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a cura di Giovanna Amadasi & Andrea Lissoni

L'indagine degli artisti visivi intorno al cinema, al suo linguaggio e ai suoi dispositivi ha radici antiche, almeno quanto la storia del cinema. A partire dalla avanguardie storiche il mondo dell'arte e quello del cinema si sono sfiorati, scrutati a distanza, attaccati frontalmente o sposati felicemente, ma mai ignorati.
Bisogna prendere atto che proprio negli ultimissimi anni, se si esclude la parentesi emblematica degli anni sessanta, un numero di artisti sempre crescente si Ë rivolto al cinema e ai suoi linguaggi, tecniche, contenuti, secondo scelte diverse e a volte lontane tra loro, ma che se esaminate con uno sguardo d'insieme non si possono considerare casuali. [ continua... ]


Sharon Lockhart
Goshogaoka

Nata a Norwood, sulla East Coast degli USA, nel 1964, ma presto trasferitasi a studiare e a lavorare in California, Sharon Lockhart è nota al grande pubblico soprattutto da quando i suoi lavori sono stati esposti alla Biennale del Whitney Museum del 1997.
Il cinema è una fonte di citazioni continue per la Lockhart, che pur lavorando soprattutto come fotografa si ispira apertamente ad autori come Truffaut, Cassavetes, Polanski. Il suo primo film è, nel 1994, Kahalil, Shaun, a Woman under the influence, mentreGoshogaoka è del 1997. Nonostante la presenza del movimento, la sostanza del lavoro non cambia rispetto a quello delle immagini fotografiche; di fronte ad una telecamera fissa un gruppo di ragazze orientali corre e fa esercizi ginnici per un'ora intera: i movimenti ritmici e perfettamente sincronizzati e l'uniforme delle ragazze creano un effetto ipnotico e un senso d'attesa, come per un racconto sospeso di cui si attende la conclusione. Goshogaoka,, selezionato dal Sundance Film Festival del 1998, si sottare alla narrazione per giocare un ruolo puramente visivo, come complemento alla fotografia a cui è legato in modo inscindibile.

Stan Douglas
Television Spots

Stan Douglas (nato nel 1960) è un artista che vive a Vancouver, Canada, e lavora principalmente con fotografia, film e video, spessocombinati tra loro in installazioni che mettono in discussione gli schemi percettivi e narrativi consueti e convenzionali. In Television Spots (così come la serie successiva di Monodramas, che stanno al serial televisivo come i TV Spots alla pubblicità), l'estetica dello spot è ribaltata in una costruzione narrativa e formale tipica del cinema moderno, creando una sorta di buco nel continuum televisivo: il risultato è un "cinema" assai particolare, un cinema trasformato, dal momento che in questo processo di andata e ritorno ha perduto la "storia". I TV Spots, inconsueto tentativo di costruzione della "differenza" in seno alla ripetizione (la televisione) danno luogo a una strana tensione drammatica senza immaginario né conclusione, assai prossima ai procedimenti messi in atto da una delle referenze principali di Douglas, Alfred Hitchcock.

William Wegman
The Hardly Boys

Nato nel 1943 a Holyoke (Usa) Wegman ha una formazione artistica tradizionale, con esperienze di pittura e scultura; ha seguito, come molti della sua generazione, le esperienze legate all'arte concettuale e alla performance. Il suo stile si distacca però nettamente dagli artisti attivi fra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta per una componente "narrativa" spiccatissima e per un senso dell'humor e della gag irresistibili. Il protagonista dei primi lavori in video, così come delle foto o polaroid ad essi contestuali, è sempre Man Ray, il suo amato cane. Tuttavia dietro la facciata del burlesque (fra Buster Keaton e Marchel Duchamp) trova spazio una poetica complessa: gioco sulla sincronizzazione suono/immagine, parodia elegante delle istituzioni artistiche contemporanee, distanza ironica su tutta una tradizione del lavoro in atelier, sulla moltitudine di discorsi sull'arte, il concettuale, il minimalismo, ma anche l'arte in video, con tutto il suo universo e apparato di effetti speciali e dispositivi sofisticati. The Hardly Boys è il più recente film di William Wegman.

