Fortezza di Castelfranco
Finale Ligure (SV)
via Generale Enrico Caviglia
019 6816004 FAX 019 6816377
WEB
Liu', mon amour
dal 15/9/2007 al 13/10/2007
venerdi' - domenica 15.30-19.30
WEB
Segnalato da

Cultura Turismo Comune di Finale Lgure




 
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15/9/2007

Liu', mon amour

Fortezza di Castelfranco, Finale Ligure (SV)

Omaggio a Giacomo Puccini. Un viaggio tra segni, colori e materia elaborati da: Roberto Agnoletti, Bruno Benelli, Andrea Dami, Amerigo Folchi, Mario Girolami, Luigi Russo Papotto, Silvia Percussi, Giordano Pini e suoni elettronici di Emanuele Nistri; esposti anche alcuni strumenti musicali della collezione Luigi Tronci.


comunicato stampa

Omaggio a Giacomo Puccini

Perché Liù

Liù è una farfalla che può far volare i nostri sogni e il suo volteggiare leggero e apparentemente insicuro può stimolare il gioco insieme alla curiosità e alla creatività. Liù ci vuol ricordare anche il grande Giacomo Puccini che si è nutrito dei colori, dei profumi e dei segni architettonici della sua terra. Della Liù pucciniana rimane il ricordo di un finale operistico diverso e Toscanini, il 25 aprile 1926, al Teatro alla Scala di Milano interruppe l’esecuzione della Turandot nel punto in cui il maestro toscano aveva posato per sempre la penna sul foglio segnato dalle righe vuote del pentagramma.

Liù avrebbe cambiato le regole consolidate del melodramma italiano attraverso un canto d‘amore, uno snodo, un’apertura diversa; aperture che sono avvenute e fortunatamente continueranno ad accadere in arte. Liù, mon amour per non dimenticare questo magnifico foglio non scritto perché racchiude il sogno di una vita, o solamente la volontà di cambiamento, nella fortezza di Finale marina, nella luce solare che dal mare penetra dalle finestre creando giochi di ombre che si stemperano nell’indimenticabile musica di colori pucciniani, mentre alcuni gabbiani volteggiano dal mare fino quassù alla rocca che dominava il mondo sottostante.

L’arte ama giocare sia con carte scritte d’inchiostro, o macchiate da colori forti, o con lacerazioni sul ferro rugginoso, cambiando le regole per scoprire nuove vie da percorrere, magari nuove libertà.

Liù per volare alla ricerca del nostro fiore.

La mostra

La fortezza di Castelfranco si presenta in tutta la sua robusta monumentalità difensiva. Il vicolo principale ci porta dentro la cittadella fortificata: è un viaggio nel tempo, fino alla piazza sul mare dove c’è l’ingresso alla mostra che si articola sui due piani di un antico edificio.

Sculture, opere a tutto tondo, si sono impadronite dei suggestivi spazi e delle ombre di alcune nicchie, che rompono la monotonia di quelle antiche pareti. Il dialogo tra le forme della materia, che si modella sotto la luce marina, è iniziato e le tele, con il canto dei loro colori, sono come la brezza mattutina che entra dalle finestre aperte su quell’infinito azzurro, rinnovando così il gioco stimolante e colto che è da sempre prerogativa dell’arte.

Gli artisti di Liù

Liù, mon amour è un viaggio tra segni, colori e materia elaborati da: Roberto Agnoletti, Bruno Benelli, Andrea Dami, Amerigo Folchi, Mario Girolami, Luigi Russo Papotto, Silvia Percussi, Giordano Pini

e suoni elettronici di: Emanuele Nistri.

In mostra ci sono anche alcuni strumenti musicali della collezione Luigi Tronci.

Pittori, scultori, musicisti il cui lavoro si è intrecciato perché questi artisti credono che non debbano esserci confini tra le discipline, come non ci devono essere tra gli uomini, precisa Dami. Insomma ridefinire le invarianti del sistema linguistico delle arti, aggiunge Agnoletti, con la volontà di dialogare con il quotidiano, con i non addetti ai lavori, per ribadire che ancora oggi l’arte svolge un ruolo sociale, perché la memoria visiva associa velocemente segni e concetti in relazioni variabili, la conoscenza è un continuo fluire, ma questa è la dimensione dell’arte e della cultura contemporanea; dopo gli sperimentalismi, le oscillazioni tra interdisciplinarietà ed opera d’arte globale, siamo oggi nella fortunata condizione di poter percorrere contemporaneamente ricerche diverse con linguaggi fra loro anche alternativi, ma di volta in volta necessari al progetto artistico. L’operatore visivo può essere linguisticamente eclettico, può operare una sintesi annettendo materiali diversi, appartenenti a categorie dai limiti variabili, può costruire un diagramma ipertestuale a mappa modificabile in funzione della parola-chiave, perché il tema della ricerca artistica non è più essenzialmente linguistico né tantomeno tecnico, il tema è l’essere individuo nella società, trovare equilibrio tra individualismi e globalizzazione.

Note su alcuni dei lavori in mostra

Roberto Agnoletti presenta lo studio del musicista, nel senso d’applicazione dell’intelletto all’indagine e all’accrescimento della conoscenza della figura di Giacomo Puccini e della cultura della sua epoca, ma anche inteso come luogo ove si studia o si esercita un’attività intellettuale e quindi ricostruzione metaforica della stanza di Puccini. Uno spazio a misura di un solo uomo, in piedi, davanti al leggio con un libro aperto con i bozzetti per l’allestimento. Intorno fogli di-segnati definiscono le pareti di un vano ridotto a disegno.

