V i c t o r   M i s i a n o
Perché gli artisti oggi sono necessari

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Le risposte che seguono sono state rilasciate da alcuni artisti moscoviti nell'ottobre 1995, all'incirca nello stesso periodo in cui ho avuto il piacere di partecipare agli "Incontri. con l'arte contemporanea". Le linee portanti del mio intervento all'incontro milanese convergevano nell'indicare che il problema centrale oggi per gli artisti russi e quello del significato da attribuire all'arte, della giustificazione del fenomeno artistico. In effetti la vita artistica a Mosca attraversa attualmente una fase di profonda crisi istituzionale: la potente sovrastruttura dello Stato, così presente durante il periodo sovietico, oggi e crollata e nel frattempo non è emerso nessun nuovo assetto stabile. L'arte come sfera di attività pratica risente della perdita della propria funzione sociale.

Questo sentimento di emarginazione è amplificato dal fatto che, in epoca sovietica, l'arte rivestiva un ruolo speciale e privilegiato, era cioè qualcosa di più di quello che normalmente intendiamo con la parola "arte". Nella società sovietica, estremamente formalizzata, in cui l'ideologia ufficiale era assimilata ad una fede, l'arte e la cultura erano chiamate a svolgere una funzione sacrale. Inoltre in quella società statica e sclerotizzata, l'esperienza artistica rappresentava l'unico ambito legale dotato di una propria forma di vitalità. Sotto questo aspetto anzi, la cultura ufficiale e quella che, opponendosi alla prima, veniva chiamata cultura non ufficiale, erano in realtà alquanto vicine e apparentate. Oggi invece la realtà sociale, piena di avvenimenti caotici, appare incomparabilmente più dinamica e spettacolare di quanto non riesca ad esprimere l'attività artistica. Il mondo artistico, abituato a godere di uno status privilegiato, si rende conto che sta perdendo i colpi. Questo contesto rende ancora più attuale la domanda del titolo, che può servire a cercare di definire meglio l'attuale situazione. Va detto che l'atteggiamento "catastrofista" che contraddistingue i processi in atto in Russia, non soltanto nell'ambito culturale ma anche nella sfera sociale e ideologica, si accorda bene anche il ricorso ad una domanda diretta, espressa lapidariamente e senza particolari eufemismi. In effetti, viene spontaneo chiedersi: a che cosa servono oggi gli artisti?

Il romanzo di L. Tolstoj "Anna Karenina" si apre con una frase celebre: "Tutte le famiglie sono felici allo stesso modo, ciascuna e infelice a modo proprio". Lo stesso si può dire oggi rispetto agli ambienti artistici: non troverete più l'antico monolitismo ne il sentimento diffuso di una partecipazione ad un comune destino e neppure la consapevolezza di far parte di un ambito professionale omogeneo. L'autoidentificazione degli artisti, che vedono venire meno le motivazioni stesse che stanno alla base della loro attività, e diventata ormai una questione che ciascuno risolve a modo suo. Le strategie di salvezza individuale derivano direttamente dalle scelte personali. Non bisogna quindi stupirsi se alla domanda "Perché siete necessari?" seguono risposte che si differenziano notevolmente le une rispetto alle altre. Però tutti si sentono almeno un po' compagni di sventura: le difficoltà uniscono. Questo è uno dei motivi che li ha spinti a rispondere alla nostra domanda. E mi sembra che dal sondaggio venga una conferma ad un'altra idea che avevo espresso a Milano, cercando di definire i fenomeni in atto negli ambienti artistici moscoviti: se da un lato registriamo una spinta alla frantumazione delle posizioni individuali, portate ad un radicalismo estremo, sino quasi al punto di collasso, d'altro lato si verifica anche un recupero del dialogo, seppure esasperato , sino a dar luogo a un vero e proprio fenomeno di de-personificazione: sono questi i due vettori-guida del campo di forze in cui operano oggi i rappresentanti dell'arte moscovita.

