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Virus (1994 - 1998) Anno Numero 10 gennaio 97



TRAINSPOTTING Intervista al regista DANNY BOYLE e allo scrittore IRVINE WELSH

di Marco Ligas Tosi



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Dalla capitale della droga nell'Europa del Nord, Edimburgo, é arrivato il film acre e dissacrante, che narra, come in un happening itinerante, le vite bruciate di un gruppo di giovani scozzesi brutti, sporchi e cattivi, confinati nei ghetti della loro melmosa città, dove l'eroina é l'unica evasione. L'uscita di TRAINSPOTTING, questa nuova scimmia sullo schermo, ha generato interesse nella grande stampa inglese, e non soltanto per l'imponente macchina promozionale. La vita violenta di questi tossici, raccontata senza nessuna concessione al
moralismo e in modo aggressivamente controcorrente, ha colpito diritto al cuore con un argomento sempre più presente nella realtà quotidiana.

Dopo il successo internazionale, e congrui risultati di botteghino, che hanno salutato SHALLOW GRAVE (Piccoli omicidi tra amici), DANNY BOYLE è stato
inondato di lucrose offerte di regia sia in Gran Bretagna che a Hollywood. Ciò nonostante - Boyle - ha deciso di restare insieme a Andrew Macdonald e John Hode, produttore e sceneggiatore del film, per realizzare l'adattamento cinematografico del controverso romanzo cult di Irvine Welsh: Trainspotting.


Qualcuno ti accusa di aver cosparso di glamour l'eroina ?

Si è vero, il film ha recentemente suscitato qualche articolo ridicolo sul fatto che avvierebbe i giovani all'uso di droga, cosa che mi sembra il contrario della verità. E' un assurda ipocrisia. L'eroina qualcosa di attraente deve averlo e lo sappiamo tutti, altrimenti la gente non la prenderebbe. Chi si droga non lo fa per star male e poi morire: lo fa perchè con quella polvere si sente maledettamente bene. Può far paura, certo, ma é la verità: c'é un lato della droga che é meraviglioso. E se ti metti a fare un film sull'eroina non puoi far finta di niente, altrimenti racconti solo balle.

Ciò che colpisce nel film é l'approccio anticonformista all'argomento...

La vita di questi ragazzi é terribile e la schiavitù della droga é raccontata in termini drammatici..... L'orrore e il disgusto della vita di un drogato é ben superiore ai momenti di estasi da stupefacenti suggeriti dal mio film. Quando vediamo ragazzi che si drogano, puntiamo subito il dito contro l'ambiente sociale, contro la famiglia. Nel film, come nel libro, i genitori di uno dei protagonisti (Mark) non potrebbero essere più comprensivi e più dolci. Per Mark la droga é semplicemente una scelta di vita. Non tutti sono riusciti a capire il mio film.

Chi si identifica, secondo te, con i protagonisti del tuo film?

...Tutti i giovani: non dimentichiamo che il 60 per cento del pubblico del film é fra i 15 e i 25 anni. Per questo il film dovrebbe funzionare anche in altri Paesi. La vicenda si svolge a Edimburgo, ma potrebbe anche essere Manchester, Liverpool o in qualsiasi altra grande città europea, perché in fondo i problemi sono sempre gli stessi. Io ho voluto fare un film provocatorio, crudo e veritiero. Non c'é un solo omicidio, eppure la violenza del mio film ferisce molta gente...Non ho voluto fare del moralismo, ma solo un film...Uno spaccato della società in cui vivo.

Il film é anche altro...

Certo... A meno che tu non sia ricco e possa procurarti roba di perfetta qualità é normale che finisci nei guai se ti droghi.. Mentre giravo il film ho notato una cosa interessante: in Pulp Fiction l'eroina é bianca, in Scozia no, è marrone. La gente si inietta in vena questo schifo ed é anche per questo che alla fine si crepa. L'eroina nella sua forma più pura é la droga più compatibile, me lo hanno confermato tutti gli specialisti che ho consultato...Io personalmente ho cercato di rappresentare la realtà nuda e cruda. Ho presentato le cose in modo liberatorio, evidenziando lla visione di questo mondo, in modo reale.

Ti sei mai drogato?

Si, e per essere sincero devo dire che a volte la droga mi ha fatto stare meglio. L'ecstasy, per esempio, a volte mi ha ridato l'ottimismo perduto. Certo, é un'illusione, ma è anche uno strumento per portare fuori cose sepolte dentro di te.

