Attraversare le contingenze allargando le prospettive

21/06/2013
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Libri d'artista

Mostre, festival, fiere, negli ultimi anni si moltiplicano gli eventi dedicati al libro d'artista.
Forse in un momento in cui la carta sembra in "pericolo" si sente già nostalgia per il libro come lo si conosce dai tempi di Gutenberg. Forse le tecnologie digitali hanno aperto nuove prospettive e fatto emergere nuove potenzialita'.
Questi ed altri argomenti nelle opinioni di Giorgio Maffei, Christoph Schifferli e Claudio Palmigiano, tre importanti esperti e collezionisti di libri d'artista.



Franco Vaccari, Esposizione in tempo reale num. 4: Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio (dettaglio), 1972 © Franco Vaccari




Enrico Baj, The Biggest Art-Book in the World, Milano, Gabriele Mazzotta Editore, 1968. cm 34 x 25 x 8




Anselm Kiefer, The Shape of Ancient Thought, 2012, Photographs – 26 double pages + cover & back, 55x55x8 cm




Alighiero Boetti - Classifying, the thousand longest rivers in the world - 1977 © Giorgio Maffei




Giuseppe Penone, Svolgere la propria pelle, Torino, Sperone, 1971. cm.22x21




Bruno Munari, Libro illeggibile bianco e rosso, 1953, Collezione Consolandi




Ed Ruscha, Twentysix Gasoline Stations, 1963, National Excelsior Press (particolare)




Andy Warhol, Flash, 1963. Collezione Consolandi




Stefano Arienti, Pinocchio, Milano, Arienti, 2006 - cm 34x24x1




Fortunato Depero, Depero futurista, 1927




Emilio Isgrò, La Costituzione cancellata, 2010-2011 nella mostra "La Costituzione Cancellata, Rappresentazione di un crimine", alla Galleria Boxart di Verona




Damien Hirst, I Want to Spend the Rest of My Life, 1997. Collezione Consolandi




Jes Petersen [Piero Manzoni], Piero Manzoni life and works, Verlag Petersen Presse, Flensburg/Glücksburg 1963




“Collezionismo ed editoria: che cosa vuol dire collezionare libri?” è il titolo della conferenza tenutasi durante il MIA Fair di Milano lo scorso maggio. I tre esperti hanno dialogato tra loro e risposto ad alcune domande poste da 3/3 (Comitato Scientifico MIA). Quello che segue è un estratto dei loro interventi; a cura di Marco Bosio

Claudio Palmigiano: Io faccio parte di Acacia, un'associazione di appassionati e collezionisti di arte contemporanea. Nel corso della Biennale di Venezia presenteremo una collezione di opere che verrà donata a un museo di Milano.
La mostra sarà allestita all’interno del Museo di Storia Naturale accanto ad animali impagliati, diorami, ecc, quindi si è cercato di trovare opere che possano essere contestualizzate in un ambiente condizionato da voci diverse. Oggi bisogna essere essere pronti a qualsiasi scenario. Quando un’artista ti dice che uno spazio espositivo “è un po’ difficile”, storco il naso perché credo sia interessante che una mostra sia ideata non solo in white cubes ma anche in ambienti particolari; è una sfida.

Il libro d’artista è un qualcosa che permette di isolarsi. Un problema grosso che non so come sia possibile risolvere è quello della fruizione in mostra di un libro d’artista, un’opera d’arte in forma di libro fatta da un’artista. All’interno del libro ci sono dei tesori, dovrei dunque avere la possibilità di sfogliarlo pagina per pagina. Vedere una mostra di libri ma non poterli vedere completamente mi crea delle difficoltà...