Infine le risposte date riflettono con incisività le diverse posizioni individuali che emergono da quella che si può definire la nuova mentalità post-sovietica. Ad esempio e molto indicativo della situazione moscovita l'atteggiamento di radicalismo oltranzista, espresso da Dmitrij Gutov e da Aleksandr Brener, due figure che con particolare vigore respingono ogni ipotesi di compromesso e pongono il problema della attuale completa dissoluzione del fenomeno artistico, in termini generali, accusando di frode morale e di ipocrisia coloro che ancora si sentono impegnati nel processo della produzione artistica. Ciascuno dei due, anche se in modo diverso, nella propria attività pratica si attiene alla posizione suddetta. Gutov — che si era conquistato una solida reputazione con grandiosi allestimenti e installazioni per lo spettacolo — ha organizzato un Centro teorico interdisciplinare e si è rinchiuso in un lavoro di ricerca che non potremmo non definire alquanto ermetico. Qualsiasi intervento pubblico, egli sostiene, oggi non avrebbe senso: e invece indispensabile chiarire quali siano le basi fondamentali dell'essere, e indispensabile trovare le risposte ai problemi che ne derivano. Brener invece vuole "parlare con il linguaggio delle emozioni", superando i limiti tradizionali dell'arte, non per ritirarsi nel chiuso ambito di un lavoro specialistico, ma per intervenire direttamente nella sfera dell'attività sociale. Questa volontà tesa alla ricerca di un gesto sociale radicale e propria anche di Anatolij Osmolovskij , che evita comunque soluzioni autistiche e cerca invece, seppure in modo provocatorio, di instaurare un dialogo possibile con la società russa contemporanea.

Sono molto significative anche le risposte rilasciate dagli artisti della vecchia generazione. È evidente che costoro, i leader della fase underground e le personalità più rappresentative dell'epoca trascorsa, hanno vissuto il processo di de-contestualizzazione dell'arte in modo ancora più doloroso rispetto alle generazioni più giovani. Oggi, quando sarebbe forse tempo per loro di riposare sugli allori e tenere a battesimo l'arte dell'epoca post-sovietica, si sentono dire che la loro attività e priva di valide giustificazioni. È significativo vedere come Nikita Alekseev, leggendario creatore della "Apt-Art"", la corrente artistica maggiormente rappresentativa dell'avanguardia moscovita degli anni 80, mostri di considerare l'attuale "disastro" con una sorta di distacco filosofico, mentre Igor Makarevic e Elena Elaghina, che lavorano in coppia con l'ambizione di creare delle opere museali, si trovano a vivere una duplice esperienza di frustrazione: la perdita di significato della loro attività artistica, per la quale hanno rischiato la repressione politica durante il periodo sovietico, e la totale estraneità verso la loro arte da parte dei giovani radicali.

Infine quattro risposte: quelle di Georgij Liticevskij, Gija Rigvava, Vladimir Kuprijanov e Iurij Leiderman, rappresentano diversi atteggiamenti di stoicismo individuale, ossia quattro diverse strategie di sopravvivenza personale. La posizione di Rigvava accoglie le forme analitiche dell'arte occidente e questo e comprensibile, considerato che egli si e specializzato nella creazione di video-installazioni che utilizzano in modo asettico la tecnologia più complessa. Kuprijanov si avvale di formulazioni altisonanti e di un pathos eroico; anche questo non stupisce, dato che egli e autore di grandi opere su tematiche che riguardano l'identità della Russia, con l'utilizzo del fotomontaggio.
Liticevskij preferisce le forme della comunicazione universale, egli e un artista di vasta cultura, profondo conoscitore dell'antichità. L'aforisma di Iurij Leiderman, artista di raffinato ermetismo intellettuale, nasce da un atteggiamento di misantropia, per cui la sconfitta dell'arte e pur sempre una dimostrazione della sua esistenza. Insomma: "Finche c'è guerra c'è speranza"