David Salle
Search and destroy

David Salle, nato nel 1952 in Oklahoma, fa parte, insieme a Julian Schabel e Robert Longo , della generazione dei pittori affermatisi intorno alla prima metà degli anni '80 con una ripresa della pittura figurativa in reazione all'astrattismo e al purismo della Minimal Art. Per David Salle, come per altri suoi contemporanei (Larry Clark, Cindy Sherman, Julian Schnabel), più che una sperimentazione linguistica la scelta del mezzo cinematografico significa la ricerca di un impatto più forte e più diretto con il pubblico e di un circuito di comunicazione più ampio di quello dell'arte contemporanea.
Cerca e Distruggi è stato pensato e realizzato non tanto come un film d'artista o un prodotto sperimentale, ma con gli standard di una grande produzione da mandare nel circuito delle sale in tutto il mondo: prodotto da Martin Scorsese, recitato da attori professionisti come Patricia Arquette, Cerca e Distruggi è un esperimento pienamente riuscito, un film d'azione intelligente ed ironico, in cui i miti americano del "Self made man" e del successo ad ogni costo vengono impietosamente dissacrati.

Larry Clark
Kids

Fotografo newyorkese affermatosi alla fine degli anni '80 , Larry Clark (1943 Tulsa, Oklahoma) fa parte di una generazione di artisti-fotografi di cui Nan Goldin è considerata la caposcuola. Larry Clark, in particolare, deve la sua fama al ritratto di un'adolescenza completamente de-romanticizzata, in cui secondo la tradizione "maledetta", sesso e droga, piacere e autodistruzione sono i simboli inscindibili di un'età. Non vi è tentativo di denuncia sociale né compiacimento, soltanto l'osservazione "oggettiva" di comportamenti giovanili disturbanti soprattutto se confrontati con stereotipi più rassicuranti per il mondo degli adulti.
Kids, uscito nelle sale nel 1995, è stato da alcuni accusato di pornografia, da altri di compiaciuto ed estetizzante voyerismo sui corpi nudi dei suoi protagonisti adolescenti, e tuttavia offre uno sguardo crudo ma intenso e poetico sull'adolescenza, ancora sconosciuto nel cinema mainstream.

Rebecca Horn
Buster's Bedroom

Rebecca Horn è un'artista tedesca che vive e lavora a New York. Attiva fin dall'inizio degli anni '70, è stata consacrata da una grande retrospettiva al Guggenheim Museum di New York nel 1993.
Dopo aver realizzato nei primi anni '70 video che riproducevano le proprie performance e i propri travestimenti, Rebecca Horn dal 1978 ha realizzato tre lungometraggi di fiction (Die Eintäzer, 1978; La Ferdinanda, 1981; e Buster's Bedroom, 1990) in cui accosta il proprio immaginario visivo a trame intricate e simboliche, con un costante riferimento a personaggi-simbolo come il musicista, l'attrice, la ballerina, l'infermiera, di cui ognuno è un prototipo psicologico o fantastico e trame in cui i protagonisti vivono in realtà fittizie ed isolate dal mondo.
In Buster's bedroom il titolo è un riferimento alla villa in cui Buster Keaton - una delle icone di riferimento della Horn - trascorse alcuni anni della sua vita, preda dell'alcool e della follia. L'avventura della protagonista Micha in questo mondo surreale, caratterizzato da una forte connotazione erotico-amorosa, può essere letto come un viaggio iniziatico attraverso i territori del desiderio, un tema che è sempre stato centrale nel lavoro della Horn .

Johan Grimonprez
Kobarweng or Where is your Helicopter?

Nato nel 1962 a Roeaere (Belgio) Johan Grimonprez ha studiato a Gent e a New York ed è stato assistente di produzione del progetto Stories from the Nerve Bible (1993) di Laurie Anderson. Kobarweng , premiato recentemente alla Semaine Internationale de la Vidéo di Ginevra, è un collage di immagini d'archivio manipolate e di racconti orali sul primo contatto, nel giugno 1959, degli abitanti di un piccolo villaggio in Nuova Guinea con i componenti una spedizione scientifica composta fra gli altri da antropologi, evento che gettò gli autoctoni nello scompiglio. Nel dialogo, specchio dell'incontro choccante tra due culture , sono mostrati i cortocircuiti fra gli antropologi e gli autoctoni: la relazione "chi guarda chi?" è costantemente alterata attraverso il cambiamento del punto di vista della telecamera. Attraverso l'immagine e il sonoro Grimonprez provoca una confusione che ridefinisce le frontiere culturali: opponendo al mito della cultura omogenea un nuovo spazio del pensiero, il giovane artista belga mostra come quello che è eterogeneo e frammentato offra prospettive ben più interessanti. La ricerca di Grimonprez, come ben emerge anche da Kobarweng, è centrata sulle possibilità di riutilizzo dell'immagine, soprattutto quella cinematografica e mediatica, alterandola, desemantizzandola e determinando una struttura narrativa ambiguamente a cavallo fra finzione assoluta, documento e falso documentario.

