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 Pier Luigi Capucci
 
L'arte remota

Pier Luigi Capucci

Cercare un denominatore comune alle forme espressive della Rete e' un'impresa difficile, data la varieta' di approcci, di poetiche, tematiche, tecniche utilizzate. E' arduo in primo luogo per il sostrato su cui poggiano queste opere, per la straordinaria plasticita' e il metamorfismo del linguaggio digitale, che non possiede l'inerzia, la resistenza, la consistenza, i 'costi' - in ogni senso - della materia. Il genio del digitale e' precisamente l'indefinita modificabilita' dei costrutti generati attraverso di esso (come del resto accade per ogni medium a cui viene applicato, dal cinema al video, dalla televisione alla fotografia, dalla musica alla stampa...). Nel digitale non vi e' alcuna resistenza da parte della materia nei confronti della forma perche' non vi e' nulla di materiale da formare nell'opera, e l'unica 'resistenza' e' di natura cognitiva (le poetiche, gli strumenti, i processi che regolano il sistema opera-fruitore-ambiente...). Col digitale tramonta definitivamente la fisicita', un po' oleografica e un po' romantica, del gesto demiurgico tormentato e creativo dell'artista che fisicamente (e faticosamente) genera direttamente l'opera dalla materia servendosi - sostanzialmente - delle sue mani con l'ausilio di strumenti semplici usati in maniera magistrale (senza bisogno di macchine). Giunge a compimento quel percorso, scatenato dalla fotografia, che separa definitivamente 'creativita'' e 'talento manuale'.
Se alla vocazione metamorfica del digitale si aggiungono le possibilita' comunicative della Rete il discorso si fa piu' articolato e complesso. L'opera puo', per esempio, situarsi in un coacervo di relazioni che esorbitano dalla dimensione locale della sua presenza e fruizione. Questa dimensione locale puo' divenire del tutto irrilevante o, al contrario, puo' contare su di una platea mondiale verso cui essere veicolata. E dato che la Rete conta svariate decine di milioni di utenti, che lo si voglia o no si schiudono le vie delle comunicazioni di massa, cosa di cui molti artisti sono profondamente consapevoli (fino a farne il cardine della loro poetica), con gli annessi delle mode, dei consumi, del denaro, della celebrita' (argomenti a cui molti artisti sono sensibili, non sempre in maniera critica). Inoltre mediante la Rete la plasticita' digitale si fa ubiqua, con la possibilita' di coagulare e coinvolgere fattivamente intorno all'opera idee, teorie, comportamenti di natura etica, sociale, politica, culturale, che sono in grado di incidere sul reale. Dunque queste forme artistiche, liberate dai tempi, dalle resistenze e dall'inerzia della materia, potenziate dalla Rete, consentono opportunita' creative che non hanno riscontri negli ambiti dell'arte 'tradizionale'. E anche per il fatto che non sono ancora state inquadrate dentro schemi di natura estetica o critica, gli artisti possono essere assolutamente liberi di sperimentare, di cambiare strumenti, tecniche, tematiche, modalita' espressive, in maniera molto piu' accentuata che nell'arte tradizionale (dove invece spesso l'ecletticita' viene vista negativamente).
Questa grande possibilita' combinatoria rende da un lato le forme d'arte per la Rete estremamente vivaci, interessanti e innovative, ma nel contempo le rende anche sfuggenti e, al di fuori della cerchia ancora piuttosto ristretta degli addetti ai lavori, le fa considerare senza stile (nonostante che la riproducibilita', dunque la vocazione a 'ripetersi', sia uno dei cardini su cui poggiano). E questi elementi, che mascherano queste forme d'arte sottraendo loro riconoscibilita' e che spesso le imparentano con le comunicazioni di massa, andrebbero riconosciuti come parti fondamentali della loro poetica. Ma, dopotutto, ha senso ricondurre queste forme all'ordine della lettera, al rigore del tempo e dunque della Storia? Ha senso cercare di contestualizzarle, storicizzandole e fagocitandole all'interno di ambiti con cui poco o nulla hanno a che fare, come quello dell'arte, forzando la loro natura imprevedibile, transeunte, impermanente, metamorfica, processuale? Ha senso confondere quest'arte remota con l'oggettualita', la persistenza e l'hic et nunc delle opere tradizionali?

Non ha senso... Tuttavia e' importante approfondirle se l'obiettivo e' quello di cercare e comprendere nuove strade in cui trovare emozione e, in fondo, di capire meglio la nostra contemporaneita', noi stessi. E' importante approfondirle se questo tentativo riesce finalmente a scuotere l'ordine stantio dell'arte, la sua curiosa e forzata continuita' che mette insieme i vasi greci e le de'moiselles di Picasso, i mosaici bizantini e l'arte surrealista, le fotografie di Atget e le installazioni di Paik, gli affreschi rinascimentali e i multipli numerati e firmati... E' importante approfondirle cercando di non sottrarre nulla a queste forme, impoverendole, cercando di non tenere i piedi piantati nella tradizione e lo sguardo rivolto al passato.
Tuttavia, il fascino dell'arte per la Rete non sta forse proprio nell'imprendibilita', nel sottrarsi agli schemi e alle etichette, nel porre in discussione i dogmi della comunicazione? Non sta forse nella leggerezza e plasmabilita', nella ritrosia alle forme di ordine, nell'essere altrove? Chi ci assicura che, una volta normate e fissate, queste forme non svaniscano (e magari, grazie alla loro natura metamorfica e ubiqua, divengano altro)? Godiamocele, ancora pure ed aliene, bizzarre e riottose, sfuggenti e primitive, prima che cambino per sempre!

Pier Luigi Capucci
Si occupa dall'inizio degli anni Ottanta di media tradizionali e nuovi media nella comunicazione e nell'arte. Attualmente insegna 'Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa' all'Universita' di Bologna. Ha insegnato 'Teoria e tecniche dei nuovi media' nelle universita' di Roma ('La Sapienza'), Firenze e Bologna. Ha pubblicato: Realta' del virtuale. Rappresentazioni tecnologiche, comunicazione, arte, Clueb, 1993; (ed.), Il corpo tecnologico. L'influenza delle tecnologie sul corpo e sulle sue facolta', Baskerville, 1994; Arte e tecnologie. Comunicazione estetica e tecnoscienze, Ed. dell'Ortica, 1996. Suoi testi sono stati pubblicati in atti di convegni, cataloghi e libri a piu' voci sia in Italia che all'estero. Ha collaborato alle principali riviste di settore, come 'Linea Grafica', 'Domus', 'D'Ars', 'Virus'.
Nel 1994 ha fondato e diretto NetMagazine (in seguito MagNet), pubblicazione telematica in tre lingue (italiano, inglese e francese), sulle relazioni fra cultura e nuove tecnologie di comunicazione. Nel marzo 2000 ha fondato Noema, sito Web sulle relazioni tra tecnologie, cultura e societa', di cui cura la direzione e lo sviluppo. Ha tenuto corsi e seminari in numerose Universita' italiane e straniere, ed ha curato convegni, mostre e manifestazioni in Italia e all'estero.

http://www.noemalab.com

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