generazione media

Il Progetto Generazione Media nasce, per volonta' di Paolo Rosa, dall'esigenza di costituire un osservatorio a Milano sul rapporto tra tecnologie e percorsi artistici giovanili.
La mostra Generazione Media e' la seconda fase del progetto, un tassello tra gli altri, il primo si e' concretizzato nell'avvio di un archivio.
Cosa significa analizzare il rapporto tra arte e nuove tecnologie? Riflettere sulle dinamiche e sulle concatenazioni tra questi due macro-termini apre infinite possibilita' di discorso. Sono necessarie delle puntualizzazioni per chiarire alcuni nostri presupposti. Per prima cosa l'idea che la tecnologia non e' pura o impura, buona o cattiva, democratica o d'elite, migliore o peggiore, ne' semplicemente "e'" non essendo scagliata dal cielo. La macchina sociale continua a fare da intercapedine tra noi e lei, a produrla e a farsi produrre (un giudizio a priori sulle macchine ignora la domanda storica di Warhol: "e allora ?").
La sensazione e' che la tecnologia ci abiti nel modo piu' discreto possibile, ma ci venga allo stesso tempo descritta attraverso immagini retoriche e avveniristiche. Rimandiamo, per una delucidazione di questo sentimento, alla Svastica sul sole di P. Dick, dove tutto e' normale su un panorama in cui tutto e' mutato. Al di la' del bene e del male, pensiamo che il potere della tecnologia risieda nella capacita' di aprire nelle nostre teste delle fenditure, delle possibilita' di pensiero, e' l'idea di Internet a prescindere da chi e' o chi non e' abbonato.

La relazione tra arte e tecnologia non e' mai di separatezza o di coincidenza, ma di compartecipazione, in un riflesso continuo, che vede la discrezione della tecnologia intrufolarsi nelle esistenze e che vede l'arte, come sempre, prenderne atto. Ci sembra che la tecnologia si affermi in modo tanto piu' forte quando non viene accostata ai corpi concreti dell'arte, ma quando e' intimamente contenuta in questi, quando anzi e' necessaria.
Scegliere di avviare una ricognizione, com'e' stato per noi, attraverso incontri diretti, chiacchierate, telefonate, persona dopo persona, vuol dire raccogliere un patrimonio di riflessioni e sentimenti di diverse sostanze e vuol dire anche, soprattutto, individuare della tecnologia quelle forme di fascinazione o di rifiuto, quelle mitologie e allo stesso tempo quel suo modo discreto e sottile, di cui parlavamo, di insinuarsi prima nelle suggestioni, nelle fantasie, nei cliche's intellettuali e poi, solo dopo, nei singoli lavori.
Le nostre riflessioni sono in riferimento al contesto con cui ci misuriamo ogni giorno, a tutti gli studenti, artisti-studenti, artisti gia' emersi, a quel "luogo comune" e alle opinioni che lo formano, in cui noi per primi rientriamo.

Su questo si sviluppa anche il nostro percorso non lineare, come i termini che lo definiscono, ma fatto di precisazioni e ripensamenti, di andate e ritorni all'interno di un campo di indagine dai confini estremamente mobili. Le coordinate della ricerca sono Milano, i giovani, le nuove tecnologie. Le acquisiamo per certe ma si rivelano presto come nodi da sciogliere e da ridefinire. Che senso ha delimitare geograficamente un'indagine di per se' indefinibile per tema e territorio? Chi o meglio quali fattori decidono nell'arte chi e' giovane e chi non lo e'? Quali sono le nuove tecnologie? Diventa indispensabile modellare le specifiche burocratiche attraverso categorie sensibili, sicuramente piu' aleatorie e confutabili, ma necessarie per coerenza e chiarezza.