Bruno Benelli presenta l’opera-spartito di ferro e ottone: l’orchestra ha già eseguito metà della composizione e nell’aria c’è ancora traccia del tema dolcissimo e dolente di Liù. Il musicista ha davanti il suo spartito, poggia la bacchetta e per un attimo confronta l’eternità della musica con la fragilità della vita.

Andrea Dami propone un lavoro di cocret’arte, come dice lui, nel senso che non astrae nulla dal Mondo, bensì crea di suo forme che seguono le leggi della natura, non la rappresentano. L’opera è a tutto tondo, di metallo e catenelle che, se mosse, provocano suono: una caratteristica dell’opera di Dami. Questa è una scultura che s’inserisce nella serie delle sue città sonanti; ha otto lame di metallo generate da un ottagono evocante la planimetria di Palmanova, che a sua volta è generato dalla sovrapposizione di due quadrati, in ricordo delle città ancora più antiche, così care a Dami. Gli elementi verticali diventano architetture e il centro é la piazza di questa città dell’utopia. Su uno degli otto elementi c’è una farfalla, che con il suo peso lo flette verso l’esterno, rovesciando la logica dei pesi specifici. Un monito sui nostri comportamenti nei riguardi della natura, dice l’autore, perché, se toglieremo la farfalla, quella lamina diventerà una molla che scaricherà l’energia accumulata su tutto quello che la circonda, per proseguire inesorabilmente come un’onda sismica.

Amerigo Folchi lavora su un gioco combinatorio di infinite varianti ritmiche, di elementi cromatici a rilievo generati da una logica matematica, formando un unicum omogeneo. L’opera, quindi, come riflessione sulla percezione attraverso gli elementi della linea, del piano e dei colori fondamentali, per rivelare poi la struttura della coscienza.

Mario Girolami presenta una serie di maschere policrome, ridotte a simulacro, che evocano una molteplicità di individui su un modulare reticolo di superfici riflettenti. Guardi e sei guardato da dietro la maschera comica del teatro greco, perché l’assunto morale è l’eliminazione del tragico dalla vita, dove tragico è tutto ciò che viene dai complessi di colpa o di potenza, d’inferiorità o di superiorità. Ci sono tutti gli elementi della rappresentazione scenica e il tutto è ordinato in un reticolo nel quale le variazioni di quantità di luce sono ridotte a diverse qualità di colore.

Luigi Russo Papotto recupera l’apparente inessenzialità del mondo circostante per restituire capacità espressiva a ciò che è residuale, che viene salvato dall’oblio e ricomposto in un nuovo significante. Si interagisce con l’opera, modificando la superficie sinuosa che contiene elementi mobili, spostandoli in direzioni diverse, in un gioco infinito, come suggerisce la linea dell’opera, che sembra avvitarsi nell’aria. Modificando gli elementi plastici l’immagine oscilla fra i due momenti: l’apertura e la chiusura, una stimolazione a dare delle risposte al senso della vita, perennemente sospesa fra bello e brutto, vero e falso; è la poetica di Papotto.

Silvia Percussi lavora su trame geometriche: specchio di un ordine interiore? Dissemina l’opera di elementi figurativi, tracce indiziali di un contingente fenomenico. Segnali di riconoscimento come i fogli di musica scritti e vuoti, la cenere di sigarette, macchie di caffè versato, un ventaglio fanno dello spettatore il testimone oculare di un dramma, quello personale di Puccini: l’impossibilità di un amore totalizzante. Il passato ritorna e si fonde con attualità e futuro in un tempo fermo, quello della tela, per farci raggiungere da quello rallentato della meditazione.

Giordano Pini lavora con le tecniche dell’arte fusoria, a cera persa, secondo composizioni orafe leggere e microscopiche. La natura è la sua musa ispiratrice. Alghe, conchiglie, cortecce di alberi che si fondono in sinuosi movimenti di sabbia appena toccata dall’acqua marina che lentamente si ritira dalla battigia che diventa il suono delle Sirene, mentre i colori delle pietre rimandano al tempo eterno della sedimentazione primordiale.

Emanuele Nistri ha usato le melodie e le armonie di Puccini come segni, che ha poi rivestito dei colori timbrici messi a disposizione dall’infinita tavolozza che la musica elettronica offre, creando così un’atmosfera emozionale attraverso la dilatazione spazio-temporale, riuscendo ad unire la visione onirica e la realtà uditiva dello spettatore per provocare la dilatazione del suo mondo interiore.

Luigi Tronci presenta alcuni strumenti che Giacomo Puccini ordinò a suo nonno, come il tam-tam, la campana tubolare, i campanelli giapponesi che compaiono nel primo atto quando viene cantato il duetto Tutti zitti. Strumenti eseguiti a mano, allora come oggi, a Pistoia, che sono ambiti sia dai musicisti (classici e contemporanei), sia da importanti teatri italiani ed esteri; una tradizione che rende orgogliosi gli artigiani che li realizzano, un lavoro che continua grazie alla passione e all’esperienza che si è accumulata nel tempo e che dovrebbe essere non solo salvaguardata, ma protetta, come qualsiasi altro prodotto di alta qualità.

Ultima tappa di un progetto iniziato nell'aprile 2007, per maggiori informazioni sito web
http://www.liumonamour.net

Comune di Finale Ligure - Assessorato alla Cultura
Direzione artistica - Valente Artecontemporanea

Opening domenica 16 settembre ore 18.30

Fortezza Castelfranco
via Generale Enrico Caviglia - Finale Ligure (SV)
da venerdì a domenica 15.30-19.30
Ingresso libero

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Francesco Zefferino
dal 10/7/2010 al 14/8/2010

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