L e e   Y o n g w o o
Ridisegnare i confini

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Sull’onda del modernismo che realizzò gli ideali dell’illuminismo, altri "post-ismi" si stanno diffondendo rapidamente nel mondo dell’arte. È la sindrome da "post" da cui trae origine il post-modernismo, il post-marxismo, il post-comunismo, la post-informazione, il post-umano, la post-comunicazione, il post-strutturalismo, il post-realismo. Fondati sull’incertezza dei tempi, il pensiero apocalittico o i testi popolari, tutti questi "ismi" che definiscono il mondo dell’arte nel periodo post-modernista si autoproclamano nuova alternativa culturale. Se il modernismo è all’apice della civiltà, questi "post-ismi" costituiscono un tentativo di modificare il paradigma e di criticare i pericoli e l’ipocrisia del liberalismo. Ma questi "ismi" alla moda hanno sempre dovuto lottare durante il cambiamento dei modelli culturali e storici e hanno spesso conservato un punto di vista revisionista.
La convinzione che la civiltà sia superiore fu un pensiero prevalente per un intero secolo, ma alla fine scomparve perché non riuscì a imporsi con fermezza. Attualmente, siamo circondati da molte forme di valori estetici di natura mista, trasversale e strana. Fluttuano, intorno a noi, come miraggi, nuove tendenze culturali come la post-cultura e la transcultura che continuano a utilizzare epiteti che erano usati per descrivere il modernismo e che si rivolgono, per costituire le proprie basi, a gruppi minori piuttosto che ai gruppi più grandi. Queste culture sono orientate prevalentemente al presente, piuttosto che verso scenari futuri e riconoscono alle questioni personali un carattere sociale e collettivo. Secondo l’opinione di Baudrillard, non necessariamente valida, le distorsioni storiche hanno portato a questa condizione di mutevolezza, ma è chiaro che queste tendenze sono inevitabili per la creazione di nuove cose.
I gruppi di potere locali, nati al termine della guerra fredda, sono particolarmente presenti nel linguaggio culturale. Razza, aggressività sessuale, nazionalismo, ambiente, religione e divisione del territorio sono le parole più utilizzate quando si deve pronunciare una diagnosi sulla cultura della società post-industriale. La questione riguardante il potere delle minoranze che hanno la presunzione di rappresentare la maggioranza si è imposta come la questione su cui si esprimono le dispute più accese. I movimenti culturali, in cui predominano alcuni gruppi di interesse, stanno gradualmente perdendo la capacità di coordinarsi con gli altri soggetti culturali perché sono privi delle caratteristiche di complementarità e di compatibilità. Una specializzazione eccessiva e l’uniformità del modernismo ha prodotto un’altra crisi di isolamento. Tuttavia, la cooperazione produttiva nelle interazioni fra i gruppi isolati riceve tuttora una grande enfasi. Le culture classificate e frammentate non sono solo una creazione di altri classi, ma anche una produzione in surplus che influenzerà le prossime generazioni. Sebbene la post-cultura non coinvolga manovre politiche per garantire una autonomia culturale come invece fa il modernismo, è molto probabile che la sua ricerca della funzione e dell’essenza delle arti sbuchi in un altro buco nero.
Le arti che sboccano nella genealogia ed i movimenti culturali che le accompagnano devono basarsi su una solida estetica nazionale e sul linguaggio universale del mondo, e proteggersi dagli interessi genealogici e dalle ostilità tra le classi. La cultura non è né una sub-struttura della politica o dell’economia, né una descrizione sentimentale della storia. L’atteggiamento a favore della post-cultura e trans-cultura nonché le arti che le rappresentano non è molto realistico e nemmeno spiacevole. È un atteggiamento piuttosto aggressivo, aperto ed umano rispetto al cosiddetto modernismo caratterizzato da un’estetica autonoma. Esso rispetta le caratteristiche nazionali ed è abbastanza generoso nei confronti delle opere culturali pluralistiche basate sulle stesse. Sottolinea che le arti sono le opere degli esseri umani e devono continuare ad esistere per l’essere umano. Si dà più enfasi alle esperienze ed alle spinte emotive che alle soluzioni intellettuali. La riconciliazione ed i conflitti minimizzati tra i creatori ed i consumatori di una cultura sono risultati molto importanti. Si preferisce l’evoluzionismo ambientale alla visione storica progressiva. Questa posizione si schiera a favore dell’identità, del particolare, dell’estetica limitata, della libertà, dell’immaginazione, della cultura di gruppo, delle immagini, del realismo dialettale e Baslarre(?) e non a favore della politica, dell’intero, della comunità, dell’autonomia, delle esperienze, della cultura pura o popolare, delle forme astratte, dell’avanguardia carismatiche e di Freud. Modificata e completata dal netto criticismo dei post-modernisti, sembra costituire un’alternativa alla cultura modernistica.