L'area geografica perde il suo significato di territorio in relazione ad una problematica che si distingue proprio per la sua tendenza ad essere nomade (navigare in Internet, affacciarsi su una rete, che trova senso nell'unione di un punto con l'altro in un movimento orizzontale e cercare, all'interno, quali siano i suoi confini "comunali" ci sembra paradossale, senza per questo arrivare a parlare di "villaggio globale" e di "piazza virtuale" essendo col corpo al di qua del monitor, col corpo a Milano e questo non e' poco).
Il limite anagrafico viene riconosciuto in una mentalita' che determina un particolare approccio alle nuove tecnologie (c'e' chi ci fa notare, con alla mano un elenco di artisti per una mostra sui nuovi media, che lo spettro anagrafico oscilla dai 60 ai 16 anni). Se le prime due questioni si possono delucidare nello spazio di poche frasi, l'ultima necessita un discorso piu' ampio e articolato. Domandarsi cosa e quali siano le nuove tecnologie utilizzate dall'arte rimette in discussione i limiti della nostra area di indagine, area che si estende dal video agli ultimi sviluppi dei media. Coscienti del fatto che il video non rientra tra i cosiddetti new media siamo comunque convinti che stia alla radice di ogni esperienza artistica che, in qualche modo, si confronta con questi nuovi terreni. Includerlo, come primo "livello tecnologico", significa allargare il nostro interesse a gran parte dei giovani che oggi praticano arte.
Cio' modifica nella sostanza il campo d'indagine. Da un momento iniziale in cui si cerca di individuare quei percorsi che utilizzano in modo sistematico le nuove tecnologie, si passa ad un secondo in cui si pone attenzione ai singoli lavori, agli episodi "tecnologici" come esperienze di percorso. La sproporzione numerica tra il primo e il secondo momento e' indicativa da un lato di una de-specializzazione, all'interno di un'area d'interesse solitamente intesa come specialistica, dall'altro di una diffusione infinitamente maggiore del video in relazione soprattutto ai lavori in rete, ma anche alle elaborazioni al computer.
Questo porta a due riflessioni tra loro concatenate, una sul grado d'accesso dei giovani artisti alle tecnologie, l'altra sul significato del video e su come si stabiliscano dei rapporti con questo media sempre pie' presente dentro e fuori dall'arte. In Italia il grado d'accesso alle tecnologie a livello istituzionale e' praticamente nullo mancando le strutture di formazione e produzione all'interno dei grandi istituti culturali legati all'arte. Buchi neri prodotti dall'opinione diffusa per cui ricerca e sperimentazione sono legati alla scienza e a tutte le sue applicazioni, ma non all'arte. Questo vuol dire che un giovane artista puo' avvicinarsi alle tecnologie solo quando diventano di largo consumo come oggi lo sono il video e alcuni programmi di elaborazione d'immagini. Tutto cio' che e' diverso dipende dall'iniziativa privata, dalle risorse economiche dei singoli. Il fatto che spesso dalle forme di "arrangiamento" nascono le cose piu' interessanti e avanzate (vedi la vitalita' produttiva dei centri sociali) e' un altro discorso, il piano su cui stiamo riflettendo e', in questo momento, istituzionale. Altri ragionamenti, piu' interni all'arte, non possono prescindere.
Se l'arte raccoglie i suoi utensili, cosi' come le possibilita' dei suoi discorsi, da tutti i contesti della vita, il video, emerso adesso definitivamente come oggetto di uso comune e con molteplici funzioni, e' naturalmente rientrato nell'insieme delle possibilita' piu' frequentate dall'arte. Acquisito come supporto, scandagliate le sue problematiche di rapporto tra spettatore e opera dove l'ingombro del monitor e' prima di tutto interfaccia, assodato il suo utilizzo in piu' direzioni e' ora possibile agli artisti concentrarsi non solo sul mezzo in se' "cos'e' questa strana macchina?", ma sulle sue possibilita' espressive intrinseche.
L'ingresso del video in tutta la produzione, e non solo in quella artistica, non ha lasciato illeso lo scenario. Ha modificato le strutture comunicazionali e prima ancora le possibilita' del pensiero, dei sensi e dei desideri, la facolta' di vedere le cose secondo altre o nuove coordinate. VIDEO, video-clip, videodocumentazione, videoreportage, video d'arte, videorivista, video la TV, videodanza, videoteatro, videocitofono, videoproiezione, videoconferenza, videotelefono, videoinstallazione, il cinema in video.....il video in questi ultimi decenni ha trovato una risposta alla sua collocazione perche' ha trovato piu' dimore, fuori e dentro dall'arte. Su queste il video ha adagiato una forma e una sintassi agile e in continuo mutamento, tanto che la frattura fra interno ed esterno alla produzione dell'arte non ha pie' senso d'esistere.
Anzi, il processo di osmosi tra i vari modi di utilizzo che se ne fanno rendono l'identita' di questa macchina polifunzionale e trasversale. Trasversali sono i linguaggi e i loro sensi attingendo il reportage dal video-clip e il video-clip dal video d'arte o dalla videodocumentazione etc. Allo stesso modo il computer con i suoi programmi di fotoritocco e' entrato nelle possibilita' dell'arte. E' evidente come l'approccio a questi due mezzi, nonostante la loro presenza massiva, sia in sostanza diverso per piu' motivi. Nascono da diversi climi ideologici e culturali, hanno diverse forme di seduzione. A maggior ragione la storia che accompagna il video lo scaglia lontanissimo dalla rete. L'arte che si avvicina ad Internet si chiede ancora "cos'e' questa macchina?" Il suo rapporto con la rete si trova ancora al principio di un percorso che, come si ipotizza, potra' modificare i sistemi del linguaggio e della comunicazione visiva, oppure no. Pensiamo che per ora qui l'interattivita' sia ancora vissuta come controprova del suo funzionamento.