Pierre Huygue
Les incivils

Nato a Parigi, ove vive e lavora, nel 1962, Pierre Huygue si è ben presto segnalato a livello internazionale come uno degli artisti più interessanti della sua generazione. Nel 1995 ha realizzato Remake e Les Incivils, i remake in video rispettivamente de La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock e di Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini. Les incivils, girato sugli stessi luoghi del film di Pasolini e con interpreti italiani non professionisti è paradigmatico della ricerca di Huygue (così come di quella di tanti altri giovani artisti fra cui Douglas Gordon, Angela Bulloch, Johan Grimonprez, Rainer Oldendorf, Philippe Parreno e, in Italia, più recentemente Dimitri Kozaris e Federico Tanzi Mira) in relazione al cinema, alla sua storia, alla sua struttura, all'immaginario ad esso connesso. Les incivils è da intendersi come un commento al film di Pasolini, una lettura della scrittura e del racconto pasoliniani realizzata attraverso l'uso del medesimo testo, montaggio, inquadrature. Les incivils è preceduto dal casting (realizzato a Milano, presso la galleria Fac-Simile) a ribadire la nozione di scarto fra realtà, realtà ricreata del cinema e sua interpretazione su cui Huygue lavora e in cui cerca di coinvolgere il fruitore delle sue opere.

William Kentridge
6 Shoho Eckstein Films

William Kentridge, nato nel 1955, è il più importante artista, filmmaker e regista teatrale sudafricano e una delle figure di intellettuali di spicco di questa nazione in fase di transizione . Impegnato da sempre nella lotta all'apartheid, Kentridge ha fatto di questo tema il nodo centrale del suo lavoro, che spazia dal teatro d'avanguardia alle installazioni al disegno, a una serie di film d'animazione realizzati a partire dal 1987.
I6 Soho Eckstein films, realizzati dal 1989 al 1994, sono sei cortometraggi, che nel loro insieme costituiscono gli episodi di un piccolo racconto epico, il cui protagonista è Soho Eckstein, il prototipo del capitalista sfruttatore e senza scrupoli che accumula denaro sulla pelle dei lavoratori neri, contrastato da Felix Teitlebaum, quasi autoritratto dell'artista stesso, rappresentazione dell'utopia della libertà e del sogno: i temi affrontati (la tortura, la repressione, la persecuzione dei deboli) sono trattati con un linguaggio visionario e poetico ed un tratto volutamente ingenuo ispirato alla cultura popolare sudafricana, ma anche alla tradizione occidentale dell'espressionismo e dell'arte figurativa impegnata politicamente della tradizione comunista; un ruolo fondamentale è giocato dalla musica classica, che conferisce un'altissima intensità lirica e a tratti tragica a questi racconti senza parole.

Ange Leccia & Dominique Gonzalez-Foerster
Ile de Beauté

Nato a Minerviù (Corsica) nel 1952, Ange Leccia espone con regolarità in tutto il mondo dai primi anni Ottanta. Attivo sin dagli esordi con il video è tuttavia autore inoltre di spettacolari installazioni temporanee in grandi spazi pubblici. Ile de Beauté, video riversato in pellicola 35mm, è un film senza parole e senza interpreti; le canzoni, i suoni, sono l'unico accompagnamento di una carrellata ininterrotta di splendide immagini che mostrano due isole, la Corsica e il Giappone, attraverso gli spostamenti di Ange Leccia. Il film è nato dalla collaborazione con Dominique Gonzalez-Foertser e in particolare da un progetto cinematografico a due alla fase di stesura della sceneggiatura. Al continuo mostrare di Leccia le immagini, come per illustrare un'esemplificazione visiva della sceneggiatura stessa, è spontaneamente seguita la constatazione da parte della Gonzalez-Foerster dell'esistenza stessa del film e dell'inutilità di effettuare ulteriori riprese: non restava che montarlo. Ricco di stacchi, di colore, di immagini rubate alla TV, il film è una sorta di passeggiata visuale, di cui l'unico vero interprete è la telecamera (la si può riconoscere specchiarsi nello schermo delle televisioni d'hotel).

