Millepiani

Il progetto editoriale Millepiani nasce dall’esigenza di ridare espressione a tutte quelle istanze di pensiero che fanno parte dello scommettersi con la vita e i suoi molteplici divenire.

A partire da questa riflessione vi sono alcune considerazioni che occorre sviluppare riguardo all’attuale stato delle cose.

• Le nuove aristocrazie intellettuali sono oggi chiamate a funzionare essenzialmente come trasmettitori di un pensiero omologato, il cui compito principale è il governo della complessità.

• I luoghi di produzione dei saperi devono agire in conformità dei bisogni di formazione di un ceto chiamato a riprodurre il luogo comune di massa.

• Il reclutamento delle figure “intellettuali”, soprattutto nei luoghi istituzionali, ma non solo, avviene in base a sistemi di cooptazione tesi a verificare l’affidabilità e l’acriticità nei confronti di una lobby determinata.

• La produzione di pensiero innovativo e critico deve continuamente confrontarsi con il sistema della moda che assorbe ogni “provocazione” e la depotenzia tramite i suoi meccanismi di standardizzazione.

• Il sapere critico non può che essere l’esercizio di quel “popolo minore” auspicato da Deleuze che pone un’irrimediabile alterità nei confronti della cosiddetta grammatica maggiore.

• La filosofia lungi dall’aver perso la propria centralità si trova invece a doversi confrontare con il suo venir declinata in diversi statuti disciplinari che ne modificano la natura.

• Sistemi di autoproduzione a autovalorizzazione dei saperi appaiono oggi largamente accessibili a condizione che sappiano confrontarsi con le strategie di reinterpretazione e di marginalizzazione.

• Il profilarsi di una rete d’intelligenza collettiva deve confrontarsi con i problemi dell’accesso e della creazione di nuovi statuti della ricerca.

È difficile attualmente rinvenire ambiti precisi di produzione dei saperi, tutti quei laboratori di pensiero che fino ai primi anni Settanta avevano svolto la funzione di veri e propri punti di riferimento per la creazione di idee e di pratiche di ricerca appaiono oggi in crisi. Le ragioni di tale crisi sono di varia natura, ma è utile qui richiamarne almeno due: il divorzio tra sapere e organizzazione del consenso nonché la dispersione delle intelligenze a fronte di un rapido processo di svuotamento di tutti quegli spazi deputati alla ricerca.
Nel primo caso la rottura del rapporto con un certo modo di intendere la dimensione politica e dunque pubblica del pensiero ha finito con il dissolvere tutta una serie di ambiti, situazioni e riflessioni che tentavano di interrogarsi sul prodursi degli eventi e sulle loro espressioni. Questo legame venuto meno, un tempo svolgeva una funzione di “presa diretta” con lo stato delle cose.
Il divenire formativo, in molti luoghi istituzionali, del sapere si è tradotto nella costruzione dell’ennesima cinghia di trasmissione tra “ceti intellettuali” e poteri. Laddove però gli odierni saperi sono per lo più chiamati a svolgere una funzione di consolazione.
Chi sono gli attuali fruitori dei saperi?
Possiamo senz’altro rilevare l’affermarsi di una nuova cesura che separa in modo drastico le nuove élite dai consumatori dei prodotti della cultura di massa. La nuova cultura di massa si annuncia come esito di un’educazione in cui il ruolo prioritario è svolto dalla potenza del falso e dal suo potere evocativo.

La dematerializzazione della vita si traduce in un costante movimento di contraffazione degli eventi. In questo trasmutarsi delle forme di comunicazione e dei saperi si verifica anche una vera e propria destrutturazione degli statuti disciplinari: la divulgazione impone un appattimento della complessità stessa dei linguaggi.

Quest’appiattimento finisce con il provocare una sorta di cortocircuito dell’affabulazione: si ipotizza e si costruisce un’idea di pubblico cui rivolgersi, lo si sonda in ragione dell’età, dell’istruzione e dei bisogni e lo si produce come un universale vuoto al quale riferire un’offerta che diviene necessariamente sempre più atona e banale.

Il soggetto consumatore a questo punto, posto nel ruolo dello spettatore consumatore passivo non potrà che aderire alla natura dell’offerta che gli viene proposta.

Ci preme precisare che un sistema così ben rodato viene tristemente replicato negli ambiti più diversi, spesso destituiti di ogni potere, ma ammaliati dalla possibilità di poter comunque occupare degli spazi in cui apparire.

Tuttavia in questa situazione continuano a resistere possibilità di produrre saperi, idee, ricerca che si realizzano in vere e proprie zone di frontiera che magari toccano anche i luoghi sopracitati, ma li eccedono per capacità creativa riuscendo così a creare “spazi altri”.
E' questo l'agire di quel popolo minore il cui linguaggio è sempre un sovvertimento di senso e di piano.

L’appartenere ad una minorità e non ad una minoranza significa riconoscere il proprio bisogno di emanciparsi da quelle passioni tristi così ben analizzate da Spinoza.