C'e' un altro modo di raccontare il nostro percorso che passa attraverso i contesti, i luoghi. Luoghi come prodotti di convinzioni, di finalita', di precise modalita' di rapporti interpersonali, di vocabolari che fondano termini chiave, intese particolari. Affrontare via via un contesto diverso rende necessario un orientamento, la costruzione mentale di un organigramma che comprenda piu' elementi possibili.
Ogni luogo ci racconta cos'e' l'arte, cos'e' la tecnologia. Partire da un ambito o dall'altro sposta inevitabilmente il senso della ricerca. Viene da se', per esempio, che l'archivio del Cedar, della facolta' di Architettura del Politecnico, con documentazioni di ambienti virtuali o di immagini di sintesi sia differente della videoteca Giaccari che raccoglie le opere storiche dei maggiori artisti visivi.
Partendo dal contesto dell'arte contemporanea cominciamo a trovarci di fronte a spaccature per motivi non solo culturali, e' la naturale formazione di isole di appartenenza a cui si possono ricondurre prodotti e autori. Questo spiega come nel nostro archivio ci siano teste di medusa interattive di fianco a riprese scarne di ambienti domestici, salotti virtuali e bagni di casa, immagini finemente ricostruite e filmini delle vacanze in Super8. E comunque riferendoci ad un'area giovanile ci troviamo con molti piu' bagni di casa che salotti virtuali.
Attraversare varie realta', parlare con artisti, professori, studenti, ricercatori, significa trovarsi di fronte a differenze nette. Notiamo ad esempio come quelle scuole, per lo piu' private, che trovano la loro forza nei contatti con il mondo del lavoro, ridefiniscono "artisticita'", nei termini di creativita' e comunicazione. Il rapporto con le tecnologie e' privilegiato e la loro applicazione e' relativa al tipo di gestione culturale dell'istituto. Le macchine a disposizione in questi luoghi sono parecchie, avanzate e soprattutto si possono usare, molto in pochi.