Boyd Webb
Scenes and Songs from Boyd Webb (in collaborazione con Philip Haas)
Love Story

Nato a Christchurch, Nuova Zelanda, nel 1947, Boyd Webb è uno dei più affermati artisti Neozelandesi che, dopo aver studiato a Londra al Royal College of Art e aver vissuto in Gran Bretagna per molti anni può essere considerato parte integrante della scena artistica inglese ed europea.
La sua formazione è da scultore, ma il suo lavoro è costituto soprattutto da grandi fotografie di scene costruite in studio con lo stesso procedimento delle scenografie teatrali e cinematografiche, veri e propri mondi autosufficienti costituiti da oggetti e da persone.
Per un artista già così orientato alla creazione di scenari immaginari, il cinema è stato uno stimolo precoce: già nel 1984, infatti, in collaborazione con il regista sperimentale Philip Haas, Webb ha realizzato un cortometraggio, Scenes and Songs from Boyd Webb, . Nel film si susseguono otto diversi "quadri" in cui figure umane compiono azioni ripetute e apparentemente prive di senso, di chiara derivazione dada e surrealista. Nel 1996, in occasione della mostra "Spellbound" alla Hayword Gallery di Londra, Webb realizza Love Story, uno "spaccato di vita" di un chicco di pop corn caduto sul pavimento di un cinema, che capovolgendo il punto di vista e utilizzando una microcamera ad altezza del pavimento da' vita a un vero e proprio film ad alto quoziente ironico e simbolico, con tutti gli ingredienti dei classici d'azione, dalla suspance al finale romantico.

Eija-Liisa Ahtila
Me/We, Okay, Gray; If 6 was 9; Today

Nata nel 1959 a Hameenlinna in Finlandia, Eija-Liisa Ahtila vive e lavora attualmente a Helsinki. Il suo lavoro esplora diversi campi delle arti visive e utilizza vari modi d'espressione: performance, testi, fotografia, installazioni video e film. Le sue ricerche sono imperniate sulla narrazione indagando tematicamente la questione dell'identità, dell'altro e della rappresentazione del corpo femminile nei media. La trilogia Me/We, Okay, Gray consta di brevi film di novanta secondi ciascuno di cui l'origine è uno studio delle interazioni tra linguaggio pubblicitario e quello della fiction; si situano alla frontiera dei due generi e sono mostrati fra un film e l'altro al cinema, in TV, o sotto forma di installazione nei musei. If 6 was 9 racconta una storia sulle ragazze e il sesso: il film mostra un punto di vista sui fantasmi, le abitudini, gli atti e i desideri sessuali di cinque adolescenti. E' basato su ricerche e fatti reali ma le storie raccontate dalle adolescenti sono immaginarie, pur mantenendo un perfetto approccio documentario e dando pertanto luogo a slittamento fra realtà e finzione. Today consiste in tre brevi episodi "polemici" che illustrano le possibili relazioni fra padre e figli: in una notte d'estate il nonno muore in un incidente stradale e l'evento è rivisto secondo tre punti di vista differenti. Presentato anche come installazione video a tre proiezioni fra loro perpendicolari questo film è inoltre una ricerca sperimentale sull'immagine in movimento contemporanea e sulla sua possibilità di messa in scena e fruizione.