Vi sono però molte illusioni che offuscano la nostra visione. Ad esempio c’è un concetto che definisce le arti del secolo scorso come "autonomia ed immaginazione" contrapposte al "revival di tradizioni". L’arte contemporanea degli scorsi cento anni non può essere interpretata superficialmente in termini di "astratto" o "immagini". A parte l’estetica di autonomia e di immaginazione nell’arte contemporanea che si è sviluppata negli scorsi cento anni, innumerevoli metafore, concetti riguardanti la società e la storia del momento, nonché la versatilità artistica dei mezzi visivi con l’aiuto dei multimedia, mettono chiaramente in luce i limiti del pensiero intellettuale, trascendendo questa semplice logica di confronto tra astratto o concreto. Se si vede l’arte contemporanea degli scorsi cento anni nel contesto di confronto di uguaglianze e differenze, o nel contesto dello sviluppo dialettico nell’ambito della Guerra Fredda tra Est ed Ovest, l’arte perde il contatto con la storia futura.
Occorre avvicinare i consumatori ai creatori della cultura e non definire superficialmente l’arte contemporanea, alterando le nostre concezioni nei confronti dell’arte umanizzata. il post festival deve incorporare i principi umanistici suggeriti da esempi di modernismo e di arte pluralistica, trascendendo dal semplice revival dei linguaggi. Occorre evitare il senso di superiorità intellettuale o di indipendenza ed avere la capacità di discernere le cose quando intervengono cambiamenti cd sfide. Occorre abbandonare l’attitudine compiacente che ignora le personalità individuali e fraintende l’arte come sviluppo di capacità intellettuali ed occorre stabilire un nuovo ordine invece di forgiare un altro credo uniforme. Le pseudo-culture intorno a noi, in particolare l’eclettismo, devono essere eliminate. Si tratta semplicemente di misure di ripiego per adattarsi a nuovi ambienti, che non rappresentano la fine dei conflitti nel vero senso della parola. La vera comunicazione tra creatori e consumatori di una cultura è determinata dalla volontà di raggiungere un accordo tra produzione e consumo delle arti e l’avvio a questo accordo è dato dal fatto di denunciare la pseudo-produzione e l’eclettismo. Quindi il modo per prevenire frequenti conflitti tra i modelli classificati non è quello di integrare tutti i modem, ma di procurare una più ampia definizione ai modelli stessi, con un’identità concreta, reale, non arbitraria e molto comunicativa.

Le strade, le città industriali, i personaggi politici e l’interpretazione umanitaria della storia durante il periodo del realismo negli anni 50 mettono in risalto il rapporto tra la produzione artistica ed i consumatori di arte di oggi. John Berger, in merito al nuovo tipo di arte degli artisti britannici di quel tempo, come John Bratby, disse che alla gente riportava alla mente il significato e l’importanza delle esperienze familiari ed ordinarie. Definì l’arte come il diritto dei consumatori di sapere, di conoscere il modo in cui società ed arte interagiscono tra loro. Ciò significa che, indipendentemente dalle teorie estetiche socialiste o dal trattato di Lukacs, gli artisti devono essere coinvolti anche come informatori delle tendenze e dello sviluppo sociale.