DMITRIJ GUTOV
Così come sono oggi, gli artisti non sono necessari. lì mondo non si accorgerà neppure della loro scomparsa che, spero, avrà luogo entro tempi ragionevoli. È vero che c'è gente che investe i propri risparmi in azioni della "Società Picasso", ma credo che costoro rimarranno ben presto delusi.
I processi biochimici che avvengono dentro i cervelli dei nostri contemporanei avevano bisogno sino a qualche tempo fa dell'intervento di qualcuno che fosse capace di sollecitare le loro reazioni.
Questo qualcuno era l'artista contemporaneo e una vasta industria culturale aveva come compito quello di produrre questa figura. Oggi non si può dire che gli artisti non siano più all'altezza del loro compito, semplicemente e venuta meno l'esigenza sulla quale esso era fondato.
Verso la metà degli anni 90 la storia ha perso la drammaticità che aveva caratterizzato gli anni passati, la vita ha eliminato le contraddizioni, ha annullato il disordine. Una visione idilliaca, una nuova tendenza alla semplificazione ricoprono oggi contenuti talmente poco meritevoli di interesse, che ne risulta vanificata anche l'illusione di un gesto liberatorio. Cosa possiamo dedurne? Che proprio il gesto veramente libero è ancor più indispensabile. L'ordine che governa il mondo è calcolato in modo cosi esatto che non si differenzia da un ordine in cui nulla è definito. L'artista contemporaneo è colui che saprà riconoscere la giustizia, come risultato del suo proprio arbitrio personale Non fingersi autosufficienti e indipendenti, ma esserlo veramente: è questa una delle aspirazioni essenziali dell'uomo - bisogna essere capaci di realizzarla coerentemente in tutti i suoi aspetti.
Se nel mondo naturale si verificherà qualcosa degno di nota, allora i responsabili e promotori di ciò che sta avvenendo saranno gli artisti.

Georgij Liticevskij
Gli artisti sono necessari oggi per gli stessi motivi per i quali sono necessari da sempre: perché sono diversi dagli "altri". La Società li definisce "artisti" ora con imbarazzo, ora con entusiasmo, oppure con rabbia, ma in fondo li sopporta, o al massimo li tollera. Talvolta l'irritazione è cosi grande che la Società finge di ignorarli. Proprio questo livore, nascosto sotto una maschera di indifferenza, mostra il particolare legame che lega la Società agli artisti. Ritengo che oggi ci troviamo proprio in una di quelle fasi in cui essi sono più che mai necessari.
In realtà la società ripaga gli artisti con la stessa moneta (lo stesso atteggiamento) con cui gli artisti considerano i problemi sociali. Sarebbe sbagliato fingere di non saperlo, ma, per 1'appunto, questo atteggiamento assomiglia a quello del nuotatore che si muove controcorrente: ci vogliono i nervi saldi.
Se dovessimo ammettere che gli artisti possono talvolta essere inutili, tanto varrebbe dire che non sono mai stati necessari. In ogni epoca le cosiddette "opere d'arte" avrebbero potuto essere affidate a persone con una formazione prevalentemente tecnica, applicativa, illustrativa. L'artista è infatti, in buona parte, un artigiano, un decoratore, un costruttore (di strade, di palazzi ecc.). Ma anzitutto egli è un costruttore di idee, di realtà non visibili ad occhio nudo. E' uno specialista dell'arte di rendere percepibili le idee. È colui che per primo riesce a "vedere" le idee e a dare loro una forma concreta. Il filosofo russo Losev riteneva che Platone non avrebbe potuto cogliere le idee (eidos) se non avesse potuto prima conoscere le opere degli scultori greci. In questo giudizio non vi è nulla di irriverente nei confronti della filosofia, che ha come proprio oggetto il pensiero e non l'"idea". Comunque la società ha bisogno sia dell'uno che dell'altra, anzi esige qualcosa di più, cioè la formazione di un cemento ideologico che costituisca un presupposto indispensabile per la costruzione di una salda struttura sociale. Nella attuale fase di elaborazione di una nuova ideologia, caratterizzata da un deficit ideale, si rende inevitabile il ricorso agli artisti, ai quali si chiede di trasformarsi in ingegneri delle idee o in potenziali costruttori di ideologie.
Alcuni accettano questo ruolo e magari diventano degli "image makers", o dei chiaroveggenti o, più semplicemente, degli uomini politici. Il fenomeno riguarda in particolare i cosiddetti "artisti attualisti", i quali effettivamente personificano professioni emergenti e non ancora ben definite (per questo li chiamano "artisti").
Certo, si può correre il rischio (o avere la fortuna?) di essere costretti a rinunciare al titolo di artista, ma ciò non è ineluttabile. Gli artisti sono necessari in quanto custodi dell'idea pura, questo però non significa che essi debbano svolgere il ruolo di professori della ideologia. I mercanti di idee troveranno certamente il modo di attingere dalle loro ricchezze, ma non riusciranno a prosciugarle (considerando anche che non esiste più un monopolio ideologico). Sono necessari artisti delle specie più diverse, inclusi i "conservatori" e i "de-costruttivisti", dato che le idee possono essere servite in molti modi.
Gli artisti sono diversi dagli "altri". E questo risulta abbastanza irritante. Perciò c'è chi cerca di provocarli agitando il drappo rosso del "successo". Oppure talvolta vengono rimproverati di essere "soltanto" degli artisti e si pensa di indurli in tentazione coniando la definizione di "grandie artista". Ma loro insistono nel dire che in una casa disegnata può veramente abitare qualcuno, anche se poi sono i primi a non crederci. Sono privi di concretezza e la società non sopporta il vuoto. Horror vacui! Eppure gli artisti assolvono la funzione di dose omeopatica rispetto al nulla, sono capaci di immunizzare il vuoto cosmico e le diverse conformazioni dei "buchi neri" (compresi quelli che si verificano in seno alla società). E certamente i buchi neri rappresentano il problema prioritario del mondo odierno.