Damien Hirst
Hanging Around

Nato a Bristol, Gran Bretagna, nel 1965 Damien Hirst è il più conosciuto ed discusso tra i giovani artisti britannici contemporanei. Le sue installazioni, che ruotano intorno al tema della morte infrangendone gli ultimi tabù attraverso un linguaggio spregiudicato e dissacrante, sono diventate note al di fuori del mondo dell'arte grazie alle polemiche e ai dibattiti sui mezzi d'informazione. Nonostante le tematiche scabrose e ripugnanti le composizioni sono estremamente "eleganti" con una grande attenzione per i materiali e per i valori formali e cromatici, tecnicamente ineccepibili.
Hanging Around (il cui titolo provvisorio era "Is Mr. Death in?" anagramma di Damien Hirst che significa "Il Signor Morte è in casa?") è costruito come un "divertissement": un piccolo thriller prodotto e girato secondo le tecniche del cinema d'azione, senza tentativi di sperimentazione nel linguaggio o nel montaggio delle immagini, ma con un continuo e ironico gioco di riferimenti alla tradizione pulp ridotta a puro nonsense. I riferimenti all'arte contemporanea sono sporadici e riguardano le mille trovate omicide di uno stralunato serial killer interpretato da Keith Allen, controfigura dell'artista stesso, o le sottili citazioni nella scenografia e nei costumi come l'abito di una delle protagoniste.

Matthew Barney
Cremaster 5

Nato nel 1967 a San Francisco Matthew Barney è attualmente considerato uno dei più intressanti giovani artisti della scena internazionale. Inserito nel 1991 fra i partecipanti della fortunata mostra itinerante Post Human ha successivamente esposto alla Documenta IX di Kassel, alla Biennale di Venezia nel 1993 (sezione Aperto). Di Cremaster 5 Barney ha scritto soggetto, sceneggiatura, lavorato dietro e davanti alle telecamere, seguito il montaggio e la banda sonora. Ambientato a Budapest (città natale dell'illusionista Harry Houdini, uno dei protagonisti della personale mitologia dell'artista) fra le terme Gellert, il Ponte delle Catene e l'Opera di Stato il film è forse il più "narrativo" della serie. Barney vi interpreta tre ruoli contemporaneamente (il Mago, la Diva, il Gigante), affiancato da Ursula Andress, un'icona della storia del cinema recente, nel ruolo della regina delle catene. Fruibile come delirio visuale vicino alla sensibilità di Peter Greenaway (non a caso avvicinato alla Tempesta di Shakespeare) ma chiaramente inscrivibile nella ricerca di Barney attorno all'insondabile mistero che precede la nascita di un essere umano (dalla produzione dei gameti da parte di maschio e femmina al percorso dello spermatozoo attraverso la tuba all'impianto dell'ovulo fecondato nell'utero, rispettivamente Cremaster 1, 4, 5), Cremaster 5 ben riassume le ossessioni di Matthew Barney, lo sport estremo e il sesso, l'immaginario fantastico e il corpo, la chirurgia e la mitologia classica, in un personale universo mitografico fra arte contemporanea e cinema di ricerca.

Cheryl Donegan
Line

Nata a New Haven, USA, nel 1962, Cheryl Donegan è una delle artiste newyorkesi di cui più si è parlato a partire dal 1993. Il suo lavoro si muove con ironia e un'estrema consapevolezza dei propri mezzi sul rapporto tra l'identità dell'artista donna e la tradizione maschile e classica del fare pittura. Utilizzando soprattutto lavori in video, Cheryl Donegan si ritrae nell'atto di dipingere o di compiere gesti che alludono apertamente ad atti erotici o sessuali e a un rapporto col corpo spesso negato dalla tradizione: i riferimenti più diretti sono soprattutto i video storici di Naumann e Acconci. In Line, il suo ultimo lavoro in video, Cheryl Donegan affronta il tema del travestimento e del rapporto tra il cinema e la pittura, attraverso la ripresa di temi e personaggi del film Jean Luc Godard Il disprezzo, (1962) che mostra una Brigitte Bardot nel pieno del suo splendore. Nel video l'artista riprende scene e dialoghi del film, travestendosi alternativamente da Brigitte Bardot e da Michel Piccoli, mettendo in evidenza quanto questi stereotipi siano fortemente caricati di significati sessuali e ridicolizzandone, in parte, l'irraggiungibile perfezione; l'atto del riprendere con la cinepresa viene poi accostato al gesto del dipingere, svelando anche in esso la carica fortemente voyeristica e la retorica virile. L'artista, infatti, è al tempo stesso "diva", oggetto del desiderio, e regista, occhio desiderante, con un abile svelamento dei ruoli che si giocano nella costruzione di una scena cinematografica come di un quadro (il riferimento, in questo caso, è alla pittura minimalista di Barnett Newman, da cui il titolo Line, linea).