L’umanesimo artistico può essere considerato come un’ideologia di stile rinascimentale e quindi messo da parte, messo in ombra dai Maestri dell’arte visiva. Alcuni potrebbero asserire che l’Umanesimo può essere un’allegoria dei consumatori della cultura, ma questo è un concetto molto irrealistico e non ha niente a che vedere con lo spirito d’avanguardia. Nessuno vede una varietà di immagini visive della società moderna come legittime dottrine di democrazia o commercialismo. Per le arti non sono fondamentali le azioni radicali, gli assalti agli esseri umani, le tecniche rudi e le repulsioni premeditate.
È ora di guardare positivamente agli esseri umani, alla realtà ed alle tecniche artistiche che sono onnipresenti nelle vite umane. Ora l’arte dovrebbe chiudere il capitolo del nuovo accademismo, del realismo regressivo, della cieca ammirazione della civiltà, della filosofia eclettica, del culto inutile dei media e dell’immagine. In altre parole, dovrebbe chiudere il capitolo della post-era.

È possibile provare un piacere estetico o superare il senso di perdita formando un terreno culturale comune e perseguendo interessi comuni. L’arte ha il diritto di rifiutare l’isterismo di una cultura entusiastica e dovrebbe educare i consumatori in modo che gli stessi possano evitare i prodotti artistici creati da esperienze e idee. L’attitudine provocatoria del pubblico che abbraccia con entusiasmo procedure anonime ed il desiderio di ordine, concordato dalla moralità e dalla scienza, si stanno sciogliendo davanti ai nostri occhi. Sono notevolmente differenti dai meccanismi e dai mezzi utilizzati dal modernismo socialista. Durante il periodo del realismo socialista, le critiche sovietiche sottolinearono che le arti dell’Occidente capitalista non avevano tematiche, linee o valori particolari. Il loro spirito critico aveva come scopo la sofisticazione urbana attraverso una sagace alleanza tra arte e commercialismo durante l’era del modernismo. La triste realtà che l’arte era degenerata in prodotti di consumo della società industriale e che era affetta dalla richiesta commerciale era probabilmente difficile da capire per il realismo orientato alla produzione.

A differenza degli anni 70, quando abbondavano forti emozioni e forti contrasti, nel tardo ventesimo secolo era meno difficile trovare un indizio per capire in quale direzione si era orientata 1’ arte. Si è alla ricerca di una soluzione realistica in mezzo a questa turbolenta prevalenza affaristica, alla sofisticata invasione delle Corporazioni multinazionali, a continui confronti ed alla perdita delle capacità individuali che sono tipiche della fine di un secolo.

Le sofferenze nelle aree in conflitto non sono sicuramente diminuite e a seguito dell’avvenuto rafforzamento degli armamenti, le possibilità di scatenare una guerra sono sempre più alte.
Nonostante le esperienze terrificanti delle armi nucleari, la minaccia nucleare non da segni di indebolimento. Mentre il crollo delle ideologie ha determinato un nazionalismo più forte ed un decentramento estremo, la perseveranza artistica continua a creare stili ed identità unici. Perlomeno uniformità e imitazione vengono messe da parte e la cultura dimostra di essere quell’entità che conduce all’identità ed alla qualità della vita. Tuttavia questa identità rischia di diventare vittima del post-festival. Il decentramento sconsiderato e l’egoismo di piccoli gruppi spesso sfociano nell’opportunismo. Adesso diventa indispensabile affermare quella filosofia dell’identità che sta svanendo innanzi a noi.

L’arte del ventesimo secolo riuscì a valorizzare la civiltà, i mutamenti, il progresso, la libertà, il tempo libero e l’espressione. Ora, l’arte del tardo ventesimo secolo ha a che fare con le tematiche relative alla ricchezza della vita, ai cambiamenti ed agli affari umani. Deve evitare il conservativismo o l’individualismo di piccoli gruppi, deve essere in grado di afferrare il vero senso di una questione ed evitare ogni distorsione. Trovatosi di fronte agli orrori della Prima Guerra Mondiale ed alla reazione culturale dopo il 1920, il modernismo stette per un momento a riflettere su se stesso e sul mondo esterno, ma alla fine sprofondò nei sentimenti e nel mistero come De Chirico e Picabia avevano predetto.