Gija Rigvava
Nel mondo più evoluto gli artisti esistono in quanto membri di una comunità, dotata di proprie strutture organizzative, inserite in un contesto di rapporti economici. Da noi non è la stessa cosa: gli artisti devono compiere, in perfetta solitudine, un percorso formativo che parte da zero e giunge in nessun luogo, dopo di che possono continuare a sopravvivere nella loro nicchia. Pertanto la questione di sapere se essi siano o non siano necessari, in un certo senso, sorge spontanea. Comunque sia, tutti sanno che l' artista è uno dei membri più antichi della società, insieme al medico, al soldato, all'insegnante e al politico.
L'artista non può non essere. Tuttavia oggi egli può esistere soltanto se riesce a superare le circostanze e le condizioni che potrebbero determinare la sua esclusione. Mi riferisco al mercato, con le sue regole o con la mancanza di ogni regola, alle politiche governative nei diversi Paesi riguardo alle arti, compresa la principale novità del nostro tempo: la diffusione di pseudo-arti onnipotenti che penetrano, senza incontrare ostacoli, attraverso ogni fessura e riempiono ogni spazio a disposizione, rendendo alquanto problematica la rappresentazione, il riconoscimento e la funzione dell'arte.
Postart, postsex, posthumanum: sono state coniate diverse definizioni (tutte con il prefisso "post") che dovrebbero servire a caratterizzare la presente situazione e che ci propongono delle soluzioni per molti aspetti simili tra loro: i fruitori vengono investiti da crescenti ondate di prodotti erotici, ma la loro sessualità rimane povera; centinaia di artisti si sforzano di soddisfare le esigenze estetiche della società, ma non hanno quasi mai un rapporto profondo con l'arte; le istituzioni statali, politiche, economiche e sociali svolgono una gran mole di attività, ma sembrano non preoccuparsi molto del fattore umano. L'arte contemporanea, sorta all'inizio del nostro secolo, per una serie di ragioni è sempre risultata non gradita. Tuttavia, essa ha perseguito dei tentativi di sperimentazione, ha creato dei "casi", ha ricercato nuovi significati (è cosi che avviene il processo di assimilazione della contemporaneità) e in questo modo è diventata necessaria per le generazioni successive. È un fenomeno che si ripete da sempre e che riguarda anche l'oggi. Alcuni scavano nel terreno che si sono scelti, sperando di raggiungere la fonte pulsante della realtà, altri setacciano gli strati già esistenti dell'esperienza umana, che aiutano a ricomporre il mondo in una unità, altri ancora trovano nei "valori umani" una regola di giudizio, che in ogni tempo e luogo non ha mai cessato di svolgere una funzione utile...
Molto, se non tutto, di quello che queste persone oggi stanno facendo (e si tratta di cose che si possono udire, vedere, sperimentare) verrà apprezzato soltanto in futuro.

