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Premessa: ovvero da Assab One 2002 ad Assab One 2004

Nel 2002, un po' per gioco, un po' per il fascino di questo spazio industriale, un po' per la solita incoscienza che deriva dalla passione, insieme a Laura Garbarino e a Elena Quarestani, ci siamo tuffati nell'impresa un po' folle di organizzare una mostra di artisti giovani senza grandi sponsor ne' finanziatori pubblici e per di pił in uno spazio non deputato a ospitarla. Come si sa', la follia e' una malattia contagiosa e non esistono antidoti in grado di neutralizzarla. Cosi', improvvisamente, la quiete che era scesa nella tipografia che da poco aveva smesso di funzionare, e' stata sfrattata da ventiquattro artisti - contagiati anche loro e forse anche in modo piu' virulento - che hanno realizzato opere adatte agli spazi bellissimi ma anche difficili della ex-GEA. E, si sa' anche questo, la follia oltre che contagiosa e' molto difficile da debellare... ed e' per questo che ci abbiamo riprovato.

Uno spazio industriale - Allestire una mostra in uno spazio industriale potrebbe sembrare una scelta normale, quasi alla moda per una citta' come Milano che si e' rapidamente trasformata da principale citta' dell'industria italiana, in citta' del terziario e, naturalmente, della moda, del design, della pubblicita' insomma citta' dell'immagine e, in un certo senso, dell'immaginario. Si potrebbe pensare, quindi, che siano tantissimi gli spazi industriali a disposizione per esposizioni o eventi, ma in realta'non sono tante le occasioni per fare una mostra in luoghi con queste caratteristiche. Sicuramente e' affascinante misurarsi con uno spazio che ha un suo preciso carattere, lontano dalla neutralita' algida della maggior parte delle gallerie che tendono a somigliarsi le une alle altre. La storia del luogo e' qui, sotto gli occhi di tutti: una grande macchina da stampa, che sembra un dinosauro sopravvissuto alle glaciazioni o alle meteoriti, e' ancora li' a ricordacela.

Site specific - Anche la scelta degli artisti da invitare e' stata operata in funzione di questa ''non-indifferenza'' del luogo che andava a ospitarci. A loro, infatti, e' toccato un compito molto difficile, che imponeva di andare ben al di la' del solito sforzo di proporre il proprio punto di vista, il lavoro realizzato all'interno dello studio, ed esposto in un'altra sede. Ognuno di loro ha, dunque, dovuto prendere in considerazione, come dato di partenza, lo specifico della ex-Gea, stabilendo con tale spazio un dialogo serrato che mettesse in discussione se stessi, il proprio lavoro, le proprie convinzioni. In questi anni si e' dibattuto molto di arte relazionale, di arte site specific, ma spesso se ne parla, o la si pratica, come un esercizio di stile, o come se le sue premesse fossero valide solo all'interno di un laboratorio dalle pareti bianche. In Assab One 2004 (ma anche nella precedente edizione) la relazione era necessaria, evidente, pressante e imprescindibile. Molti artisti hanno addirittura raccontato le proprie storie prendendo come spunto questo stesso spazio. Tutti hanno dovuto mediare le proprie idee con le tante finestre, gli spazi irregolari, la storia del luogo, dimostrando come l'arte si sia ormai evoluta in una direzione di dialogo e complicita' con l'esterno.

