4/12/2001

 
Marina Sorbello 
 
 
Sguardi incrociati sul mondo

 
   
 
 
   
Homi K. Bhabha




Okwui Enwezor




Ute Meta Bauer




Sarat Maharaj




Carlos Basualdo



 
Dopo il crollo delle Twin Towers e le bombe sull'Afghanistan, risuona tristemente profetico e di stringente attualità il filo conduttore che Okwui Enwezor ha proposto per le sue Platform dislocate in varie città e in diversi continenti, premessa alla prossima edizione di Documenta di Kassel di cui è curatore. "Democracy Unrealized" è infatti il titolo delle conferenze che domandano al mondo dell'arte di aprirsi alla filosofia, alla politica, alla narrativa e alla storia. Primo relatore a Berlino, ma solo su maxischermo, Homi K. Bhabha, poi sarà la volta del Nobel Wole Soynka.

L' undicesima edizione di Documenta - che si terrà a Kassel, in Germania, nel 2002 - è già iniziata lo scorso marzo a Vienna, con la serie di conferenze "Platform" dal titolo di "Democracy Unrealized (partI)". Agli incontri viennesi sono seguiti e seguiranno altre serie di incontri, sempre sotto il logo "Platform".
Le piattaforme-conferenze, ideate dal direttore di Documenta 11, Okwui Enwezor, insieme ai co-curatori Carlos Basualdo, Susanne Ghez, Sarat Maharaj, Ute Meta Bauer, Octavio Zaya e Mark Nash, sono suddivise in cinque gruppi principali e hanno luogo in differenti città e in diversi continenti.
Le Platform si rivolgono non soltanto al pubblico internazionale dell'arte e intendono indagare e analizzare alcuni punti e nodi di stringente attualità, attraverso un approccio interdisciplineare, per ampliare i confini del discorso e del fare artistico e per instaurare nuove comunità di pensiero, al di là di confini e nazionalità.
Dopo la Platform viennese con cui è iniziata Documenta, la seconda "piattaforma", dal titolo "Experiments with Truth: Transitional Justice and the Processes of Truth and Reconciliation" ha avuto luogo a New Delhi (maggio 2001). Seguiranno nei prossimi mesi altre Platform: nell'isola di St. Lucia ("Créolité and Creolization", Platform 3, gennaio 2002); a Lagos ("Under Siege: Four African Cities, Freetown, Johannesburg, Lagos, Kinshasa", Platform 4, marzo 2002). La quinta e ultima Platform sarà costituita dalla stessa Documenta di Kassel, che insieme alla Biennale di Venezia è la più importante manifestazione di arte contemporanea a livello mondiale.
L'inizio è fissato per l'8 giugno 2002 (fino al 15 settembre; nel sito www.documenta.de è possibile visionare filmati delle conferenze già avvenute).
A Berlino - dal 9 ottobre - ha luogo la seconda parte della Platform "Democracy Unrealized" iniziata a Vienna sei mesi fa; nel presentare alla stampa il programma delle conferenze di questa seconda tappa europea, Okwui Enwezor - nigeriano di nascita, americano di adozione - ha fatto costante riferimento agli attacchi terroristici dell'11 settembre sulle Twin Towers di New York e sul Pentagono e ai bombardamenti angloamericani in Afghanistan di questi giorni, insistendo sul carattere tristemente profetico e di inaspettata attualità del titolo dell'incontro berlinese. Sono stati invitati a parlare a Berlino Homi K. Bhabha, professore di lingua e letteratura inglese e americana alla Harvard University (10 ottobre); Wole Soyinka, scrittore e regista di teatro, professore di letteratura comparata alla Emory University di Atlanta e premio Nobel per la letteratura nel 1986 (16 ottobre); Ernesto Lacau, professore di scienze politiche all'Università di Essex; Nawal al-Saadawi, scrittrice, psichiatra e attivista femminista residente al Cairo e Zhiyuan Cui, professore associato di economia all'università di Pechino e all'università di Singapore (27 ottobre); Harbans Mukhia, professore di storia e rettore della Jawaharlal Nehru University di New Dehli (30 ottobre). "Democracy Unrealized - Part II" è stato realizzato in cooperazione con la Haus der Kulturen der Welt (Casa delle Culture del Mondo), che ospita le conferenze, e il Daad, istituzione che si occupa di programmi di scambio accademico in Germania e offre borse di studio residenziali ad artisti di tutto il mondo.
"L'obiettivo di questi incontri - ha spiegato Enwezor - è quello di costruire una forma di dialogo fra il mondo artistico, cui Documenta appartiene, e altri settori della cultura e della politica." Per il direttore di Documenta 11, le Platform - "intellettualmente rigorose e metodologicamente avventurose" -, culmineranno nella mostra finale, la vera e propria Documenta a Kassel, che sarà a sua volta "uno strumento di conoscenza e di ricerca, non di semplice presentazione dell'arte contemporanea". Per Enwezor, dunque, le Platform rappresentano non soltanto la premessa ideale per Documenta di Kassel, ma soprattutto preziose occasioni per "creare nuove comunità di discussione". Comunità di confronto e scambio quanto mai necessarie per rispondere alle logiche di contrapposizioni di mondi e civiltà in questi giorni di guerra.
Sulla mostra vera e propria, Enwezor si limita a dire che fino ad ora sono stati selezionati circa ottanta artisti, di cui non fa i nomi, che sarà interdisciplineare e che coinvolgerà studiosi, filosofi, artisti, filmaker, istituzioni, città, con l'intento di coinvolgere un pubblico vasto e differenziato. Gli artisti invitati a Kassel si caratterizzano per l'impegno in nuove idee e nuove forme di produzione, e lavorano "beyond every imaginable media", oltre ogni possibile media immaginabile. Ma Enwezor si innervosisce se si azzardano paragoni tra le sue Platform e la serie di conferenze "100 giorni, 100 ospiti" ideata da Catherine David per la Documenta 10 (del 1997), e non risponde alle domande che cercano di indagare sulla precisa
funzione delle Platform nel contesto della Documenta, che strutturalmente rimane pur sempre una mostra d'arte.