Appena ci spostiamo da un'area di formazione giovanile ci troviamo negli studi privati, in altri scenari. Molti di questi nascono, negli anni '80, anche nell'ottica di una gestione economica autonoma che affianca al lavoro artistico un'attivita' commerciale, linfa economica della ricerca, delle macchine e dello studio. I livelli sono molteplici, fino ad arrivare a quei rari casi in cui, attraverso grosse commissioni, si hanno a disposizione i fondi necessari per poter decidere.
E' ovvio come siamo distanti anni luce dalle disponibilita' offerte a un giovane artista, senza per questo dire che, se avesse a disposizione tutte le macchine di questa terra, la direzione che prenderebbe sarebbe per forza quella dell'ipervirtuale. Attorno a tutto questo possiamo ancora domandarci, ricordando i ghigni di Duchamp, cosa vuol dire artisticita' nel passaggio da un contesto all'altro, nel nostro caso dall'arte alla scienza.
Questo pensiero ci conduce in un tragitto immaginario dalla Villette di Parigi (Cite' des Sciences et de l'Industrie) a Documenta X di Kassel. Siamo alla Villette, il luogo giusto per apprezzare la tecnologia divertente, nuova, stupefacente, questo e' il suo contesto di riferimento dove ci piace andare per vedere e provare. Qui e' legittimo lo stupore e la meraviglia davanti al funzionamento delle macchine. Lo stesso tipo di sorpresa non ritrova la sua forza in un contesto come quello dell'arte che fonda il proprio linguaggio e le proprie reti espressive su altre categorie (semplicemente altre).
Lo scivolamento del significato profondo di uno stesso oggetto da congegno elettronico a scultura interattiva, dove il comune denominatore e' il modello estetico e' inadeguato e forse ingiusto. Siamo ora a Kassel, attraversiamo le maree di foto e di sensazioni, incontriamo modellini inquietanti, disegni e sculture in creta, ci troviamo alla fine in un edificio, l'ultimo del tragitto, dedicato solo alle tecnologie. Sono qui raccolti i siti Internet e i lavori multimediali dei grandi artisti. Ci stanchiamo a navigarli tutti, a sederci e a guardarli, un monitor dopo l'altro.
Abbiamo la spiacevole sensazione che questo edificio sia stato "attaccato" a tutto il resto, forse per un'ansia di contemporaneita' o forse ci sbagliamo, ma tutti questi lavori sembrano affiancati come fossero legati da una forma di "specializzazione" dell'arte, dell'uso delle tecnologie avanzate. Comunque l'arte continua e continuera' ad attingere dalla fascinazione alle macchine e al loro funzionamento, analizzandola, destrutturandola e riportandola infilata in una collana di sensi attorno all'esistenza.

Oggi il nostro archivio ha raccolto piu' di 100 artisti, definirli "tecnologizzati" ci sembra inadeguato se non ridicolo. Sono presenti studenti e artisti affermati che il mondo e il mercato dell'arte conoscono gia' e che circolano ormai da tempo negli archivi specializzati in arte contemporanea. Scovare l'inedito non e' mai stato nelle nostre intenzioni.
Alla luce di tutto questo prende forma la mostra che consiste, in gran parte, in video, videoinstallazioni, elaborazioni al computer, installazioni sonore. Con cio' non vogliamo rappresentare ne' l'archivio, ne' i giovani, ne' Milano, ma una riflessione, che si snoda attraverso l'osservatorio, su tutti e tre i termini. In consonanza con la discrezione di cui parlavamo, vogliamo allontanarci da quell'aura scintillante e poco probabile che accompagna sempre la aspettative attorno al connubio tecnologie e arte.
Viene da se' che questo e' un discorso tra milioni di discorsi, ma e' quello che abbiamo scelto di leggere. Sappiamo di non aver toccato alcune problematiche importanti e una e' sicuramente quella del cyber, ma l'arte giovanile che abbiamo conosciuto non ci restituisce la stessa passione politica che produce il pensiero cyborg che ritroviamo con piu' forza in altri contesti.
La mostra vuole sostenere uno stato dell'arte, che si riconosce nella quotidianita', nella contaminazione dei mezzi e dei linguaggi, e, come avviene sempre per l'arte, nella necessita'. Al di la' degli argomenti sui nuovi media, necessario e' un lavoro urgente, spinto da esigenze umane e culturali.
Rispetto al supporto, necessario e' un lavoro che non puo' realizzarsi se non tramite quello. Ancora continua a interessarci lo spostamento che ci procura l'arte in tutte le sue forme, contesti, argomenti. Spostare per l'arte e' nutrirsi della vita e restituirsi a questa nutrendola, per urto sensibile, logico, estetico, provocatorio.

francesca, sonia, paolo, laura, federica