La soggettività, che è la filosofia principale nonché simbolo del modernismo non viene infatti completamente capita. Le condizioni e le strategie di promozione studiate dal modernismo per affermare questo soggettivismo erano però state molto efficaci e si pensava che si sarebbe cosi arrivati al secolo successivo. Quando questa promettente filosofia del modernismo crollò ed i giudizi espressi sulla stessa si dimostrarono errati, le arti non erano preparate a consolare le vittime.
Osservando le effimere creazioni della cultura tradizionale, le culture non tradizionali ed il dimenticato terzo mondo, che si era allontanato dal centro, espressero il loro sollievo in merito al periodo scuro in cui dovettero rendersi autosufficienti. La vera produzione artistica, l’arte e l’umanesimo devono essere collegati dalla scoperta di cose che erano state emarginate e non bisogna rinunciare, andando alla ricerca solo di espressioni prive di significato come uguaglianza e umanità, ma soprattutto di una panacea.

II

Le post-culture che l’arte contemporanea ha formato nel periodo di transizione sembrano rigettare l’idea di superiorità o di estetica pura; non è molto chiaro che cosa abbiano realizzato unendo le forze di piccoli gruppi. Nonostante una critica costante di consumismo e di cultura tradizionale, i confini tra consumismo, cultura tradizionale ed identità continuano ad oscillare. E forse dovuto a coloro che vogliono aggrapparsi al potere?

I rapidi cambi apportati dai post-modernisti negli anni 70’ hanno veramente sconvolto l’intera cultura con la forze di un tifone. Sfortunatamente il post-modernismo è stato sfruttato per poter giungere ad un festival di post-cultura. Non si può negare che gli squisiti testi post-modernisti costituiscano la vera base del concetto culturale della nuova generazione. il post-modernismo è stato il trampolino di lancio della popolarizzazione e dell’arte della comunicazione, delle arti figurative e dell’espansione della comunicazione immediata, resa possibile grazie ai nuovi sistemi di informazione. Tuttavia i confronti e gli attacchi al modernismo hanno avuto la meglio, grazie alla dialettica e, di conseguenza, il modernismo portò solo ad un traffico post-culturale ed a diversi problemi in vari campi, in mancanza di alternative.

La Biennale Internazionale di Kwangju ha uno scopo diverso da quello di altre Biennali dell’Occidente. Mentre la Biennale di Venezia si occupava di promozione turistica e di nostalgia culturale, del sentimento europeo e del grand tour di cento anni fa, la Biennale internazionale di Kwangju ha come tema la storia moderna della Corea e la cura delle sue ferite. il movimento di Kwangju per la democrazia nel quale morirono centinaia di persone che protestavano contro la dittatura militare del 1980 rappresenta la svolta più significativa dal genocidio della Guerra di Corea.
il regime militare era al potere, privando la nazione della libertà politica in nome dello sviluppo economico e la riunificazione della penisola lì solo un pretesto per prolungare il loro potere. La vittoria della democrazia ottenuta dai cittadini di Kwangju che si ribellarono alla dittatura militare fu qualcosa di più di un semplice evento politico. Kwangju aveva già dimostrato tutto il suo orgoglio e la sua forte volontà in occasione della rivolta studentesca del 3 giugno durante il colonialismo giapponese, focolaio della resistenza contro l’oppressione. in Kwangju si diffusero parecchi movimenti per la resistenza a favore dell’indipendenza nazionale. Kwangju era il luogo in cui venivano mandati in esilio i personaggi di nobile estrazione nel periodo della dinastia Chosun, mentre Haenam, Kangiin e Wan Island erano i luoghi di origine dell’opposizione. Lungo le zone costiere della Provincia di South Cholla si svilupparono molti movimenti culturali di Kwangju, inclusa la letteratura della resistenza.
il fallo che la Biennale Internazionale di Kwangju raccolga testimonianze del movimento di Kwangju a favore della democrazia, evento di capitale importanza nella storia moderna della Corea, dà alla Biennale stessa una più ampia definizione delle arti, mettendo da parte le filosofie ideologiche dell’estetica pura. La meta della Biennale è visibilmente diversa da quelle della scuola realista che cerca la politicizzazione delle arti o le estetiche socialiste. intende prevenire ogni altro insegnamento che potrebbe venirsi a creare se il futuro delle arti rivelasse l’introduzione di un nuovo accademismo, o, semplicemente, se la direzione generale si inclinasse troppo verso il culto dell’immagine. Una cosa importante, spesso trascurata, tra le argomentazioni filosofiche delle arti formative, è che l’arte a volte induceva a tralasciare il presente e di affidarsi al destino. Una delle ragioni per cui gli elementi d’avanguardia del modernismo vennero messi in disparte, nonostante costituissero l’essenza delle arti con le loro caratteristiche innovative e riformatrici, fu proprio l’atteggiamento fatalistico.