Il simposio berlinese "Democracy Unrealized" ruota intorno al concetto di democrazia analizzato da un punto di vista storico, economico, culturale e artistico. Democrazia intesa non come un processo chiuso e concluso, ma come una sorta di work in progress che necessita di una costante ridefinizione. Il primo relatore della Platform berlinese è stato Homi K. Bhabha, il 10 ottobre. Ma Bhabha, che dopo l'11 settembre americano e i bombardamenti in Afghanistan, ha preferito evitare di spostarsi in aereo. Così è apparso a Berlino proiettato su un maxi schermo, sorridente e di bianco vestito, live dal suo studio di Boston. Nato in India, Homi K. Bhabha ha studiato all'università di Bombay e poi alla Oxford University dove nel 1990 ha conseguito il dottorato, e attualmente insegna lingua e letteratura inglese e americana alla Harvard University di Cambridge, (Massachusetts). Le sue aree di ricerca includono la teoria coloniale e postcoloniale, la letteratura anglofona del XIX e XX secolo e fra le sue pubblicazioni sono da ricordare The Location of Culture (1994) - ora tradotto in Italia da Meltemi, con il titolo "I luoghi della cultura" -,Nation and Narration (1990) - "Nazione e narrazione", sempre Meltemi, 1997 -, Negotiating the Power of Art to Transform Lives (1996).
Bhabha inizia il suo lungo discorso poetico e appassionato (ben ventitre pagine dattiloscritte) rievocando la tragedia del World Trade Center e il suo trattamento hollywoodiano da parte della Cnn. Quelle immagini lo ossessionano, e sono le uniche visioni mediate al pubblico dalla sua conferenza. Bhabha parla dello scontro fra culture, Oriente e Occidente, cristianesimo e Islam, e solleva la questione di quali narrative possano risultare utili nell'intento di superare i conflitti culturali: per Bhabha l'esperienza postcoloniale è lo spazio di gestazione di una società globale senza contraddizioni. Appellandosi al concetto di "distanza critica" brechtiana, Bhabha propone un titolo alternativo per il suo discorso: "Democrazia de-realizzata". "Utilizzo la parola 'derealizzare' nell'accezione surrealista di piazzare un oggetto, un'idea o un'immagine nel contesto del suo non avvenire, per vedere che potenzialità abbia questa idea di superare le barriere territoriali e temporali." Dal maxischermo Bhabha definisce la globalizzazione una pretesa aleatoria piuttosto che una condizione storica realizzata, in un'epoca in cui ancora l'80 per cento dei trasporti avviene con le navi cargo via mare esattamente come all'inizio del secolo. E così via.
La relazione mediatica di Bhabha va avanti animatamente per circa un'ora. E, non essendoci possibilità di confronto diretto, ogni tanto Bhabha, dal maxischermo, chiede un cenno di feedback, di ritorno (applausi) da parte del pubblico. La sua teleconferenza, nell'era delle immagini virtuali, avviene senza problemi mé intoppi, ma rimane il dubbio che, nonostante la chiarezza del sonoro, il suo discorso ultracarico di citazioni - dagli antichi greci a Derrida, passando per Adorno, Foucault, Gramsci, Arendt, Sassen... - scivoli sui presenti in sala senza lasciare grandi tracce. Bhabha e il pubblico sembrano appartenere a due mondi che non si incontrano, e lo studioso non sembra capace di calibrare il suo discorso per incontrare un tipo di pubblico che non appartiene al mondo dell'accademica, ma è composto soprattutto di artisti e di gente che gravita intorno alla realtà del fare artistico. Un problema che Okwui Enwezor dovrà cercare di risolvere in vista dei prossimi incontri. Comunque sia, Bhabha conclude la conferenza ricollegandosi alle immagini da lui evocate all'inizio, quelle del World Trade Center distrutto ("Fallen towers -fallen idols"), interpretandole come la metafora della caduta dell'idea di progresso globale. E conclude la sua lunga relazione telematica citando il filosofo Ludwig Wittgenstein e le visioni di ciò che non è ancora stato costruito (Unbuilt) e dunque rimane ancora possibile.
Enwezor da parte sua lancia un appello alla complessità, nel tentativo di superare le semplificazioni e le generalizzazioni dei mass media, e ribadisce la necessità di espandere il campo dell'arte contemporanea allo spazio globale. E conclude: "A Vienna non avremmo potuto predire che in sei mesi la situazione politica mondiale si sarebbe trasformata in modo così accelerato e drammatico; in fondo, però, non credo che la situazione sia cambiata sostanzialmente dopo quelle immagini apocalittiche del World Trade Center di New York: l'urgenza di riflettere sul concetto di democrazia, di agire, e di sollevare questioni per aprire uno spazio di pensiero differente c'era allora come adesso..."

     

 
 

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