su UnDo.Net trovi lo storico di tutte le mostre di Chiara Pergola