Oltre al fatto che Kwangju sia luogo di testimonianza dei principali eventi della società, la città è anche luogo artistico di grandi tradizioni, dove si è sviluppata una grande varietà di stili culturali.
Proprio per questo Kwangju è stata scelta come sede della Biennale. Kwangju presenta diverse entità culturali, a parte i tipici testi di post-cultura come rinascita di tradizioni artistiche e del pluralismo nazionalistico. Kwangju è diversa da Venezia, ricca di attrattive turistiche, o da San Paolo e Kassel che ospitano manifestazioni artistiche internazionali fuori dalla connivenza culturale. In Kwangju le vestigia storiche sono complessivamente ben conservate rispetto ad altre città orientali e lo stile di vita tradizionale è stato mantenuto intatto. Sono stati riscontrati diversi inconvenienti, dovuti al fatto che Kwangju è rimasta esclusa dal processo di industrializzazione degli anni 60’ e 70’. Ma ironicamente, proprio per questo motivo, Kwangju riuscì ad evitare che il suo ambiente naturale venisse distrutto nel nome del progresso e che la sua gente venisse isolata una dall’altra. Sono pochi i luoghi in cui si dà cosi grande valore alla tradizione ed all’umanità come a Kwangju. Qui si hanno i vantaggi del provincialismo e 10 spirito gioviale e sempre vivo. Kwangju crede che, indipendentemente da quanto si debba ancora soffrire, la volontà di produrre un’arte creativa può dare risultati eccellenti, fintanto che perdurano queste caratteristiche particolari e questo senso di cultura, nonché l’indiscusso senso della vita.

Poiché la Biennale Internazionale di Kwangju intende assumere un unico approccio al significato dell’arte in quanto tale, liberandosi dall’arroganza di una società civilizzata che rende ciechi nel giudizio dell’arte stessa, essa focalizza l’attenzione sugli stili artistici del futuro ed sugli atteggiamenti culturali orientati al futuro piuttosto che su quelli del presente. Talvolta queste intenzioni sembrano folli ed irrealistiche, però riescono a dare la necessaria motivazione per rimuovere gli infami valori non culturali che si nascondono sotto la maschera della libertà. In un certo senso, questo può essere visto come un’avventata resistenza spinta da uno smoderato fervore.

Tuttavia non si deve incorrere m una crisi di identità considerando questi modelli di cultura come eclettismo privo di spirito o pluralismo. Negli anni 70’, quando il minimalismo o l’arte concettuale svanì mentre generi conservativi come il disegno e la scultura ritornarono di moda, il mondo dell’arte impazzi di gioia come se avesse scoperto nuovi modi di tradurre sentimenti di passione e di rabbia. Le pennellate rozze ed astratte furono sostituite da dipinti che trasmettessero il messaggio. Queste nuove tendenze furono ben accolte semplicemente perché riportarono in voga la pittura e l’artigianato.
Furono ben accolte anche quando giunsero a livelli veramente disgustosi. Ma chi se la sentirebbe ora di decantare i loro meriti, definendole fondatrici di una nuova era artistica?

Nacquero nuove parole di moda, come neo-espressionismo, ma anche queste si dimostrarono eclettiche e parte di una cultura dominante. Inoltre, coloro che tentarono di avvicinare l’arte alla letteratura non realizzarono il loro sogno. L’ arte politica, o 1’ arte popolare che negli anni 80’ provocò la discussione più feroce nella comunità artistica contemporanea della Corea, e un genere unico che non può essere classificato né come neo-espressionismo, né come post-modernismo dell’Occidente. L’arte popolare ha le sue radici nel realismo del diciannovesimo secolo, con qualche caratteristica del realismo socialista. L’arte popolare ha una filosofia totalmente diversa da quella del neo-espressionismo dell’Occidente. La prima rappresenta la situazione politica ed i problemi reali emergenti dalla vita delle persone, mentre l’altra descrive la storia o le tradizioni. La rivolta di Kwangju a favore della democrazia diede una forte spinta all’arte popolare, quale nuova forma di realismo nella società civile, e così continua ad esistere come sfondo.