Artisti giovani - Fino a qualche anno fa era difficilissimo per un artista giovane cominciare a esporre; in questo momento credo che invece le condizioni siano in parte mutate: accanto a Care of e Viafarini (che da oltre 10 anni si dedicano alla promozione di giovani artisti) sono stati affiancati da altri spazi non-profit e gallerie; parallelamente, gli eventi dedicati all'arte emergente si stanno moltiplicando. Paradossalmente risulta probabilmente piu' difficile esporre per gli artisti della mia generazione (quelli che sono arrivati ai quarant'anni) considerati troppo conosciuti per essere proposti nelle mostre ''giovani'' e troppo giovani per essere consacrati dai pochi musei italiani. Per quale motivo allora organizzare l'ennesima mostra di giovani? Devo ammettere, come curatore, che due cose mi hanno sempre stimolato: cercare di mettere in moto riflessioni generali che implichino analisi dell'arte in relazione alla ancora piu' complessa realta' politico-sociale da una parte e, al contempo, capire cosa pensino le nuove generazioni, come si esprimano i nuovi artisti, insomma cercare di interrogarsi su quali potrebbero essere le regole (e le immagini) mediante le quali costruire e interpretare il mondo del prossimo futuro. Credo che anche questa seconda pista di ricerca possa essere classificata come una specie di malattia: dal momento in cui abbiamo mandato le email invitando ufficialmente gli artisti di quest'edizione, ho conosciuto almeno due o tre giovani artisti che mi sembravano particolarmente convincenti e che vorrei coinvolgere nelle prossime mostre che curero'. A prescindere dal significato che ha per me curare Assab One, credo comunque che questo tipo di eventi siano degli importanti momenti di crescita per ognuno degli artisti. Raramente in Italia si e' coinvolti in mostre collettive che ti costringono a prendere le misure del proprio lavoro (naturalmente non soltanto in senso fisico) a confrontarsi con il luogo e con gli altri artisti. Probabilmente se si riuscissero a organizzare piu' occasioni di questo tipo esisterebbe anche una generazione di artisti in grado di sfruttare pienamente le occasioni di confronto con l'esterno. Non saremmo piu' qui a lamentarci perche' il numero degli artisti italiani che partecipano a questa o quella rassegna internazionale e' cosi' esiguo, senza comprendere che uno dei motivi del poco interesse suscitato dalla scena artistica italiana presso i curatori stranieri e' legato alle poche occasioni di vedere gli artisti confrontarsi con dei grandi spazi.

Grazie: - A Giuliana Setari e alla Dena Foundation per la Borsa di Studio (realizzata grazie al sostegno del Comune di Milano) e al suo impegno per far conoscere la realta' artistica italiana all'estero; ad ACACIA che, oltre al premio acquisto per il nascente Museo d'Arte contemporanea di Milano, come singoli collezionisti e come associazione sostengono l'arte italiana e le permettono di vivere; a tutti coloro che continuano a credere nell'arte contemporanea.

Speriamo: - Non si dovrebbero mai ringraziare le persone gia' menzionate all'interno del colophon perche' e' scritto l'impegno e la partecipazione sono gia' riconosciute loro pero' si potrebbe trasformare questo ''grazie'' in uno ''speriamo'': che gli artisti siano contenti del loro lavoro (come io sono stato del loro) e che questa mostra possa servire come trampolino per la loro avventura artistica; che l'Assessore Brandirali e i suoi collaboratori (prima tra tutti Nadia Baratella) continuino a supportare iniziative tese a riportare Milano in una dimensione europea che gli compete; che UnDo.Net continui a essere ''complice'' dei miei misfatti; che Elena Quarestani, proprietaria dello spazio e promotrice di Assab One, non trovi il rimedio contro la follia e prosegua nel suo progetto di trasformare una parte di questo spazio in un luogo espositivo permanente; che Roberta Tenconi, Nora Bertolotti, Francesca Bertolotti, Francesco Pavesi e tutte le altre persone che in tempi e modi diversi hanno contribuito a realizzare questa mostra siano sopravvissuti a tutti i problemi e continuino a voler fare i curatori di mostre: ci sara' sempre piu' bisogno delle loro idee, delle loro capacita', della loro sensibilita' e delle loro energie; e che Francesco Tiribelli e April anche loro trascinati e contagiati continuino a fornire il loro supporto e competenza al mondo dell'arte contemporanea.
Grazie anche a tutti quelli che vengono a vedere Assab One 2004: spero che la mostra incontri il loro interesse e stimoli i loro pensieri.

Roberto Pinto