Giorgio Maffei: Mi occupo di libri da anni con varie etichette: collezionista, bibliografo, mercante... Viste le differenti modalità con cui da tempo mi avvicino al libro potrei essere facilmente definito un esperto sul tema. Eppure io non so che cosa sia un libro d’artista. Proprio perché me ne occupo da tanto, mi è sempre più chiaro come questa materia sia sfuggente, come questo tentativo, a volte ingenuo, di imbrigliare il libro d’artista in categorie, in modalità, in griglie estetiche rigide, finisca per sfuggire poi da tutte le parti e il tentativo di classificarlo fallisca.

Quando ero più giovane e rigido di idee - e come tutti i giovani tendevo ad avere pensieri prepotenti che volevo affermare - pensavo che il libro fosse quella cosa fatta esclusivamente dall’artista, senza nessun tipo di ingerenza da parte di un critico, che l'artista dovesse avere assoluta libertà di progettazione e di costruzione e che questo non dovesse avere nulla a che fare con l’occasione di una mostra o di un evento. Pensavo che il libro d'artista dovesse essere un’opera d’arte autonoma, equivalente al quadro, alla scultura o all’installazione.
Tutto questo continua ad essere vero però fatalmente si inceppa a fronte di fantastici esempi della storia dell’arte in cui il libro d’artista sfugge anche a queste regole eppure continua ad essere un magnifico straordinario oggetto come opera d’arte.

Per esempio “Esposizione in tempo reale” di Franco Vaccari, giusto per citare un episodio della storia dell’arte del secondo 900, che cos’è? Un libro d’artista? Lo è in modo assolutamente rappresentativo. A dimostrazione che c’è qualcosa che non funziona nel tentativo di inquadrare il libro d'artista in categorie rigide e spesso ingenuamente schematiche.

Una certa interessante critica ha portato a pensare che esistesse una serie di buoni libri nati nei primi cinquant’anni del 900 ma che poi si consolidasse questo nuovo oggetto come se venisse alla luce in una precisa data, il 1963, e con un preciso artista, l'americano Ed Ruscha, che creò il pilastro della storia del libro d'artista: Twentysix Gasoline Stations.

Tutto questo continua ad essere vero. Dico solo: cosa ne facciamo di tutti quei libri che dall’avanguardia storica in poi hanno in qualche modo preparato la strada? Dei grandi libri futuristi che contengono tutti gli elementi di visualità e di artisticità che sfuggono a letteratura o poesia per diventare opera d’arte intera a tutti gli effetti? Pensiamo a “Jazz” di Henri Matisse che l'artista si è disegnato e costruito da solo.
Non sarà un libro d’artista ma ci sono trent'anni di scarto. E' troppo facile pensare che tutto sia partito da un dato momento in avanti. Certamente agli inizi degli anni Sessanta, con lo straordinario lavoro di Ed Ruscha si consolidò una teoria sul libro d’artista. Da allora il libro cominciò ad incrociare in modo più preciso gli avvenimenti artistici contemporanei.

In quegli anni il libro cominciò ad utilizzare l’elemento fotografico. Anche se è troppo facile fare un libro con delle belle foto stampate. Questo è quello che i fotografi avevano fatto fino a quel momento, il photo book, ma che non c’entrava nulla con il libro d’artista. Negli anni in cui emerge il libro d’artista entrano in campo gli artisti; già perché i fotografi non sono artisti?
C'è una bella confusione, cerchiamo di distinguerli senza offendere nessuno. Ed Ruscha, per partire dal nostro esempio, utilizzò la fotografia per costruire un libro. Girando in automobile per una strada in California fotografò 26 stazioni di servizio.
Poi impaginò le fotografie in un libretto di piccolo formato, dandogli una veste grafica di copertina originale, usando una tipografia molto riconoscibile, ma nulla di stravolgente rispetto a quello che era stato fatto fino a quel momento.
Ebbene quel libro lo fece stampare ma non da un grande tipografo, perché non gliene importava nulla che il libro fosse di alta qualità: probabilmente c’è un elemento di novità nell'uso cheap dell’immagine.
Fece stampare il libro in 400 copie e fin da subito si accorse di avere commesso un errore perché le copie assomigliavano molto a quel libro prezioso, tirato in un modesto numero di esemplari, appartenente alla storia precedente del libro. Diventava una conseguenza di quel prodotto artistico, figlio del livre de peintre alla francese, in cui esisteva l'edizione del bravo tipografo e del bravo editore.
Tanto gli sembrò grave l’errore che lo fece ristampare immediatamente in 3000 copie per ottenere il senso del suo lavoro: portare l’opera d'arte a un più alto numero di persone e nei suoi sogni poter vendere il libro a un dollaro e mezzo. Poi non è andata esattamente così... Adesso i libri di Ruscha costano molte migliaia di euro, ma questa è un’altra storia.