Gli ambiti in cui continua a prodursi il sapere critico sono quindi luoghi della necessità: necessità dell’espressione, della creazione e della ricerca di senso: “poiché la razza votata all'arte o alla filosofia non è quella che si pretende pura, ma quella oppressa, bastarda, inferiore, anarchica, nomade, irrimediabilmente minore...” (Deleuze – Guattari, 1991).
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Domenica 12 giugno 2005 ore 18.30, ufficio out
Gilles Deleuze e la filosofia

Un progetto nato da un’idea di Marco Scotini e di Tiziana Villani, realizzato dal Laboratorio Sugoe.
Divenire urbano. Laboratorio filosofico interdisciplinare

Dal 7 marzo al 18 aprile 2006, ufficio out
millepiani & out

DIVENIRE URBANO
laboratorio filosofico interdisciplinare
presentato da Tiziana Villani (Millepiani), Bert Theis (out) e Marco Scotini
Divenire urbano. Laboratorio filosofico interdisciplinare
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MILLEPIANI NR. 31
CAOSMOS - FILOSOFIA E TECNICA NELLE SOCIETÁ DI CONTROLLO
Gilbert Simondon, David Lyon

Sviluppi tecnologici straordinari trovano oggi espressione all’interno delle cosiddette “società di sorveglianza”, in politiche del corpo che tendono a definirne i limiti e a tradurne la “realtà” in informazione.
Come osserva David Lyon, questa dinamica di fondo, delle società di capitalismo flessibile, si concretizza nelle trasformazioni radicali dei territori, degli “ambienti di vita” e in una progressiva “virtualizzazione” delle soggettività.
La tecnicizzazione delle esistenze non riguarda più i soli aspetti lavorativi, ma attraversa l’intero tempo-vita degli esseri umani, che appaiono così proiettati in un movimento di sempre più accelerato allontanamento dalla “specie d’origine”.
La posta in gioco di questa trasformazione chiama in causa il corpo-ambiente riguardo ai possibili esiti di un orizzonte che deve ripensare il suo intero modello di sviluppo. Liberare le esistenze dal bisogno o assoggettarle ai processi di mercificazione e svuotamento di senso è il problema che s’inizia ad affrontare nel presente volume.

Testi di
Gilbert Simondon e David Lyon

e di
Stefano Berni, Simone Biagini, Silvano Cacciari, Saverio Caponi,
Ubaldo Fadini, Dario Giuliano, Roberto Marchesini, Patrizia Mello, Katia Rossi, Edoardo Sanguineti, Tiziana Villani.

immagine di copertina Alexandre Hirsch.
immagini interne Ciprì e Maresco.

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ASSSOCIAZIONE CULTURALE ETEROTOPIA
Presenta
MILLEPIANI/URBAN 3
CRITICA DELLA RAGIONE URBANA
LA CITTÀ FRATTALE TRA PROGETTO E ABBANDONO
Guy Debord Tiziana Villani Ubaldo Fadini Thierry Paqueot Florence Ferran Enzo Scandurra Elio Piroddi Franco Purini Anna Rita Emili Carlo Cellamare Gianni Pettena Bert Theis

Retrocopertina

La città del nostro tempo è sempre più una città senza progetto, o meglio una città in cui proliferano caotiche occupazioni di spazio unitamente a grattacieli e soprattutto centri commerciali, disney cities disegnate come monadi nel deserto.
Lo spazio pubblico nella tarda modernità dell’Occidente si presenta come spazio critico, assediato e precario al contempo, in cui spesso gli attori paiono intervenire perseguendo la logica del frammento. Città frattali la cui vocazione è sempre più determinata dall’insicurezza e dall’imperio del consumo. Stazioni, ospedali, scuole, interi quartieri sono chiamati ad accogliere ipermercati, negozi, caffè, ecc. al fine di intrecciare sempre più strettamente e totalitariamente il senso dell’abitare con la mercificazione delle esistenze.
A quest’urbanesimo esploso non possono rispondere né le gated communities, né mirabolanti grattacieli “brandizzati”, la cementificazione assedia queste nuove eterotopie malinconiche e ci pone dinnanzi al compito urgente di ripensare la creazione di ambiente, l’impronta ecologica, il valore d’uso.
La sottrazione costante di spazio pubblico non si traduce unicamente in una privatizzazione dello spazio stesso, quanto in un depotenziamento di vita dei singoli e delle società.
Immaginare una nuova pratica di senso è necessario e possibile, ed è questo che gli interventi qui raccolti intendono iniziare a fare: aprire nuove prospettive di ricerca e lavoro facendo i conti senza riserve, con lo stato attuale delle cose.

DISTRIBUITO DA JOO DISTRIBUZIONE

http://www.millepiani.org/urban

UnDo.Net pubblica il testo Neuro Habitat di Ubaldo Fadini su Millepiani/Urban
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Associazione Culturale Eterotopia
In collaborazione con
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci – Prato

Presentano

MILLEPIANI/URBAN 3
CRITICA DELLA RAGIONE URBANA

tiziana villani ubaldo fadini francesco galluzzi marco scotini bert theis




La città del nostro tempo è sempre più una città senza progetto, o meglio una città in cui proliferano caotiche occupazioni di spazio unitamente a grattacieli e soprattutto centri commerciali, disney city disegnate come monadi nel deserto.
Lo spazio pubblico nella tarda modernità dell’Occidente si presenta come spazio critico, assediato e precario al contempo, in cui spesso gli attori paiono intervenire perseguendo la logica del frammento. Città frattali la cui vocazione è sempre più determinata dall’insicurezza e dall’imperio del consumo. Immaginare una nuova pratica di senso è necessario e possibile, ed è questo che gli interventi qui raccolti intendono iniziare a fare: aprire nuove prospettive di ricerca e lavoro facendo i conti senza riserve, con lo stato attuale delle cose.


MUSEO PECCI MILANO
Ripa di Porta Ticinese, 113 – Milano
Venerdì 13 maggio 2011 ore 18,30
 
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