Sebbene il Movimento di Kwangju del 18 maggio a favore della democrazia non possa essere paragonato all’arte popolare, e ovvio che Kwangju e l’arte popolare restano i due pilastri principali del sentimento di solidarietà della cultura degli anni 80’. La resistenza contro l’oppressione e la struttura politica costituisce spesso il tema dell’arte popolare realistica e la vita travolta dalla società civilizzata viene rappresentata in modo piuttosto drastico. Dopo che il regime politico degli anni 80’ decadde e venne ripristinata la democrazia, l’arte popolare propose tematiche e stili molto diversificati, pur mantenendo la forma del realismo. Comparvero temi quali l’inquinamento ambientale, interessi ecologici e produzioni culturali per la comunità.

Lo spirito del movimento di Kwangju per la democrazia fu la base della presa di coscienza culturale di indipendenza degli anni 80’ e l’arte popolare di questi anni contribuì moltissimo a riconquistare lo spirito indipendente dell’arte contemporanea in Corea, al crollo della classe dai diritti acquisiti ed al rifiuto della cultura tradizionale. In altre parole, lo spirito del movimento di Kwangju per la democrazia contribuì fortemente a fermare la predominanza del pensiero occidentale ed i modelli che si erano diffusi nella cultura coreana. In questo senso, Kwangju e più di una vittima politica o di una regione alienata, è l’origine dei grandi valori dell’arte. La Dichiarazione della Biennale internazionale di Kwangju parla dell’atteggiamento culturale indipendente, trascendendo dal patriottismo fuorviante e dando corpo ad un nazionalismo sano ossia alla volontà di inaugurare una nuova era a Kwangju e nel mondo e di aprire un nuovo capitolo sull’arte.

Lo scopo della Biennale Internazionale di Kwangju è di stimolare la cultura indipendente. In altre parole, non si tratta di retorica, ma di un luogo di creazioni artistiche che desidera concentrarsi sulle funzioni e sull’essenza dell’arte piuttosto che sull’importanza delle forme. La Biennale Internazionale di Kwangju dà più valore al progetto di Joseph Beuys di piantare degli alberi per l’imboschimento che all’estetica popolare priva di senso ed alla diversificazione artistica priva di spirito.

La Biennale è il luogo per discutere su varie possibilità e non un luogo per esibire e stimare le opere d’arte. Alcune biennali, però, fanno ogni sforzo per essere complete in termini di storia dell’arte allestendo mostre d’arte stile museo perché pensano con orgoglio che la cultura sia un evento superiore. La cultura e lo spirito orientali apprezzano i valori trovati per caso, quale risultato di una combinazione organica dell’arte.

Innanzitutto la Biennale Internazionale di Kwangju ha una struttura di reciprocità con il tema "oltre i confini". Essa intende superare i succitati problemi del festival post-cultura ed ha una chiara nozione dei confini. È quindi importante abbandonare l’estetica di coloro che si arrogano dei diritti e ricercare invece l’arte giovanile della nuova generazione. È indispensabile incoraggiare le caratteristiche personali e non il regionalismo e passare al livello successivo di arti generali e non dare un’ennesima interpretazione ai testi di estetica.

In secondo luogo, la Biennale Internazionale di Kwangju intende trasformare l’arte in informazione. Uno degli errori più gravi dell’arte contemporanea è quello di far si che l’arte perda flessibilità in termini di materiale. forma, concretezza o astrazione, allegorie o metafisica e avanguardia o tradizione. Nomi diversi date a varie opere artistiche possono condurre ad una convinzione sbagliata di colpevolezza o di innocenza dell’arte. La reciprocità delle arti non propone una combinazione avventata, ma è una funzione informativa delle arti per completarsi reciprocamente, senza guardare ai contini tra nozione e conoscenza. Oggi tutte le discipline accademiche non danno soltanto conoscenza, ma anche informazioni, ed arte ed informazione sono strettamente collegate tra loro, quando si parla delle funzioni sociali dell’arte.