Claudio Palmigiano: Un paio di stime. L'8 marzo scorso un “Twentysix Gasoline Stations”, insieme ad altri otto libri di Rusha, è stato venduto a un'asta di Christie's al prezzo di 25mila euro.
Nella stessa asta un libro su piombo di Anselm Kiefer è stato venduto per 230.500 dollari, la valutazione di un’opera d’arte importante...

Poi il testimone passa a Christoph Schifferli che racconta come si è interessato al libro d'artista e alle nuove sperimentazioni digitali...

Christoph Schifferli: Negli anni Ottanta ho cominciato a collezionare le classiche fotografie del dopoguerra, volevo imparare qualcosa sulla storia della fotografia, per questo ho comprato alcune monografie. Con il tempo mi sono reso conto che esistevano due tipi di libri fotografici: quelli sui fotografi e altri fatti dai fotografi, dove tutto il processo di produzione era spesso pensato in funzione di una pubblicazione.
In quegli anni erano poche le occasioni per mostrare il libro in galleria, l’unica possibilità di raggiungere il pubblico era appunto la pubblicazione.
Appassionatomi al libro creato dai fotografi, a un certo punto mi sono accorto di avere in collezione dei libri che non erano né uno né l’altro. Spesso le fotografie all'interno non erano nemmeno dell’artista che aveva pubblicato il libro.

Libri nei quali le fotografie non erano manifestamente pubblicate per la mostra ma usate in funzione del libro stesso. Uno dei primi artisti che mi ha colpito è stato chiaramente Ed Ruscha, un altro è Hans-Peter Feldmann, che ha pubblicato dei libretti di pochi centimetri fatti a mano, poi esposti su dei tavoli, a disposizione della gente che poteva prenderli e portarseli a casa.
Non erano oggetti pregiati, si celebrava il non pregiato del libro che doveva essere anche in quel caso una cosa effimera. Vi racconto un aneddoto riguardante Ruscha, da noi tutti considerato uno degli iniziatori del libro d'artista.
Qualche anno dopo “Twentysix Gasoline Stations” pubblicò “Nine Swimming Pools”, una collana che aveva lo stesso formato e spessore. Erano oggetti fatti in serie con nuove fotografie. Ruscha aveva inserito per due terzi del libro delle pagine bianche, perché gli importava più dell’oggetto in sé che del bel libro stampato. In una intervista, quando gli chiesero come mai non si occupasse di scultura, rispose che i suoi libri erano le sue sculture. Il libro d'artista è un oggetto per certi versi misterioso.

3/3: Come ti relazioni alle nuove tecnologie? Cosa vedi in questa nuova dimensione dell’ibooks? La casa editrice Mack Books ha da poco lanciato una serie di libri per ipad, che hanno una interattività più o meno elevata. Cosa significa questo per un collezionista? In una tua intervista hai parlato di una rinascita del libro d’artista negli anni Novanta. Cioè?

