|
|
|
Situazionismi Il successo stesso del surrealismo sta nel fatto che l'ideologia di questa società, nel suo aspetto più moderno, ha rinunciato ad una rigida gerarchia di valori fittizi, ma si serve a sua volta apertamente dell'irrazionale e allo stesso tempo delle sopravvivenze surrealiste. (Rapporto sulla costruzione delle situazioni. Giugno 1957) Così apre l'Internazionale situazionista, con una critica serrata al surrealismo, " nel quadro di un mondo che non è stato essenzialmente trasformato, il surrealismo ha avuto successo." Oggi il successo riguarda proprio il situazionismo, evocato sempre più spesso dall'avanguardia radicale sia nell'arte che nell'architettura, vive un momento di rinnovata attenzione. Oggi forse si potrebbe applicare a questo successo dei situazionisti le stesse critiche che essi mossero ai surrealisti: il mondo moderno ha recuperato il vantaggio formale che il surrealismo aveva su di esso. Le manifestazioni di novità nelle discipline che progrediscono effettivamente assumono una apparenza surrealista (...). Ma la realtà che presiede a questa evoluzione è che, non essendo stata fatta alcuna rivoluzione, tutto ciò che per il surrealismo ha costituito un margine di libertà si è trovato riverniciato e utilizzato dal mondo repressivo che i surrealisti hanno combattuto." Con ciò intendo dire che la pratica della deriva e la costruzione di situazioni, possono essere oggi altrettanto strumentalizzate dall'ideologia di questa società, di quanto lo fossero alla fine degli anni Cinquanta le pratiche surrealiste quali la scrittura automatica e i giochi collettivi basati su di essa. L'attuale mondo della comunicazione, sintesi dei linguaggi della informazione, della propaganda e dell'arte, è uscito dalla gabbia televisiva che lo limitava a due dimensioni, per invadere lo spazio, il tempo e i comportamenti collettivi, attraverso dei dispositivi che, snaturati, sono proprio quelli proposti dai situazionisti e che oggi vengono accolti e promossi tra quanti praticano le strade della ricerca radicale. Non che la pratica di modalità situazioniste non sia oggi attuale e necessaria, il pericolo è nell'estetizzazione e nella scarsa incisività sociale di tali pratiche e nell'uso, mistificante, ma ben più pervasivo e totalizzante che ne fa la società dello spettacolo. Come dissero gli stessi situazionisti è la stessa impotenza della creazione culturale, (che) mantiene l'attualità del surrealismo e ne favorisce molteplici ripetizioni degradate. Il solco tracciato tra i sitazionisti e la società dello spettacolo è oggi sempre più labile e incerto, proprio in ragione dello svilupparsi delle pratiche spettacolari realizzatesi anche attraverso lo sfruttamento, evirato e sterilizzato, delle pratiche situazioniste. Il che vuol dire che in qualche modo la società dello spettacolo ha accolto le modalità situazioniste nel proprio linguaggio, utilizzandole strumentalmente a prescindere dai valori rivoluzionari di cui il situazionismo è stato ed è ancora portatore. D'altronde fu proprio lo stesso Guy Debord a metterci in guardia dalla pervasività della società dello spettacolo, sempre in grado di trasformare qualsiasi novità rivoluzionaria in linguaggio strumentalizzabile, dove anche la distruzione estrema del linguaggio può trovarsi pienamente riconosciuta come un valore positivo ufficiale. Tale critica, lucida e sicuramente profetica, vede nel ruolo passivo del pubblico, degli spettatori, il limite insormontabile della società dello spettacolo. E' così che i situazionisti professano la costuzione di situazioni come carta vincente, arma efficace per contrastare la società spettacolare. E' in ciò che intravedo un carattere utopico, un sogno, per dirla con Debord, che rischia di farci addormentare. Infatti se negli anni Cinquanta il termine spettacolare era sufficiente a definire la pervasività del capitalismo nella vita reale, se infatti si andavano costituendo masse dormienti che passivamente subivano lo spettacolo il cui più grande artefice era di fatto la televisione, oggi dobbiamo fare i conti con una società dello spettacolo che sopravvive al disgregarsi delle masse e che si rivolge al singolo spettatore, che essa stessa scuote e che tende a far agire in un campo pressochè infinito di possibili situazioni tutte controllabili spettacolarmente, infinite pseudolibertà che oggi danno allo spettatore la sensazione di scegliere, di contribuire a costruire lui stesso le situazioni spettacolari che sono state per lui confezionate. Quella di oggi è una società dello spettacolo e delle pseudosituazioni, dove sta sparendo il ruolo passivo dello spettatore, che viene coinvolto attivamente in uno pseudogioco collettivo. Queste considerazioni più che una critica ai situazionisti costituiscono il tentativo di procedere verso una ridefinizione di una pratica, in sè di assoluto valore nel campo della ricerca sperimentale, che deve essere però attualizzata davanti alle sempre più efficaci e penetranti forme dello spettacolarizzazione del capitale. Ciò che deve legare l'attuale ricerca sperimentale al situazionismo, non sono soltanto le pratiche della azione situazionista, come la costruzione di situazioni, la deriva e la psicogeografia, ma la coscienza che, e questa intuizione di Debord non è da mettere in discussione, lo spettacolo è la conservazione dell'incoscienza nel cambiamento pratico delle condizioni di esistenza, anche se questa è oggi ottenuta attraverso la realizzazione di pseudosituazioni pseudoludiche che coinvolgono attivamente lo spettatore divenuto attore e Pseudoviveur. Credo infatti che oggi la attività di ricerca radicale non possa realizzarsi senza la coscienza di nascere già all'interno dei territori dello spettacolo o in territori limitrofi e comunque spettacolarizzabili. Questa presa di coscienza è utile per non creare illusioni e per riconoscere le mistificazioni. Ciò che noi possiamo fare oggi è cavalcare l'elasticità del linguaggio spettacolare per realizzare ambienti e e situazioni sperimentali, dapprima effimeri e informali, dove possano trovare luogo comportamenti veramente ludici e solidali, ambienti la cui realizzazione costituisca un processo di presa di coscienza sulla reale trasformabilità delle condizioni di esistenza. Navigare nelle pieghe della realtà spettacolare consapevoli della mutevolezza dei venti e che solo la coscienza con cui si tiene il timone può far approdare su nuovi lidi. In questa navigazione è importante riconoscere le rotte di chi ci naviga affianco piuttosto che il profilo estetico dei loro scafi o l'immancabile bandiera dei pirati. Ciò che è da verificare è la reale incidenza delle pratiche sperimentali sulla realtà, piuttosto che l'aderenza ad un linguaggio sperimentale che non può e non deve essere codificato. di Lorenzo Romito |