All'origine del fenomeno TRAINSPOTTING c'è un libro, raccolto in brevi racconti, dello scrittore di Edimburgo, IRVINE WELSH, pubblicato in Inghilterra nel 1993 (in Italia è edito dalla Guanda). Poi c'è stata la versione teatrale, sempre con lo stesso titolo, che per tutta una stagione ha attirato in un teatro di Londra i giovanissimi, usi più ai concerti rock e ai rave-parties che alle sale teatrali, coinvolti da questa storia che racconta i loro problemi
generazionali. TRAINSPOTTING con 150mila copie vendute è il libro di maggior successo di Irvine Welsh, il trentenne scrittore scozzese che, anche con i successivi MARABOU STORK NIGHTMARES e ACID HOUSE, ha avuto il merito di iniziare alla lettura un pubblico che già lo venera come profeta della sua stessa generazione. Welsh non era affatto contento all'idea di vedere il suo libro al cinema, ma la sceneggiatura - scritta da un medico della mutua con una passione per il cinema - e la tenacia scozzese di regista e produttore, gli hanno fatto
cambiare idea. Al punto da spingerlo a comparire in un paio di occasioni sullo schermo, da vero junkie all'ultimo stadio. Irridente, intelligentissimo, scoppiato, senza cuore e senza vergogne, questo nuovo Céline della Scozia, ha nel suo passato una giovanile passione per il punk, girata tutta nei rave
party più seguiti del Regno Unito. Parla e scrive con lo slang delle sue parti, con una prosa asciutta e immediata, che non rinuncia all'ironia e, a volte, alla
comicità, l'incursione negli inferi metropolitani, il gruppetto di personaggi poco più che ventenni, accomunati dal fatto di essere eroinomani sono la
principale materia di Welsh. I vari episodi illustrano i loro rapporti sociali, le loro relazioni amorose e soprattutto il loro rapporto con la droga. Non c'é
compiacimento, non c'è condanna: l'autore parla e scrive per esperienza diretta. Non assolve e non condanna, semplicemente racconta con la continua energia verbale che si sprigiona da ogni pagina, al di là delle critiche o delle grida dei suoi fans.

Quando il regista Danny Boyle si è messo in contatto con te per dirti che era interessato a fare il film, quale è stata la tua reazione ?

Ho pensato che fosse molto ccoraggioso a farlo. All'inizi non riuscivo a vederlo come film per il suo carattere episodico e non abbastanza forte in senso narrativo. Ma d'altra parte non riuscivo nemmeno a vederlo come commedia prima che divenisse una commedia di successo, dunque un richiamo ce l'ha. Credo che siano in molti a essere stufi di quel genere di rappresentazione del mondo in cui pare che viviamo in un posto da blando "Quattro matrimoni e un funerale " ...Voglio dire che si dica qualcosina in più sulla società in cui effettivamente
viviamo e che si parli di più delle diverse culture che all'interno di quella società tendono a venire ignorate.

Pensi che il film sia fedele al tuo libro ?

Credo che come autore la prima cosa da dire a se stessi sia: ho scritto il libro ma il film lo fa qualcun'altro. Dal mio punto di vista, maggiore è la trasformazione meglio è. La gente insiste sulla 'fedele interpretazione' ma non si può dare una fedele interpretazione di qualcosa, puoi forse darla nello spirito, ma le cose cambiano spostandosi da un medium all'altro. Penso che nel film o in qualsiasi altro medium non si abbia lo stesso grado di libertà che si ha forse con la pagina bianca, sulla quale puoi mettere quello che ti pare. Si può dare grande profondità psicologica ai personaggi di un libro, mentre con un film bisogna scegliere una linea, che so, la black comedy oppure il realismo sociale. E poi deve mantenere quella linea.

Sei contento che non abbiano scelto il realismo sociale come approccio ?

Si, sono piuttosto contento... Credo sarei rimasto un pochino sconfortato, un pò deluso davanti a un'altra sorta di glorioso esempio di realismo sociale. Il mio libro parla di come la gente vive e interagisce. Vederla semplicemente come una forma di reazione all'oppressione sociale, alle circostanze della società, è
strappare un pò della sua anima e trasformare i personaggi in vittime... E non penso che lo siano veramente. Penso che siano persone le cui idee e ambizioni forse eccedono ciò che la società ha da offrirgli, ma credo che abbiano una grande forza a dispetto di questo.

Come ti sei trovato a recitare nel film?

Nel film recito la parte di uno spacciatore che è probabilmente uno dei personaggi meno simpatici del libro. E' un tizio orribile, cattivo, manipolatore, così un sacco di gente dirà: ecco un altro stereotipo!

Pensi che questo libro sia in qualche maniera datato?

Si, è datato nel contesto di Edimburgo perchè la scena della droga li è leggermente cambiata. ...Si tratta sempre di un mondo della droga di 'prima classe'. Ma di questi tempi c'è meno gente che si fa di roba e le persone che
vivono in quella subcultura hard sono sottoposte ai trattamenti di metadone. Quel tipo di uso di eroina è passato a Glasgow. Ma, la droga con cui la gente sceglie di fottersi, non é il mio vero problema. Il fatto è che la gente ha veramente poche opportunità... E, dunque non sorprende il fatto che cerchi di sfuggire o di sopprimere quanto più possibile il dolore del mondo. La gente ha
sempre abusato di droga. Per tradizione c'era l'alcool, ora c'è un cocktail di diverse droghe semplicemente perché ce ne sono diverse a disposizione. Non importa se sia eroina, alcool o quello che è. Anzi, forse stai meglio da
tossico che da alcolizzato perchè se sei un tossico puoi riformarti con discreto successo. E' invece molto difficile farlo per un alcolizzato perchè sei bombardato tutto il tempo da tutti quei messaggi sul bere e perchè è così parte della cultura, che ti riesce difficile cambiare idea.

Non credi che il linguaggio possa mettere in serio pericolo i lettori ?

Non posso farci niente. Sono i personaggi che mi appaiono con quelle voci. Sono loro a determinare la lingua con cui parlano. Scrivo perchè mi sono accorto che la gente è annoiata dalla mancanza di sostanza di letteratura borghese. Di quegli scrittori fighetti che escono da Oxford e Cambridge, poi girano un po' per strada, vanno a bere qualcosa al pub, ascoltano e alla fine scelgono le voci come fossero al supermarket. Ciò che veramente volevo - quando ho scritto il libro- era esprimere la rabbia davanti alla morte di persone con le quali ero cresciuto.