Anatolij Osmolovskij
L'artista contemporaneo è uno specialista della comunicazione non standardizzata, capace di interagire con il mondo sociale. Questo ruolo gli consente di svolgere una funzione utile per la società.
La sua missione, però, consiste nell'imprigionare la negatività della trascendenza. Per fare ciò egli si avvale della più ampia facoltà di sperimentazione e rischia cosi la propria salute, l'onore e la carriera. La trascendenza può assumere forme diverse: la rivoluzione, il capitale, Dio, la critica sociale, la lotta contro il potere del logo-centrismo, ecc.
La trascendenza, a differenza di altri miti sociali, si caratterizza per la sua ambizione totalizzante.

Aleksander Brener
Sino a poco tempo fa gli artisti erano necessari per realizzare i quattro grandi precetti di Bodhisatwa:
1. La liberazione degli innumerevoli esseri intelligenti dell'Universo.
2. La vittoria sulla propria illimitata debolezza, crudeltà, ignoranza.
3. L'attraversamento di molteplici disavventure.
4. Il risveglio, e la consapevolezza dell'infinito orizzonte dei percorsi della ragione

Il vigente clima politico rende queste aspirazioni completamente inattuali e ridicole. La cultura e l'arte hanno ormai rinunciato alla possibilità di trasformare il mondo e l'umanità. In questa situazione l'unica aspirazione degli artisti può essere solo quella di rovesciare il vigente ordine sociale per creare una nuova forma di organizzazione, in cui la cultura possa nuovamente svolgere la funzione di una forza effettiva. Perciò vorrei invitare tutti gli artisti che leggeranno questa nota a lottare, con le armi in pugno o a mani nude, per la distruzione della civiltà contemporanea, a cercare di abbatterla per dare spazio ad una nuova cultura dei valori e della vita, il cui avvento è non solo necessario, ma anche inevitabile.

Elena Elagina, Igor Makarevic
La scoraggiante semplicità della domanda postaci non può dare luogo ad una risposta chiara. La parola "perché" rinvia immediatamente alle origini del mondo. Comunque, possiamo convenire che ai nostri giorni esistono due tipi di artisti. I primi sono sempre stati necessari e continueranno ad esserlo, mentre per i secondi la questione verrà continuamente riproposta. Alla prima categoria appartengono i creatori del Bello, che con diverso grado di perfezione e di fantasia contribuiscono a soddisfare le esigenze estetiche dei vari ceti sociali. Gli appartenenti alla seconda categoria cercano di ampliare i confini dell'attività artistica riempiendo di ciarpame Musei e Gallerie; costoro si dedicano alla pratica dell'autolesionismo e sono soggetti alla tendenza a sottoscrivere proclami di ogni tipo.
I loro tentativi di entrare a far parte della vita reale sono pericolosi, incomprensibili e inconsistenti, dato che attualmente la realtà e molto più vivace e avvincente di qualsiasi gesto artistico.
Questa seconda categoria e composta da artisti perennemente in preda alla tentazione di disertare, alla voglia di una mutazione che li possa riportare a far parte del primo gruppo. Da quanto sin qui detto, dovrebbe risultare chiaro che talvolta anche ciò che è inutile può risultare necessario.

