Urban Anno 10 Numero 89 giugno 2010
Nella città che più di tutte è stata capace di reinventarsi, raccolte in un museo rivivono le lettere che nel corso degli anni hanno colorato il paesaggio urbano e i ricordi dei berlinesi.
Ogni volta che ci vai, la trovi diversa. Ogni volta scopri un nuovo cantiere, una piazza trasformata, una Hof sgarrupata diventata una corte ridente di bar e negozietti. Vecchi quartieri che non riconosci, tanto hanno restaurato, pulito, costruito, rinnovato, piantumato. La stazione centrale stessa è irriconoscibile, diventata in poco tempo un gigante di vetro e acciaio, per non dire dei musei, rinnovati uno a uno, compresi quelli fascinosi e decadenti della Museum inseln, sulle acque cupe della Spree, nella ex Berlino Est.
Eppure Berlino non è New York o Los Angeles: qui la storia pesa; pesa come una monarchia, quella prussiana, nata dall’ordine monastico dei Cavalieri teutonici; e pesa come una dittatura, quella nazista, che hanno entrambe scritto le sorti dell’Europa. Ma qui la legge sembra quella di Eraclito: tutto scorre. Così la Potsdamer Platz è morta e risorta almeno tre volte negli ultimi cento anni; mentre ad Alexander Platz, che ha visto le colossali parate militari del regime comunista, è stato buttato giù il palazzo della cultura, uno degli ultimi simboli della DDR più cancellata che integrata; adesso poi sulla Spree si vuole ricostruire l’antico Castello del quale non restano che poche pietre. Berlino è così. Per nulla sentimentale, ansiosa di ripulirsi e di occultare le cicatrici del passato quanto poi pronta al pentimento e desiderosa di ricostruirlo o commemorarlo.
C’è del fascino in questa nevrosi. E lo si vede anche nel Schaudepot, un magazzino/showroom con aspirazioni di diventare presto il Buchstabenmuseum, uno dei tanti di questa città simile all’araba fenice, che mentre muore, risorge. Per il momento occupa un grande spazio con vetrine sulla Leipzigerstrasse (nel cuore della ex Berlino Est, ora chicchissimo quartiere centrale della Mitte) ed è visitabile anche con la guida di una persona che illustra i pezzi più pregiati, ovvero lettere di insegne di negozi, bar, cinema, banche, giornali, uffici. A gestire lo spazio sono due trentenni: Barbara Dechant aveva cominciato la raccolta nel suo appartamento; poi la passione per i caratteri tipografici ha contagiato l’amica Anja Schulze.
“A un certo punto”, racconta, “non avevamo più spazio per tenere i pezzi più grossi, lettere che arrivano fino a due metri di altezza e pesano centinaia di chili. Per fortuna due estati fa ci hanno offerto gratuitamente questo grande spazio e ora la collezione ammonta a quasi cinquecento pezzi”.
Inutile dire che sono tutti catalogati con rigore teutonico secondo carattere tipografico, posizione alfabetica, peso, altezza, colore, provenienza. Insomma né più né meno che opere d’arte, e del resto le lettere occupano quel confine labile fra l’astrazione simbolica e l’artisticità del segno.
“Riceviamo anche 100, 150 visite al mese e per questo vorremmo trasformarci in un museo dove la storia di ogni singola lettera sarebbe conservata per sempre”, dice Anja.
La più glamour è la storia della lettera E che volava verso lo schermo nell’esplosione del film Inglorious Basterds di Quentin Tarantino. Ma per i più sentimentali che vanno a caccia delle reliquie del passato berlinese, ci sono anche le lettere dell’insegna della vecchia stazione centrale di Berlino Est, della radio nazionale della DDR o della banca Sparkasse, un’istituzione tedesca.
Certo a Berlino i musei da visitare non mancano e non si può mica perdere, per esempio, il Pergamon Museum, uno dei più affascinanti del mondo, con la monumentale porta azzurra di Ishtar e la strada processionale dell’antica Babilonia. Ma qui, in questo anonimo spazio della Leipzigerstrasse, ci si può fermare per un momento di pausa dalla grande Storia a scrivere le proprie silenziose emozioni, lettera dopo lettera. E a Berlino, sono tante. •