In terzo luogo, la Biennale Internazionale di Kwangju tratta la tematica della reciprocità e delle funzioni dell’arte dell’alta tecnologia. L’arte dell’alta tecnologia, ovvero l’arte del video, del computer, del laser e della realtà virtuale viene scambiata per trucchi meccanici proprio perché il pubblico non ha la conoscenza delle tecnologie. L’arte dell’alta tecnologia non è l’idolo che i futuristi mitizzarono agli inizi del ventesimo secolo. E non è neppure arte o cultura, se le tecnologie e gli utenti non vengono messi in relazione tra di loro. finche non raggiunge il livello di reciprocità e (li interattività, l’arte dell’alta tecnologia rimarrà semplicemente un’arte alienata. "Info Art" (L’arte dell’Informazione), caratteristica speciale della Biennale Internazionale di Kwangju, è una forma avanzata di arte comunicativa nell’interesse dell’interattività tra gli utenti ed i produttori dell’arte high- tech (alta tecnologia).

Una conquista molto evidente dell’arte è certamente l’abilità di testimoniare. L’arte ha sempre trovato il modo di affrontare la realtà attraverso la storia. L’arte, sotto qualsiasi forma, manda sempre messaggi importanti a testimonianza di eventi storici. L’arte ci dà sempre grandi sensazioni, non solo perché testimonia eventi storici, ma soprattutto perché rappresenta meticolosamente tutto quello che e è dietro agli eventi stessi. La capacità dell’arte di trattare con gli eventi storici, cosa che è stata dimenticata a lungo nell’onda del modernismo, deve essere recuperata ed utilizzata come mezzo per esaminare non solo il realismo ma le funzioni dell’arte. In particolar modo lo spirito del movimento di Kwangju per la democrazia del i 8 maggio rappresenta per l’arte un’opportunità di fungere da testimone della storia.

La questione dell’indipendenza di una cultura non è un problema di tempo e spazio limitati come un evento sportivo od un’esposizione mondiale. È una questione di rispetto per le diverse storie, retroscena ed espressioni individuali uniche basate su linguaggi e stili differenti. La Biennale Internazionale di Kwangju rappresenta lo sfondo spirituale dell’Asia e la comunità artistica della Corea. È quindi un’opportunità molto importante per introdurre lo spirito dei pittori calligrafici e di caratteristiche formative uniche, particolari dell’Oriente. I dipinti calligrafici costituiscono il genere tipico dell’arte borghese ammirata dai nobili. Poiché la loro forma è superiore a quelle astratte e formali dell’arte Occidentale, ciò dimostra che il modernismo non è necessariamente il prodotto della rivoluzione scientifica o della matura società civica. Essendo l’unica nazione divisa del mondo, la Corea ha un modo particolare di considerare la sua storia, diversa da tutte le altre nazioni. La storia del ventesimo secolo della Corea consiste in una serie di eventi significativi quali i trentasei anni di Colonialismo giapponese, la Guerra Coreana, la divisione della Penisola coreana la dittatura militare, il Movimento per la democrazia di Kwangju e la democratizzazione. La Corea, una nazione dove la guerra non è finita, ma dove vi è solo un armistizio, ha un unico retroscena culturale quale conseguenza di una rapida industrializzazione e di un capitalismo commerciale.

L’opinione prevalente è che i contini fluttuanti dell’arte debbano essere inclusi nel campo dell’arte stessa. Alla fine del festival post-culturale, i miraggi senza spirito che pretendono di avere un’identità, saranno alla fine classificati come estetiche reali, con confini distinti e ben definiti. La Biennale Internazionale di Kwangju dovrebbe essere un luogo di dibattito e contribuire, possibilmente, a generare delle linee culturali ricche di significato, senza ricorrere all’istigazione della gente o all’estetica popolare. L’internazionalizzazione ed il villaggio globale iniziano dal rispetto, non della politica, razza o religione, ma della cultura.