Sophie Calle
No sex last night (Double Blind)

Nata a Parigi nel 1953, Sophie Calle è ritenuta una delle artiste più significative e al tempo stesso peculiari degli ultimi anni. Il suo lavoro si basa prevalentemente su una serie di insoliti "progetti" la cui traccia è sovente un'installazione fotografico-testuale, ma che può anche essere un libro, un racconto pubblicato su un quotidiano, o, come in questo caso, un film. Attenta indagatrice della relazione pubblico/privato ha costruito racconti e narrazioni sempre al confine fra realtà e finzione. No sex last night (Double Blind), realizzato a due mani con Greg Shephard, è il suo primo e ultimo film. Girato in video e solo in seguito trasferito in pellicola, ispirato linguisticamente a La Jetée di Chris Marker e dedicato alla memoria dello scrittore Hervé Guibert No sex last night racconta la storia del viaggio, effettuato attraverso gli USA da Sophie Calle e Greg Shephard stessi. Entrambi dotati di telecamera Hi 8 i due interpreti disegnano, attraverso il proprio occhio elettronico, un territorio inconsueto, basato sul campo e il fuoricampo, la duplice soggettiva, la ripresa dell'interno dell'automobile, della strada attraverso il vetro, degli anonimi motel. Il paesaggio americano è irriconoscibile all'occhio del cinefilo e all'amante del road-movie; il genere è sovvertito, il cliché dell'affrancamento dai vincoli, dell'espressione di libertà lascia il posto al motivo del condizionamento, della sottomissione e del controllo. L'incomunicabilità fra i due interpreti, sempre evidente e sottolineata dalle due lingue in uso (inglese e francese), sfocia tuttavia in un sorprendente matrimonio, che, insieme all'altrettanto inaspettato epilogo, contribuisce a far impennare il coefficiente di stranezza di quest'opera singolare.

Peter Fischli e David Weiss
Der Lauf der Dnge

Fischli e Weiss, artisti svizzeri attivi dai primi anni Ottanta, hanno esposto nei maggiori musei internazionali in mostre personali e collettive. Nel 1995 occupavano lo spazio del padiglione svizzero alla Biennale di Venezia con un'installazione video di grandi dimensioni; il loro lavoro, fotografia e sculture prevalentemente, si inscrive nel filone concettuale dell'arte contemporanea; l'equilibrio, la casualità, lo humor, il mimetismo sono alcune delle strategie tipiche di questa irriverente coppia di artisti. Der Lauf der Dinge (Il corso delle cose), presentato alla Documenta di Kassel nel 1987, è un fortunatissimo film trasferito in video, in cui l'energia presente nelle costruzioni di oggetti realizzati frequentemente dai due artisti per essere fotografate, da potenziale diventa attuale, trasformandosi in una sequenza di accadimenti. Opera presa in grande considerazione anche dalla critica tipicamente cinematografica (è una sorta di falso piano sequenza di trenta minuti, in questo vicino ad esperimenti come Nodo alla gola di Hitchcock), Der Lauf der Dinge ha una tensione narrativa fortissima, impregnata di strano humor: prolungamento delle ricerche artistiche sul movimento intraprese a partire dal cubismo, dal surrealismo, dal costruttivismo sino a Tinguely, questo corso delle cose può essere letto anche come una metafora della storia dell'arte entro cui si inscrive.

Luca Buvoli
Not-a-Superhero: Wherever you are not

Nato a Brescia nel 1963, Luca Buvoli vive e lavora a New York. Unico artista italiano presente alla Biennale di Johannesburg del 1997, Buvoli lavora da alcuni anni con varie tecniche, tra cui quella più peculiare è la realizzazione di una serie di film animati ad episodi, che ruotano intorno al personaggio di Not-a-Superhero, una ripresa in chiave concettuale ma anche poetica e ironica della figura fumettistica del Supereroe. Not-a-Supehero è un personaggio la cui labile esistenza si basa sulla possibilità di sfuggire agli schemi precostituiti imposti dalla logica, impersonata dal Dr. Logos, in un gioco di positivo e negativo sottile e volutamente sfuggente. Il tratto del disegno, rispecchiando questa inaferrabilità, non si sofferma sulla retina che per qualche frazione di secondo, per cui ogni immagine finisce per essere il negativo o il continuum della precedente. I cortometraggi animati di Luca Buvoli sono realizzati con una tecnica manuale che consiste nel disegnare ad uno ad uno su fogli di carta i movimenti del personaggio che poi vengono ripresi con una cinepresa a 16 mm utilizzata "a passo 1", cioè facendo scorrere 1 fotogramma alla volta: il risultato è un'immagine volatile e leggera, sempre in procinto di scomparire, che da' alle scene una netta impronta manuale e anti-tecnica. Not-a Superhero, Wherever you are not,, realizzato nel 1996, è il penultimo della serie dei cortometraggi di Luca Buvoli.