Christoph Schifferli: Sul digitale non vorrei soffermarmi troppo perché non so quale direzione stia prendendo. Credo che nessuno lo sappia davvero. Forse noi siamo già troppo vecchi, ci piace ancora molto la materialità del libro d’artista tradizionale. Questa fisicità è un fattore importantissimo per quasi tutti gli artisti che si occupano di libri.
Come collezionista ritengo sia un privilegio poter raccogliere non solo qualcosa di storico, ma anche un'applicazione digitale di giovani artisti o di contemporanei. Ci sono autori eccezionali come Richard Prince, uno dei più attenti al libro, poi Wolfgang Tillmans, Barbara Kruger, Damien Hirst...
Sono tutti artisti che oltre ad avere pubblicato un gran numero di libri d'artista, si sono interessati ad esplorarne le possibilità artistiche.
Quando vedo un libro d'artista che mi interessa e non lo capisco, di solito chiedo all’artista che quasi sempre riesce a chiarirmi le idee.
Secondo un me c'è un nuovo spirito di ricerca nei libri dagli anni Novanta in poi, che è ancora molto vivo negli anni Duemila.

3/3: Non vi siete dedicati solo a collezionare ma anche ad approfondire e diffondere i vostri interessi, in particolare Giorgio Maffei. Come ti è venuta voglia di scrivere il tuo primo libro sul libro d’artista?

Giorgio Maffei: E’ il tentativo di colmare un vuoto. Quando ho cominciato ad occuparmene esisteva veramente molto poco. Si può ricordare Germano Celant, per fare un nome, che tra i primi al mondo si è occupato del tema e ha scritto un saggio, oggi pieno di incongruenze e che non condivido. Il critico d’arte affronta il tema del libro cercando di penetrare significati e contenuti, io, che critico non sono, cerco di ricostruire delle storie editoriali.

La domanda che ci si può porre è per quale motivo gli artisti hanno fatto libri che poi non vendevano eppure in cui hanno profuso energie. A volte si impiega più tempo a costruire un libro che si sviluppa per 180 pagine piuttosto che a dipingere la piccola tela che vale 10.000 volte di più. Eppure se tutti lo hanno sempre fatto un motivo ci sarà. Quello che non riusciamo a spiegarci è perché le istituzioni non se ne siano mai accorte.
Quando parli di libri d’artista, i musei pensano sia un fatto marginale alla storia dell’arte, mentre il libro è una storia parallela molto precisa. I libri d'artista accompagnano le poetiche, le differenze, le continue trasformazioni del pensare l’arte. Lo fanno in modo assolutamente costante, cambia solamente il mezzo.

Dagli anni Novanta in poi c’è stata una rinascita del libro d’artista, dopo la pausa degli anni Ottanta. Finita quella stagione, il libro è tornato ad essere una presenza costante nel lavoro degli artisti. Si introducono le nuove tecnologie, la possibilità di lavorare a un libro in modo autonomo, in modo assolutamente indipendente rispetto a prima. L'artista è ora in grado di pensarlo, disegnarlo, stamparlo e distribuirlo.
Salta tutti i personaggi tipici del mondo dell’editoria, cambia il rapporto diretto tra l’attore e il suo pubblico e questo lo rende un oggetto di una vivida presenza nel mondo dell’arte contemporanea.
Il problema è trovarli questi libri. In Italia non ci sono, o sono pochissimi.
Esistono anche fenomeni editoriali legati al libro d’artista. Uno tra tutti nasce dal mondo della moda. La stilista francese Agnès B ha attivato, ormai da dieci anni, una straordinaria collana di libri d’artista chiamando a gestirla Christian Boltanski e Hans-Ulrich Obrist. La collana esiste tutt'oggi, ha la caratteristica di avere una unitarietà di formato e una periodicità occasionale.
Sono stati coinvolti molti artisti importanti, ma il fatto straordinario è che i libri non sono venduti ma sono messi a disposizione agli ingressi dei musei e possono essere presi e portati via liberamente, addirittura facendone richiesta vengono spediti gratuitamente a casa.

3/3: Non credi che la funzione inibente della teca sia uno degli ostacoli maggiori?