Nikita Alekseev
Perché in passato gli artisti erano necessari? Per decorare chiese e palazzi, per dipingere i ritratti di re, vescovi, banchieri e generali. Sto parlando dei cosiddetti `artisti professionisti", non credo che a chi mi ha posto questa domanda interessi qualcosa di diverso. Ormai le riproduzioni delle opere di Perov o Savrasov (pittori classici russi del XIX secolo) si possono trovare nei luoghi più sperduti, ma quando essi dipinsero quei quadri i loro estimatori erano solo alcune persone colte ed economicamente agiate.
Nulla è cambiato. Variano i gusti, la forma dei ganci a cui appendere i quadri, ma nulla più. Ogni artista certamente desidera che le sue opere riscuotano successo mentre egli è ancora in vita; alcuni riescono a raggiungere questo scopo, per altri la fama viene postuma, ma alla maggior parte degli artisti tocca il destino delle zanzare: scompaiono senza aver succhiato neppure una goccia di sangue. Così è sempre stato e così sarà.
Perché dovremmo lagnarci se il Governo decide di spendere soldi per ricostruire la Chiesa del Cristo Salvatore, mentre i banchieri (i nuovi padroni della Russia) comperano quadri che noi sprezzantemente definiamo "opere da salotto". Non sarebbe meglio invece chiedersi perché mai costoro dovrebbero spendere i loro soldi per qualcosa di diverso? Cosa dovremmo fare noi in tal senso, ammesso che lo potessimo? L'artista poi, è necessario a se stesso? Esiste un rompicapo logico che dice: se non è necessario a se stesso, significa che non è neppure un artista e quindi il discorso è chiuso, ma se egli è un artista allora la domanda non ha più senso. Ecco tutto. Da quando l'arte ha assunto l'aspetto che noi conosciamo, essa si è sottratta anche a qualsiasi possibilità di una esatta definizione.
A tale domanda, tale risposta.

Vladimir Kuprijanov
La domanda che ci viene posta richiede una integrazione: necessari per chi, per che cosa? Se si tratta di arredare I' ufficio di un uomo d'affari, la risposta sarà certamente si, senz'altro (anche se l'Artista non potrà dirsi molto soddisfatto). Se invece si tratta di aiutare il Coordinatore del presente questionario, la risposta sarà no (anche se il compito può risultare piacevole). Tra questi due estremi è difficile sentirsi pienamente realizzati; sembra evidente che è ormai venuto meno quell'alone di "purezza" che veniva attribuito agli artisti, come a persone scevre da compromessi e capaci di esprimersi con la massima sincerità. Ma chi tra noi potrebbe affermare che è diminuito il numero di coloro che sanno apprezzare queste qualità dell'artista? La cerchia dei conoscitori, di coloro che si interessano al lavoro dell'artista, rimane sostanzialmente invariata e già 10 o 20 anni fa era sufficiente alla bisogna. Perché allora la domanda che ci viene posta suscita in noi un certo disagio? Probabilmente perché si sono ampliate le coordinate di riferimento e, di conseguenza, sono diminuite le probabilità di gratificazione. Infatti, mentre la formazione tradizionale dell'artista si basa sul lavoro svolto in isolamento, per poter raccogliere i massimi risultati occorre il sostegno di una Clientela, di un Pubblico. L'artista è uno strumento, ma crede ancora di essere un direttore d'orchestra. Forse non è sufficiente integrare la domanda "Gli artisti sono necessari?", bisognerebbe invece riformularla nel seguente modo: "Gli artisti sono pronti a seguire una volontà universale?" A quella Volontà siamo tutti sottoposti, a Lei siamo tutti necessari.

Jurij Lejderman
Finché sussiste la domanda: "Perché siete necessari?" significa che esiste anche la possibilità di non esserlo. Questa possibilità richiede che vi sia qualcuno che la rappresenti, cioè gli artisti.