Julian Schnabel
Basquiat

Julian Schnabel nasce a New York nel 1951, ed è universalmente noto come uno dei protagonisti del movimento internazionale di ritorno alla figurazione esploso attraverso la pittura alla fine degli anni Settanta e consolidatosi durante gli anni Ottanta. basquiat, presentato alla scorsa edizione della Biennale del cinema di Venezia, è stato generalmente avversato dalla critica d'arte ma per niente sottovalutato da quella cinematografica, ottenendo anche il favore del grande pubblico, grazie anche forse alla miscela di una serie di fattori rimarchevoli (fra cui senz'altro spicca la presenza del camaleontico David Bowie nelle vesti di Andy Warhol). Il film racconta in toni certamente più vicini alla favola che al documentario, la vicenda di uno dei pittori più acclamati, mitologizzati e idolatrati (quanto forse misinterpretati) di tutti gli anni Ottanta, Jean-Michel Basquiat. Ritratto di un certo clima (quello dell'arte contemporanea in special modo) e della scena newyorkese che lo determinava, Basquiat ha senz'altro qualche lacuna, ma gode di un tono poetico diffuso, di una delicatezza spesso mancanti in opere di altri artisti-registi o comunque in tanti film di provenienza d'oltreoceano. Basquiat è tuttavia un'opera prima, e affonda assai spesso la sua forza in una serie di singole immagini (o addirittura di intere sequenze), in inedite invenzioni visive e in un uso non banale della banda sonora. Sospeso fra agiografia e favola dal sapore a tratti quasi surreale il Basquiat di Schnabel ha avuto quantomeno il merito di sfondare una porta, quella dell'attenzione nei confronti delle tensioni di tanti artisti visivi contemporanei nei confronti del cinema, ridestando interessi anche da parte della talvolta modernista e manichea critica cinematografica; trovandosi di fatto a cavalcare, così come fu per il geniale Jean-Michel Basquiat, provocatoriamente ma forse inconsciamente, onde imponenti con una tavola da surf troppo fragile.

Christian Boltanski
L'homme qui lèche; L'homme qui tousse; Tout ce dont je me souviens; Comment pouvons nous-le supporter?; Derrière la porte; L'appartement de la rue Vaugirard

Christian Boltanski è, insieme a Daniel Buren, l'artista francese uscito dalla generazione delle neoavanguardie attualmente più considerato sia all'estero sia nel suo paese. Fra il il 1969 e il 1973, analogamente a tanti altri artisti soprattutto d'oltreoceano, Christian Boltanski ha realizzato una serie di cortometraggi. In L'homme qui lèche sono inquadrate due persone in maschera: un uomo, ai piedi di una donna seduta, simile a una grande bambola, inizia a leccarla; una serie di dettagli mostrano la lingua uscire dall'orifizio della maschera nella sua escursione incessante; il suono è un ronzio continuo. In L'homme qui tousse movimento di camera verso un uomo seduto in fondo a una stanza vuota: l'uomo, vestito miseramente e mascherato, tossisce senza posa; dalla bocca iniziano a uscire dei fiotti di sangue che si sparge ovunque. I colpi di tosse, il suono e i primi piani, rendono il film quasi disgustoso. Tout ce dont je me souviens è una breve ma movimementatissima inquadratura in cui si intravede una giovane donna cadere sull'erba: è stata o sta per essere assassinata e il sonoro è un lungo grido d'orrore. Nell'altro breve film in cui la narrazione sospesa è innescata dal titolo, Comment pouvons nous-le supporter? un primo piano mostra una donna dagli abbondanti capelli biondi seduta di fronte all'obbiettivo. La sua bocca passa dall'espressione del sorriso a quella tesa come appena prima di un urlo; verso la fine la camera indietreggia e mostra la donna che tiene fra le mani qualcosa come una ferita. In Derrière la porte, film fondato sull'idea di incubo visualizzato, di ricerca di costruzione di un' "immagine" cercando di evitare ogni estetismo, una donna striscia sul suolo di una stanza vuota. L'appartement de la rue Vaugirard pone dei problemi di rappresentazione costruiti attraverso un rapporto testo/immagine che utilizza ora la ridondanza ora il principio di esclusione. La produzione filmica dell'artista francese testimonianza l'estrema vicinanza fra arte visiva, nella sua declinazione performativa, racconto e cinema sperimentale nella ricerca di Boltanski a cavallo fra anni Sessanta e Settanta, e si configura come una referenza importante quanto misconosciuta del fluttuante territorio tra arte contemporanea e cinema.