Giorgio Maffei: Non è vero, anzi è il contrario. C’è un elemento di curiosità che naturalmente si scatena nel non visto e non toccato. Poi è chiaro che sentiamo il bisogno di conoscere come in un rapporto d’amore, che vorremmo metterci mano. Ma non è quando ci mettiamo le mani che ci innamoriamo, ma con gli occhi. L'impossibilità di avere un approccio immediato, tangibile, fisico potrebbe aiutare, lasciandoci prendere da un meccanismo un po’ perverso, a capire la vera natura dell’oggetto, è una possibilità...

Claudio Palmigiano: Sono d’accordo sull’aspetto innamoramento però credo ci dovrebbe essere un piacere immediato.
Cito un esempio. Qualche anno fa Giorgio Maffei ha curato una mostra su libri d’artista della collezione di Paolo Consolandi a Palazzo Reale di Milano. Paolo Consolandi è uno dei più importanti collezionisti d'arte del Novecento e di libri d'artista. Uno dei libri che avevo visto molte volte è di Andy Warhol, dedicato all’assassinio di Kennedy.
Il libro in questione ha grandi pagine colorate, da una parte ci sono i dispacci ufficiali delle istituzioni americane che documentano fedelmente i fatti accaduti: l'ora in cui il presidente è stato ferito a Dallas, portato all’ospedale, e sono tutti originali. Accanto alle immagini vi sono delle pagine colorate, una diversa dall’altra, a indicare il colore rosso per il sangue, il nero per il lutto di Jacqueline...
Per gustarlo devo vederlo tutto. Se vedo solo una pagina l’idea che me ne faccio è frammentaria. E' un peccato perché qualsiasi opera d’arte richiede una conoscenza approfondita.
Quando in una mostra ci sono 30 video chi li vedrà mai tutti? Se io entro in una saletta e vedo pochi secondi di un video non riesco a farmene un'idea compiuta, così anche i libri, una grande opera merita di essere vista per intero.

3/3: Quali sono le possibilità del libro digitale per il libro d’artista?

Claudio Palmigiano: Io ho un rapporto fisico, quasi morboso con il libro. Un ebook non farà mai parte della mia vita. In Italia è ancora molto bassa la percentuale, in Paesi come l’Inghilterra raggiungiamo quote del 20% di mercato. Io non manifesto diffidenza perché è l’evoluzione del mondo, faccio parte di una generazione passata perché mi piace toccare il libro. Vero è però che con l’ebook puoi sfogliare tutto un libro...

Giorgio Maffei: Quando i fotografi hanno cominciato a lavorare con il digitale si è discusso, ma poi alla fine ci sono arrivati quasi tutti. Forse una tecnologia diversa costruirà potenzialità poetiche diverse.
Non escludiamo completamente la possibilità che anche un libro digitale contenga in sé delle variazioni possibili. Questo non cambia nulla, nel senso che continua a esistere il libro con la sua natura fisica. Quando sono cambiate le tecniche artistiche non abbiamo dimenticato le precedenti.
Sono momenti diversi di una storia possibile.



Christoph Schifferli è nato a Zurigo nel 1950, da tempo colleziona fotografie contemporanee e del dopoguerra insieme a libri d'artista degli anni Sessanta e Settanta.

Giorgio Maffei si occupa di storia dell’editoria e in particolare del rapporto tra il mondo del libro e il mondo dell’arte. È autore di numerosi saggi riguardanti il libro d'artista tra cui "Munari. I libri" (edito da Silvestri Bonnard). Vive e lavora a Torino.

Claudio Palmigiano vive e lavora a Milano. Avvocato e collezionista vanta una ricca collezione d'arte contemporanea, con nomi di spicco della scena attuale.


Marco Bosio Laureando presso l'università IULM di Milano del corso di laurea Comunicazione nei mercati dell'arte e della cultura con una tesi dal titolo “Il libro espanso. Sperimentazioni, tecniche e materiali nei libri d'artista della seconda metà del '900”. Collabora con UnDo.Net.