Derek Jarman
Blue

Derek Jarman nasce a Nortwood nel Middlesex nel 1942. Di formazione storico artistica, l'eclettico autore inglese si è cimentato con vari media, affermandosi principalmente come regista cinematografico indipendente e radicale. Fra le sue pellicole più note si ricordano Sebastiano, Caravaggio, Edoardo II, The Garden, The Last of England, Wittgenstein e naturalmente il suo testamento spirituale, Blue. Derek Jarman, instancabile sperimentatore formale e critico osservatore dei costumi perbenisti tipici dell'era tatcheriana, ha consegnato con Blue alla storia non solo il proprio testamento estetico e morale, una magnifica riflessione sulle condizioni della malattia, le devastazioni e il pregiudizio cui è abbinato l'AIDS ma anche un capolavoro visivo, uno splendido esempio di film-diario (i-movie), in cui l'evocazione è affidata al potere affabulatorio della parola e alla forza dell'immaginazione dello spettatore, confrontato a uno schermo blu in perpetuo trascorrere. Blue è una sorta di soggettiva in un universo kleiniano popolato di ombre (Jarman era ormai quasi cieco in fase di realizzazione): sperimentale e assolutamente narrativo al tempo stesso, al punto da essere considerato un film portavoce sull'AIDS, accompagnato dalla musica del collaboratore di sempre di Jarman, Simon Fischer Turner, rientra a pieno titolo nella categoria del film d'autore, consegnandosi alla storia del cinema e a quella dell'arte come una delle punte più significative dell'espressione visiva del ventesimo secolo.

Studio Azzurro
L'osservatorio nucleare del sig. Nanof

Studio Azzurro è un ambito di produzione video e di ricerca artistica nato a Milano nel 1982; in esso sono confluite le esperienze di Fabio Cirifino, Leonardo Sangiorgi e Paolo Rosa. Lo Studio Azzurro ha realizzato in quindici anni di attività installazioni ("videoambienti"), opere musicali, film, video, spettacoli teatrali. In ambito cinematografico Studio Azzurro ha realizzato una serie di mediometraggi e cortometraggi indipendenti (Facce di Festa, 1980; Lato D, 1982; La variabile Felsen, 1988; Riminilux, 1993; Dov'è Yankel, 1994) che hanno sempre affrontato la questione della narrazione secondo un punto di vista inedito e peculiare. L'osservatorio nucleare del sig. Nanof, del 1985, appartiene al periodo di collaborazione fra il regista di ricerca teatrale Giorgio Barberio Corsetti (uno dei tre interpreti) e lo Studio stesso. Il racconto è ambientato a Volterra in due stagioni differenti; ispirato al graffito tracciato da Nannetti Oreste Fernando sulle mura dell'ospedale psichiatrico (ove lo stesso ha vissuto per quindici anni) Nanof narra il progressivo avvicinamento dei due interpreti al graffito stesso, fino al loro incontrarsi in una sorta di collasso spazio-temporale. Sostenuto da una fotografia impeccabile e dalla coinvolgente musica di Piero Milesi, L'osservatorio nucleare del sig. Nanof, attraverso una costruzione enigmatica che richiama la logica narrativa del film poliziesco, ha il pregio di essere al contempo un significativo episodio di sperimentazione sulle possibilità dell'uso della macchina da presa, qui caratterizzata al punto dall'essere sulla soglia di essere essa stessa personaggio, e sulla rottura delle convenzioni narrative tradizionali.